Il piano finanziato dalla UE, da attuarsi entro il 2026, serve
a contrastare le alluvioni, ma è già fermo dopo le prime proteste dei
pioppicoltori.
La notizia del blocco, a inizio ottobre, ha fatto preoccupare molto il Wwf Italia (e non solo) che ha denunciato: «In questi ultimi giorni è stato sferrato un duro attacco al progetto di rinaturazione del Po, l’unico di questo tipo presente nel PNRR. 357 milioni per ripristinare quella importante fascia fluviale, fatta di boschi ripariali e lanche, che in questo ultimo secolo è stata erosa ed espropriata al fiume contribuendo alla sua canalizzazione, all’abbassamento dell’alveo (in alcuni punti si è abbassato fino a 5 metri), all’aumento del rischio idrogeologico, alla drastica perdita di habitat naturali e di biodiversità e alla riduzione di importanti servizi ecosistemici, che invece con questo progetto s’intende ripristinare. Un progetto che è stato elogiato anche da Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione europea, durante la sua visita alle zone alluvionate dell’Emilia-Romagna perché contribuisce e rendere il territorio più sicuro e a salvare vite umane, allineandosi ad altri importanti interventi di riqualificazione in Europa come sul Reno in Germania e Olanda o sul Danubio in Austria, Ungheria e Romania» https://greenreport.it/news/economia-ecologica/il-governo-vuole-bocciare-il-progetto-di-rinaturazione-del-po-gia-finanziato-da-pnrr-ed-ue/
Che sia
necessario e urgente ridare ai fiumi almeno parte dello spazio che, in particolare dalla metà del secolo scorso, è stato tolto loro dall’attività agricola, da
infrastrutture, aree urbane e industriali con la conseguente riduzione della
capacità di laminazione delle piene e un incremento del rischio geo-idrologico,
è un fatto riconosciuto dalla letteratura scientifica e ben noto a tutti i
tecnici preparati e privi di conflitto di interessi.
Basta
confrontare ad esempio le foto aeree degli anni 50 con quelle attuali per constatare
il restringimento di un tratto dell’alveo del Po tra Casale e Valenza con la
messa a coltura di aree un tempo demaniali.
In
merito alla rinaturazione giova ricordare che è prevista dall’art. 15. delle Norme
di attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) dell’Autorità
Distrettuale del Po approvato con il
DPCM del 24 maggio 2001:
Interventi
di riqualificazione ambientale e di rinaturazione
1. Il Piano ha l’obiettivo di promuovere interventi di riqualificazione ambientale e rinaturazione, che favoriscano:
- la riattivazione e l’avvio di processi evolutivi naturali e il ripristino di ambienti umidi naturali;
- il ripristino, il mantenimento e l’ampliamento delle aree a vegetazione spontanea e degli habitat tipici, allo scopo di favorire il reinsediamento delle biocenosi autoctone e di ripristinare, ove possibile, gli equilibri ambientali e idrogeologici;
- il recupero dei territori
perifluviali ad uso naturalistico e ricreativo.
Per quanto riguarda la pioppicoltura è utile ricordare che si tratta di una pratica vietata, nella fascia A, dall’art. 29 delle Norme di attuazione del PAI:
Fascia
di deflusso della piena (Fascia A)
2. Nella Fascia A sono vietate:
d) le coltivazioni erbacee non permanenti e arboree, fatta eccezione per gli interventi di bioingegneria forestale e gli impianti di rinaturazione con specie autoctone, per una ampiezza di almeno 10 m dal ciglio di sponda, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino di una fascia continua di vegetazione spontanea lungo le sponde dell’alveo inciso, avente funzione di stabilizzazione delle sponde e riduzione della velocità della corrente;
le Regioni provvederanno a disciplinare tale divieto nell’ambito degli interventi di trasformazione e gestione del suolo e del soprassuolo, ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 e successive modifiche e integrazioni, ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del R.D. 25 luglio 1904, n. 523;
Tale
divieto è previsto proprio per evitare di realizzare potenziali aree-sorgente
di materiale legnoso grossolano che potrebbe essere preso in carico dal corso
d’acqua durante le piene laddove le correnti sono più veloci e possono
verificarsi processi di erosione.
Infine ognuno
di noi può verificare, percorrendo la sponda di un fiume, specialmente nei tratti di pianura, quanto sia
inapplicato l’art. 96 del Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523:
Sono lavori ed atti vietati in modo assoluto
sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti:
c) lo sradicamento o l'abbruciamento dei ceppi degli alberi che sostengono le ripe dei fiumi e dei torrenti per una distanza orizzontale non minore di nove metri dalla linea a cui arrivano le acque ordinarie. Per i rivi, canali e scolatori pubblici la stessa proibizione è limitata ai piantamenti aderenti alle sponde;
Le associazioni agricole non si limitano a contestare il Piano ma riprendono, in alternativa, l’ipotesi di bacinizzazione del Po (costruzione di una serie di dighe che accentuerebbero le criticità) già accantonata in passato e respinta dalle associazioni ambientaliste piemontesi in un libro del 1988 dal titolo più che mai attuale: I fiumi italiani e le calamità artificiali .
Gli interessi di una singola categoria non possono
mettere a rischio quelli comuni. Il Piano, utile al raggiungimento degli obiettivi prioritari dell’Agenda ONU 2030, ha un ruolo fondamentale per mitigare gli effetti delle alluvioni
sempre più frequenti e attuare le Direttive comunitarie acque (Direttiva
2000/60/CE) e alluvioni (Direttiva 2007/60/CE).
Un’occasione di finanziamento da non perdere
nell’ambito del PNRR, definito dal Presidente Mattarella all’assemblea
dell’ANCI del 24 ottobre “un’occasione irripetibile e più importante del
piano Marshall”.
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