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sabato 30 aprile 2016

LA TRANSIZIONE DALL'ENERGIE FOSSILI A QUELLE RINNOVABILI: RIFLESSIONI


Per capire il caso Iplom e Val Polcevera:



La verità su Iplom
intrent'anni
di errori coperti
da politici amici
dal secoloxix di martedi 26 aprile 2016
di grasso indice margiocco

NEGLI ULTIMI 30 anni l'Iplom, la raffi-
neria coinvolta nel disastro del Polce-
vera, ha dato lavoro a moltissime fa-
miglie, lacerato una comunità, otte-
nuto sponde dai partiti e ammiccato a
qualche conflitto d'interesse. Da que-
sta verità occorre ripartire, per deci-
dere che fare ora che le due emergen-
ze - ambiente e lavoro - coesistono.

Gli ultimi (e decisivi) trent'anni

Lavoro e politici "amici"
ecco la verità sulla Iplom

Tutti gli errori da non ripetere per salvare occupazione e ambiente

MARCO GRASSO
MATTEO INDICE

«BASTA fare i piagnoni», dice il
presidente della Regione Gio-
vanni Toti (Forza Italia), com-
mentando l'allarme sul Mar Li-
gure per il greggio fuoriuscito
dall'oleodotto Iplom di Fegino.
«Bastapoliticafossile, investia-
mo sulle fonti rinnovabili», ri-
lancia invece il Movimento 5
Stelle, mentre il Pd la risolve
senza prendere posizioni.
L'importante è sapere bene di
cosa si staparlando, e quali par-
tite politiche e sindacali si gio-
chino dietro lo stabilimento
petrolchimico di Busalla, poi-
ché i depositi e i tubi di Fegino

non esisterebbero se non ci fos-
se la fabbrica in Valle Scrivia.

La raffineria - una delle sedici
totali presenti sul territorio ita-
liano - soprattutto negli ultimi
trent'anni ha dato lavoro a
moltissime famiglie, lacerato
una comunità, ottenuto im-
pensabili, e in taluni casi irre-
versibili, sponde dai partiti,
ammiccato a qualche conflitto
d'interesse e goduto d'un di-
screto oscurantismo sulle in-
formazioni in materia epide-
miologica nel territorio dove
aveva sede. Da questa verità
storica occorre ripartire, per
decidere cosa fare ora che le
due emergenze di solito in an-
titesi - ambientale e occupa-
zionale-coesistono.

"Golpe" di scena

Nata negli anni '30 in Piemonte
(Iplom sta per Industria pie-
montese lavorazione oli mine-
rali), insediatasi nel'44aBusal-
la. la società svolta nel '62 con il
consolidamento dei depositi in
Valpolcevera e il collegamento
fino al Porto Petroli di Multedo.
Ma il periodo cruciale, che se-
gnerà nel male e nel bene il de-
stino d'un pezzo di Liguria, è
compreso fra 1988 e 2000: dal-
l'azienda sull'orlo del baratro
(amministrazione controllata,
dipendenti più che dimezzati)
a un incredibile rilancio. È in
quell'arco temporale che la raf-
fineria rivoluziona la politica
produttiva, concentrandosi
sulla cosiddetta "parte bassa"
del barile, iniziando a sfornare
vari tipi di gasolio e arrabattan-
dosi per un paio d'anni mentre
in Comune entra una mai vista
maggioranza Dc-Pci, guidata
da Luigi Traverso. Dal Munici-
pio fanno pressione sugli (altri)
enti locali affinché si pensi a
un'alternativa, ricollocando i
lavoratori rimasti. Ma una
«mozione di sfiducia costrutti-
va», promossa da un pezzo di
maggioranza e da una parte
dell'opposizione, ribalta tutto.
S'insedia un sindaco, Loris Ma-
ieron, che avrà per lungo tem-
po nella sua giunta uno storico
dirigente Iplom, Luciana Melo-
ni. E la storia degli anni '90 di-
venta una durissima contesa
fra due anime agli antipodi nel-
la medesima vallata: c'è chi de-
testa la fabbrica, e coloro che
dalla fabbrica ottengono il pa-
ne. Ne succedono di tutti i colo-
ri mentre la Regione, principa-
le referente dei ministeri che
devono rinnovare le conces-
sioni, si gira spesso dall'altra
parte (vedi tabella in alto, ndr).
Sarà l'allora superdirigente
dell'Ambiente Corrado Clini, in
seguito divenuto ministro e
travolto da uno scandalo di
mazzette, a dire sul finire degli
anni '90: «Noi abbiamo l'ultima
parola, ma il parere degli enti
locali, ancorché non vincolan-
te, è importantissimo».

