Luca Mercalli: “Cemento e
affari, per questo ogni anno contiamo decine di morti nelle alluvioni”
“Il consumo
di suolo aumenta perché prevalgono gli interessi economici delle imprese e dei
privati. I proprietari di terreni agricoli non vedono l’ora che diventino
edificabili per vederne improvvisamente decuplicato il valore. Così, anno dopo
anno, cresce la cementificazione”.
da https://www.fanpage.it/attualita/luca-mercalli-cemento-e-affari-per-questo-ogni-anno-contiamo-decine-di-morti-nelle-alluvioni/
Intervista a Luca Mercalli - Climatologo
A cura di Davide Falcioni
"La cementificazione aumenta la vulnerabilità del
territorio. Continuiamo a costruire anche in zone riconosciute a rischio
idrogeologico, di conseguenza non possiamo aspettarci che il rischio di
alluvioni diminuisca. Al contrario, quel rischio in futuro aumenterà".
A
dirlo, intervistato da Fanpage.it, il climatologo e divulgatore scientifico
Luca Mercalli, mentre è ancora in corso la conta dei danni delle alluvioni che
si sono abbattute sulla Toscana nei giorni scorsi; fenomeni tutt'altro che
inattesi dagli scienziati, che da decenni mettono in guardia contro l'aumento
del consumo di suolo, una dinamica che sembra non avere limiti a causa degli
interessi economici che è in grado di generare.
Il consumo di suolo, infatti, è da anni costantemente in
crescita. Nel suo rapporto annuale, pubblicato alcune settimane fa, l'Ispra ha
certificato un aumento della cementificazione a livello nazionale del 10% nel
2022 rispetto all'anno precedente. Tre regioni detengono il primato del consumo
percentuale maggiore rispetto alle superfici
totali: Lombardia (12,16%), Veneto (11,88%) e Campania
(10,52%), seguite da Emilia-Romagna, Puglia, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e
Liguria, tutte con valori compresi tra il 7 e il 9%.
La Toscana, negli scorsi giorni flagellata dal maltempo, è
al 6,17%, con un incremento dello 0,17% rispetto al 2021. Un valore
relativamente basso, che tuttavia non è bastato a scongiurare conseguenze
drammatiche per la popolazione: le vittime accertate delle alluvioni sono
almeno sette e soprattutto in provincia di Prato e Pistoia ci sono ancora
intere aree sommerse dall'acqua e dal fango e sono molti gli abitanti costretti
a dormire fuori casa.
Prima della Toscana, tuttavia, era stata la volta di
Senigallia nel settembre 2022 (13 morti), poi di Ischia due mesi dopo (12
morti), infine dell'Emilia Romagna nel maggio scorso (17 morti). In poco più di
un anno, dunque, alluvioni e inondazioni hanno causato decine di vittime e
danni per miliardi di euro.
Dopo Senigallia e Ischia dell’autunno 2022, la Romagna della
primavera 2023 e la Toscana dei giorni scorsi. Ogni anno in Italia si contano
decine di morti a causa di inondazioni e alluvioni. Questo scenario, già
drammatico, è destinato a peggiorare ulteriormente nei prossimi anni?
Sicuramente. Il riscaldamento climatico determinerà un
aumento dell'intensità e della frequenza degli eventi meteo estremi,
amplificando un problema che comunque è presente da sempre nel nostro Paese. È
bene infatti ribadire che l'Italia è molto esposta al rischio idrogeologico ed
ha una storia di alluvioni e frane millenaria. Adesso, alle caratteristiche
intrinseche del nostro territorio, si aggiunge il cambiamento climatico.
È stato pubblicato alcuni giorni fa il nuovo rapporto Ispra
sul consumo di suolo: a livello nazionale la crescita della cementificazione
nel 2022 rispetto al 2021 è stata del 10%.
E la cementificazione aumenta significativamente la
vulnerabilità del territorio. Continuiamo a costruire anche in zone
riconosciute a rischio idrogeologico, di conseguenza non possiamo attenderci
che il rischio di alluvioni diminuisca. Al contrario, quel rischio aumenterà in
ragione di questi due fenomeni dinamici: da una parte il cambiamento climatico,
dall'altra il consumo di suolo. Entrambi agiscono su un'Italia da sempre
fragile ed esposta. Il rammarico, semmai, è che noi scienziati ripetiamo queste
cose da ormai trent'anni. La prima alluvione di cui mi sono occupato in maniera
professionale è stata quella del Tanaro, in Piemonte, di inizio novembre del
1994. Quell'evento provocò oltre settanta morti. Sono passati 29 anni.
Perché, nonostante le tragedie aumentino di frequenza, manca
ancora in Italia una legge organica contro il consumo di suolo?
