mercoledì 1 novembre 2023

Timori per il blocco del Piano di Rinaturazione del fiume PO-PNRR


Il piano finanziato dalla UE, da attuarsi entro il 2026, serve a contrastare le alluvioni, ma è già fermo dopo le prime proteste dei pioppicoltori. 



Il piano di Rinaturazione del fiume PO è stato presentato al pubblico nella sede di Casale del Parco del Po Piemontese il 25 novembre 2022 dai rappresentanti di AIPO e dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po ed è stato finanziato dal PNRR. Per questo progetto, inserito al punto 3.3 della misura M2C4 “Tutela del territorio e della risorsa idrica” e parte della missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, l’Ue ha stanziato 357 milioni per un totale di 56 interventi (di cui 9 in Piemonte), da attuarsi lungo il Po entro il 2026. 
parte qualche intervento su cui sono state fatte osservazioni (nello scorso dicembre anche da Legambiente), è importante per riforestare, rimuovere difese non strategiche, riattivare lanche e riaprire rami morti e quindi restituire spazio al fiume mitigando gli effetti negativi delle piene e delle alluvioni. Recentemente però l’AIPO (coautrice del progetto) dietro pressione dei pioppicoltori lombardi ne ha bloccato l’avanzamento
Le principali associazioni agricole criticano il progetto lamentando la revoca di concessioni in atto ed esproprio di aree a pioppeto in proprietà o in gestione arrivando (Coldiretti) addirittura ad agitare lo spauracchio di effetti devastanti sulla produzione di cibo .

La notizia del blocco, a inizio ottobre, ha fatto preoccupare molto il Wwf Italia (e non solo) che ha denunciato: «In questi ultimi giorni è stato sferrato un duro attacco al progetto di rinaturazione del Po, l’unico di questo tipo presente nel PNRR.    357 milioni per ripristinare quella importante fascia fluviale, fatta di boschi ripariali e lanche, che in questo ultimo secolo è stata erosa ed espropriata al fiume contribuendo alla sua canalizzazione, all’abbassamento dell’alveo (in alcuni punti si è abbassato fino a 5 metri), all’aumento del rischio idrogeologico, alla drastica perdita di habitat naturali e di biodiversità e alla riduzione di importanti servizi ecosistemici, che invece con questo progetto s’intende ripristinare. Un progetto che è stato elogiato anche da Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione europea, durante la sua visita alle zone alluvionate dell’Emilia-Romagna perché contribuisce e rendere il territorio più sicuro e a salvare vite umane, allineandosi ad altri importanti interventi di riqualificazione in Europa come sul Reno in Germania e Olanda o sul Danubio in Austria, Ungheria e Romania»   https://greenreport.it/news/economia-ecologica/il-governo-vuole-bocciare-il-progetto-di-rinaturazione-del-po-gia-finanziato-da-pnrr-ed-ue/

Che sia necessario e urgente ridare ai fiumi almeno parte dello spazio che, in particolare dalla metà del secolo scorso, è stato tolto loro dall’attività agricola, da infrastrutture, aree urbane e industriali con la conseguente riduzione della capacità di laminazione delle piene e un incremento del rischio geo-idrologico, è un fatto riconosciuto dalla letteratura scientifica e ben noto a tutti i tecnici preparati e privi di conflitto di interessi.

Basta confrontare ad esempio le foto aeree degli anni 50 con quelle attuali per constatare il restringimento di un tratto dell’alveo del Po tra Casale e Valenza con la messa a coltura di aree un tempo demaniali.

In merito alla rinaturazione giova ricordare che è prevista dall’art. 15. delle Norme di attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) dell’Autorità Distrettuale del Po approvato con il DPCM del 24 maggio 2001:

Interventi di riqualificazione ambientale e di rinaturazione

 1. Il Piano ha l’obiettivo di promuovere interventi di riqualificazione ambientale e rinaturazione, che favoriscano:

- la riattivazione e l’avvio di processi evolutivi naturali e il ripristino di ambienti umidi naturali;

- il ripristino, il mantenimento e l’ampliamento delle aree a vegetazione  spontanea e degli habitat tipici, allo scopo di favorire il reinsediamento delle biocenosi autoctone e di ripristinare, ove possibile, gli equilibri ambientali e idrogeologici;

- il recupero dei territori perifluviali ad uso naturalistico e ricreativo.

Per quanto riguarda la pioppicoltura è utile ricordare che si tratta di una pratica vietata, nella fascia A, dall’art. 29 delle Norme di attuazione del PAI: 

Fascia di deflusso della piena (Fascia A)

2. Nella Fascia A sono vietate:

d) le coltivazioni erbacee non permanenti e arboree, fatta eccezione per gli interventi di bioingegneria forestale e gli impianti di rinaturazione con specie autoctone, per una ampiezza di almeno 10 m dal ciglio di sponda, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino di una fascia continua di vegetazione spontanea lungo le sponde dell’alveo inciso, avente funzione di stabilizzazione delle sponde e riduzione della velocità della corrente;  

le Regioni provvederanno a disciplinare tale divieto nell’ambito degli interventi di trasformazione e gestione del suolo e del soprassuolo, ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 e successive modifiche e integrazioni, ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del R.D. 25 luglio 1904, n. 523;

Tale divieto è previsto proprio per evitare di realizzare potenziali aree-sorgente di materiale legnoso grossolano che potrebbe essere preso in carico dal corso d’acqua durante le piene laddove le correnti sono più veloci e possono verificarsi processi di erosione.

Infine ognuno di noi può verificare, percorrendo la sponda di un fiume, specialmente nei tratti di  pianura, quanto sia inapplicato l’art. 96 del Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523:

Sono lavori ed atti vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti:

c) lo sradicamento o l'abbruciamento dei ceppi degli alberi che sostengono le ripe dei fiumi e dei torrenti per una distanza orizzontale non minore di nove metri dalla linea a cui arrivano le acque ordinarie. Per i rivi, canali e scolatori pubblici la stessa proibizione è limitata ai piantamenti aderenti alle sponde;

Le associazioni agricole non si limitano a contestare il Piano ma riprendono, in alternativa, l’ipotesi di bacinizzazione del Po (costruzione di una serie di dighe che accentuerebbero le criticità) già accantonata in passato e respinta dalle associazioni ambientaliste piemontesi in un libro del 1988 dal titolo più che mai attuale: I fiumi italiani e le calamità artificiali .

Gli interessi di una singola categoria non possono mettere a rischio quelli comuni. Il Piano, utile al raggiungimento degli obiettivi prioritari dell’Agenda ONU 2030, ha un ruolo fondamentale per mitigare gli effetti delle alluvioni sempre più frequenti e attuare le Direttive comunitarie acque (Direttiva 2000/60/CE) e alluvioni (Direttiva 2007/60/CE).

Un’occasione di finanziamento da non perdere nell’ambito del PNRR, definito dal Presidente Mattarella all’assemblea dell’ANCI del 24 ottobre “un’occasione irripetibile e più importante del piano Marshall”.

Il Po tra Casale e Valenza  - 1955

Il Po tra Casale e Valenza  - 2021

Pioppeto sulla sponda del Tanaro


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