martedì 6 ottobre 2020

IL FIUME AFFITTA, MA NON VENDE

 



Basso corso dell’Orba – L’erosione del fondo dell’alveo scopre e incide gli antichi strati di sedimenti fini giallastri compatti rimasti privi dello strato di ghiaia che li copriva.


I recenti eventi alluvionali in Francia, in Piemonte e in Liguria sono stati dettagliatamente commentati su La Stampa di domenica 4 ottobre con un lungo articolo del geologo Mario Tozzi ripreso nell’editoriale del direttore Giannini.

Non si parla di ghiaia, né di “pulizia” dei fiumi, ma di abusi e colate di cemento, di come si è costruito troppo, male e dove non si sarebbe dovuto, del metro quadro di suolo perso in Italia ogni secondo sotto cemento e asfalto, e del fiume che si riprende nel momento della piena lo spazio che gli è stato sottratto. Si potrebbe anche ricordare la legge sul contenimento del consumo di suolo ferma da molti anni per vari veti incrociati.

Ma l’esperienza ci insegna che a distanza di pochi giorni dagli eventi, nei media, alle dichiarazioni di tecnici lungimiranti seguono molto spesso interventi che sembrano ricercare un capro espiatorio in grado di alleviare le responsabilità di chi, dagli anni del boom economico ad oggi, ha gestito gli usi e gli abusi del territorio. “Il fiume affitta, ma non vende” dice un vecchio proverbio toscano e ogni corso d’acqua, anche il più piccolo e apparentemente insignificante può riprendersi il maltolto.

Fin tanto che a scuola non si tornerà a insegnare la geografia (e una sua parte, la geomorfologia, anche con parole semplici) parlando di come la superficie terrestre viene modellata dai cosiddetti agenti morfogenetici (il mare, la gravità, le acque correnti, i ghiacciai, ecc.), e quindi dei processi di costruzione delle pianure e delle spiagge e di erosione delle montagne, ovvero di come funziona un fiume, ogni ignoranza sarà ammessa e sfruttata.

Il fiume prende in carico materiale solido (sedimenti) proveniente dal disfacimento delle montagne e lo trasporta a valle, nelle pianure, fino al mare, lavorando come un nastro trasportatore. Le sue caratteristiche dipendono essenzialmente dal regime delle portate liquide (acqua) e dal regime delle portate solide (sedimenti). Al variare di questi elementi si avranno variazioni della morfologia dell’alveo in seguito all’innescarsi di processi erosivi o deposizionali, come ben schematizzato dalla cosiddetta bilancia di Lane.

In seguito ad ogni evento alluvionale intenso, da più parti emergono richieste di “pulizia” degli alvei, intesa come rimozione di sedimenti dagli stessi.

Questi interventi, benché in specifici contesti siano talvolta necessari, hanno effetti che si ripartiscono lungo ampi tratti del sistema fluviale e che, risultando nell’abbassamento dell’alveo, comportano uno squilibrio che innesca processi erosivi a monte ed a valle dell’intervento. Si verifica dunque un assottigliamento del materasso alluvionale, ovvero di quel livello di sedimenti che costituisce il fondo dell’alveo, sul quale molto spesso poggiano ponti e opere di difesa spondale, con conseguente possibile collasso delle opere antropiche. Le alluvioni piemontesi del 1994 e del 2000 offrono un vasto campionario in merito a queste problematiche e ad oggi molti corsi d’acqua mostrano ponti con i piloni scalzati o difese spondali sospese e in parte collassate.

Le traverse a valle dei ponti o i sarcofagi che attorniano i piloni degli stessi sono strutture realizzate proprio per difenderli dall’erosione di fondo.

Le conseguenze di generalizzati interventi di rimozione dei sedimenti sono tanto note in letteratura scientifica quanto ignorate in seguito alle piene. Oltre ad intense erosioni, la riduzione della disponibilità sedimentaria, ovvero l’impoverimento del nastro trasportatore, comporta l’abbassamento delle falde nelle pianure, la risalita del cuneo salino nelle zone costiere e l’erosione del litorale, in seguito al mancato apporto di sedimenti fluviali. L’abbassamento dell’alveo comporta anche una minore capacità di laminazione delle piene, il che si traduce in una maggiore capacità erosiva ed in una maggiore portata che arriva a valle a parità di evento.

Serie sono anche conseguenze ecologiche di questo tipo di interventi, che comportando generalmente la riprofilatura dell’alveo portano alla distruzione degli habitat acquatici e ripariali, con conseguente danno alla componente biotica del sistema, essenziale per l’autodepurazione del fiume. Uno dei tanti e fondamentali servizi ecosistemici che i corsi d’acqua ci offrono.

Anche la vegetazione è spesso indicata come causa dei disastri. Occorre innanzitutto distinguere tra vegetazione spondale e materiale legnoso portato dalle piene. La prima svolge spesso importanti funzioni di mitigazione degli effetti indotti dalle piene; la seconda può costituire un problema in corrispondenza delle opere di attraversamento (in particolare in certi contesti) e, come già sostenuto in passato (https://circololegambientevallemme.blogspot.com/2019/11/corsi-dacqua-e-cementificazione-un.html) può essere oggetto di interventi di rimozione o di riduzione della pezzatura.

Per quanto riguarda il torrente Orba, oggi vari documenti tecnici documentano l’abbassamento dell’ alveo soprattutto nel tratto a valle di Basaluzzo, ma in passato fu solo l’Ente Parco del Po e dell’Orba ad evidenziare questa tendenza del torrente in forza dello studio idraulico dell’ Ing. Giuliano Cannata concluso nel 1992. Riportiamo un articolo del 15 ottobre 1995.

Nella speranza (pochissima) che non vengano invocate radicali e dannose “pulizie” espiatorie rivediamo questo breve video che spiega in maniera semplice e immediata cosa accade al territorio quando si sottrae spazio al fiume e quando si altera il suo equilibrio con interventi di regimazione e di rimozione dei sedimenti.  https://m.youtube.com/watch?v=21YAP8RF_sw


 

La bilancia di Lane; modello concettuale delle risposte di un alveo fluviale ad alterazioni dell’equilibrio dinamico (fonte: Manuale IDRAIM - Rinaldi et al., 2016).


 




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