Ma questo è chiaro! Prevalgono gli interessi economici delle
imprese ma anche dei privati. I proprietari di terreni agricoli non vedono
l'ora che diventino edificabili per vederne improvvisamente decuplicato il
valore. Insomma, ci sono interessi da tutte le parti: lobby, industrie, singoli
cittadini proprietari di terreni, e in questo contesto è difficilissimo per la
politica inserirsi e introdurre dei vincoli.
Ci sono territori particolarmente esposti in Italia?
Tutta Italia è a rischio, ma è la carta del rischio
idrogeologico dell'Ispra mostra chiaramente le aree più vulnerabili anche in
funzione del numero degli abitanti che vi risiedono. A tal proposito è
interessante notare che le zone in cui abbiamo avuto le ultime drammatiche
alluvioni sono anche tra le più esposte al consumo di suolo. Penso alla
Romagna, con l'alluvione dello scorso maggio, ma anche alla zona di Prato, in
Toscana. Si tratta di aree in cui la cementificazione negli ultimi anni è stata
galoppante e nelle quali negli ultimi cinquant'anni si è costruito in modo
smisurato. Sia la Romagna che i territori toscani colpiti negli ultimi giorni
erano notoriamente a rischio inondazione. Eppure in quelle aree sono state
costruite autostrade, quartieri, capannoni, parcheggi, centri commerciali…
Come giudica l’operato dell'attuale governo italiano nella
lotta al cambiamenti climatici?
Questo non è certamente un governo amico dell'ambiante. È,
al contrario, il governo del "facciamo", "costruiamo",
l'esecutivo che ogni giorno promette di togliere ogni genere di vincolo per
fare cassa. È questa la filosofia dell'attuale governo, ma va detto che i
precedenti non si sono comportati molto meglio. Nel 1970 la Commissione
Interministeriale De Marchi, costituita dopo l'alluvione di Firenze del 1966,
spiegò che laddove vi fossero state aree a rischio idrogeologico non si sarebbe
dovuto costruire più nulla. Sono trascorsi oltre 50 anni, si sono succeduti
decine di governi. Quel rapporto è chiuso in un cassetto e sembra ormai
dimenticato.
Tra qualche settimana si terrà la 28ª conferenza delle
Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP 28). Quali sono le sue
aspettative?
Molto basse. Non mi aspettavo molto l'anno scorso, con la
guerra in Ucraina, e mi aspetto ancora meno quest'anno con l'aggiunta del
conflitto in Medio Oriente. Mi sembra che ancora una volta le priorità della
politica mondiale non siano rivolte verso il clima e l'ambiente, purtroppo.
Vuol dire che le Conferenze sul clima sono inutili?
No, assolutamente. Ma è stato raccolto sempre troppo poco.
Si è creata una grande burocrazia climatica internazionale che oggi vive di
limature degli articoli, aggiungendo o tagliando commi di legge. Il problema è
che manca la svolta, è totalmente assente una visione radicalmente nuova. La
svolta necessaria sarebbe prendere coscienza una volta per tutte che non si può
andare avanti così, che occorre cambiare il nostro sistema economico, rivedere
il nostro modello di sviluppo, annullare tutti i sussidi all'industria fossile.
Insomma, sarebbero ben altre le cose da fare. Invece ogni anno ci si accontenta
di piccoli dettagli.
Non trova bizzarro che la prossima Cop sia stata organizzata
a Dubai, Emirati Arabi Uniti, nel Paese che è il sesto esportatore mondiale di
petrolio?
Altroché. È molto curioso che il Paese ospitante sia una
nazione petrolifera e che il presidente della Conferenza sia addirittura un
petroliere. Ecco, vede le contraddizioni delle "burocrazie
climatiche"…
Nel frattempo il cambiamento climatico non attende.
No, il 2023 diventerà molto probabilmente l'anno più caldo
della storia. E il 2024 potrebbe essere addirittura peggiore per effetto del
Niño che avanza. Ma di questo avremo modo di riparlare.