Dal momento che è altamente probabile che si dilatino
le tempistiche e le problematiche per la gestione del focolaio, ad integrazione
della prima presa di posizione pubblica dell’Associazione, il Circolo
ritiene utile ri-proporre alcune criticità.
Le elenchiamo di seguito in estrema sintesi e
non in ordine d’importanza.
·
Sulla
base delle precedenti casistiche in vari Paesi Ue di focolai di PSA, con esito
positivo in alcuni casi, sono state definite linee guida, con l’elencazione di
specifiche e articolate disposizioni. Ma
le caratteristiche geografiche e orografiche del focolaio italiano sono di tale
peculiarità da imporre da subito un’apposita riflessione e ri-valutazione di
quali misure adottare per provare davvero a bloccare il diffondersi
dell’infezione, con una
ri-considerazione costante e specifica di scelte e opportunità rispetto e costi
e benefici. Non considerare le
peculiarità dell’area interessata rischia di inficiare ogni risultato.
·
Nell’augurabile
caso di confinamento del focolaio nell’area circoscritta dalle autostrade, risultano
evidenti:
1) la notevole dimensione territoriale
ampiamente antropizzata;
2) l’estensione per molti km delle
infrastrutture autostradali, con recinzioni non sempre ben mantenute e
soprattutto con vasti tratti, nei
percorsi montani, in galleria e su
viadotti, senza alcun ostacolo al passaggio di animali;
3) le frequenti intersecazioni (assai diversamente dal Belgio per esempio)
con sovrappassi e sottopassi veicolari e
con molteplici corsi d’acqua. È possibile si realizzino urgentemente le
assai complesse e impegnative nuove barriere e la manutenzione di quelle pre-esistenti?
In che tempi, a carico di chi?
·
Sempre
se lo scenario positivo del focolaio infra-autostradale si confermasse, il divieto di attività outdoor non potrebbe
avere tempistica inferiore a quantomeno 18 mesi. Se è questa la probabile
prospettiva sono più che auspicabili da ora limitazioni graduate e tali da
attenuare i molteplici impatti economico sociali negativi su popolazione e
attività economiche delle aree interne.
Considerazioni sulla gestione del
cinghiale
Premesso che, come sostiene l’ISPRA, la comparsa del virus è totalmente
indipendente dalle densità di cinghiale, e preso atto che la popolazione di cinghiali nella
zona risulta enormemente più alta di quella registrata in altre aree all’estero
dove sono state messe in atto misure di contenimento dell’epidemia, occorre
constatare che la tradizionale attività venatoria si è in buona parte
trasformata in attività, sovente con finalità anche economiche, di
moltiplicazione, foraggiamento e allevamento brado, senza alcun vero e
sostanziale indirizzo di gestione pubblica, a totale e completo discapito delle
priorità di ricostruzione e mantenimento degli equilibri ambientali.
È ormai noto che la proliferazione del
cinghiale è dovuta oltre che all’abbandono delle zone interne, anche, se non
soprattutto, alle immissioni che furono fatte in passato, rispondendo a precise
richieste del mondo venatorio. Ancora nel 2010, secondo una pubblicazione
scientifica ISPRA-Ministero Ambiente (1) “diverse Amministrazioni provinciali,
soprattutto nella parte meridionale del Paese, acquistano cinghiali per il
ripopolamento o autorizzano altri Enti gestori (ATC Ambiti territoriali di
caccia, Aziende faunistico venatorie, ecc.) a rilasciare regolarmente in natura
animali prodotti in allevamenti”. Secondo altre fonti si preferirono
inizialmente ceppi di provenienza centro-europea piuttosto che quelli autoctoni
del nostro paese, in quanto più grandi e prolifici. Ma anche più voraci e
quindi in grado di arrecare maggiori danni alle attività agricole. L’attività
venatoria nei confronti del cinghiale è poi stata sempre gestita non in modo da
ridurre la presenza degli animali sul territorio, ma per ottenere tantissimi
esemplari col fine ultimo di aumentare la probabilità di incontro tra animale e
cacciatore (2).
Più recentemente, quando il rischio
epidemia per l’Italia non appariva ancora immediato, in un documento
dell’aprile 2021, dal titolo “Gestione del Cinghiale e peste suina africana”
(3) l’ISPRA scriveva: “Risulta indispensabile, inoltre, l’abbandono
definitivo della pratica dell’immissione di cinghiali in ambiente non confinato
che, sebbene vietata ai sensi della L. 221/15, sembrerebbe ancora praticata in
alcuni contesti.” E ancora “Il foraggiamento di sostegno (il dare
cibo ai cinghiali n.d.r.), realizzato al fine di vincolare gli animali ad un
dato territorio, provoca un concentramento degli animali e, in tal modo,
aumenta la probabilità di trasmissione del virus, per esempio a seguito dei
contatti fisici o delle interazioni tra animali.” Tra le azioni previste
per il contenimento dei cinghiali vi è quindi il “Contrasto delle pratiche
illecite del foraggiamento “di sostegno” e dell’immissione di cinghiali in
ambienti non confinati attraverso una capillare azione di verifica e sanzionamento
su tutto il territorio nazionale.” (3) Operazione quest’ultima non certo
facile, anche considerando il numero delle Guardie venatorie in costante
diminuzione.
Si può inoltre osservare che l’emanazione
della legge 221, che vieta il foraggiamento e l’immissione (ma li consente
nelle aziende faunistico-venatorie e nelle aziende agri-turistico-venatorie
recintate), non si può certo considerare tempestiva: avviene il 28 dicembre
2015, molti anni dopo il manifestarsi delle problematiche; in un articolo de La
Stampa - Cronaca di Torino - del 1999 (4) rappresentanti delle Organizzazioni agricole
lamentavano l’immissione nottetempo di femmine di cinghiale gravide nei boschi.
(1)
ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - Quaderno
34 Monaco A., Carnevali L. e S. Toso, 2010
pag.7. https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/quaderni/conservazione-della-natura/linee-guida-per-la-gestione-del-cinghiale-sus-1
(2)
https://www.focus.it/ambiente/animali/cosa-succede-cinghiali-peste-suina-africana 31 gennaio 2022
(3)
GESTIONE DEL CINGHIALE E PESTE SUINA AFRICANA - ELEMENTI ESSENZIALI PER LA
REDAZIONE DI UN PIANO DI GESTIONE, 26 aprile 2021 - Documento redatto dal Ministero
della Salute di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali, il Ministero della Transizione Ecologica e con il supporto tecnico
di ISPRA e CEREP, pag. 3 e 8. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_generico_208_1_linkfile.pdf
(4)
Cinghiali, allarme in Piemonte “Ce li troveremo anche in città” La Stampa,
Cronaca di Torino, 13 novembre 1999, pag. 32