Iplom intanto fa il suo : lievita
di nuovo fino a 250 dipendenti
(più altrettanti nell'indotto)
foraggia le squadra di calcio, di
pallavolo e il tessuto commer-
ciale. E soprattutto punta al
bersaglio grosso nel 1998, con
l'installazione d'un nuovo im-
pianto per la desolforazione
del gasolio. Barricate degli am-
bientalisti, manifesti con elo-
quenti foto di aria e acqua in-
quinate, ma non è classificata
come «modifica strutturale»,
quindi niente Valutazione
d'impatto ambientale e lo sta-
bilimento cresce. Alle comuna-
li busallesi del '99 la lista civica
degli ambientalisti, che inglo-
ba simpatizzanti di Alleanza
Nazionale e Rifondazione Co-
munista ed è guidata da
un'esponente dei Verdi, arriva
seconda su cinque e in sella re-
sta il sindaco precedente. È il
preludio del secondo successo
fondamentale per Iplom sul
piano politico, che si materia-
lizza nel 2000. La Regione nel
'99 aveva formalizzato il pare-
re favorevole al rinnovo delle
concessioni ministeriali (pre-
sidente Giancarlo Mori, cen-
trosinistra) chiedendo che non
fossero di 30, ma di 15 anni. Il
via libera arriva e prevede una
scadenza nel 2013, che viene
poi superata dall'Autorizza-
zione integrata ambientale.

Il dossier sui tumori

È un periodo clou anche per un
altro motivo. Dopo anni di ri-
chieste cadute nel vuoto sulla
realizzazione d'un vero studio
epidemiologico in Valle Seri-
via, che certifichi se c'è legame
fra alcune malattie e l'esposi-
zione alla raffineria, spunta la
denuncia di Marina Vercelli,
responsabile del Registro tu-
mori all'Ist di Genova. Durante
un convegno a Venezia (4 otto-
bre 2001) rende noti i dati di
uno studio parziale ma inquie-
tante: «Emergono, con ina-
spettata evidenza, gli incre-
menti di rischio significativi
per il cancro all'occhio e all'en-
cefalo. Inoltre, per un certo nu-
mero di sedi si osservano valori
tendenzialmente più elevati
per laringe, prostata e linfomi...
L'ipotesi di studio da valutare è
il rapporto tra esposizione ai
processi di raffinazione del pe-
trolio e incremento dei tumori
del sistema nervoso». L'asses-
sore alla Salute della Regione
Roberto Levaggi (centrodestra,
oggi sindaco di Chiavari) dice
che le cause potrebbero essere
molteplici e non va escluso «il
traffico». Fatto sta che quello
studio preliminare non è mai
stato approfondito, per capire
se fosse la punta di un iceberg o
un abbaglio. Vinta buona parte
della battaglia, e garantito il la-
voro a 500 famiglie del posto,
Iplom fa i conti nel quindicen-
nio successivo con tre gravi in-
cidenti (l'ultimo è quello di po-
chi giorni fa).

Incidenti e investimenti

Investe quasi 200milioni inap-
parati di sicurezza, ottiene cer-
tificazioni di qualità e gode
d'una sorta di silenzio-assenso
dalla maggioranza di centrosi-
nistra guidata in Regione da
Claudio Burlando fra 2005 e
2015: «Tanto decide Roma», la
sintesi della replica sempre
fornita a chi protesta. Nel 2010
l'azienda ottiene la fondamen-
tale Autorizzazione integrata
ambientale (ministro dell'Am-
biente Stefania Prestigiacomo)
e poco dopo va a regime il po-
tenziamento degli impianti nel
cosiddetto progetto "Autoil 2".
Perdiecianni,dal2004al2014,
il sindaco di Busalla è Mauro
Valerio Pastorino, un medico
che definisce «incompatibili»
la fabbrica con il paese, ma sa
che ormai non si può risolvere
la questione con un colpo di
bacchetta magica e scrive a
mezzo mondo per chiedere
che i controlli siano più seri.
Nel 2014 non può più ricandi-
darsi e vince le elezioni di nuo-
vo Loris Maieron, quello del
1991, mentre dopo un anno
tramonta Burlando e torna in
Regione il centrodestra con
l'exploit di Giovanni Toti. Negli
ultimi giorni il segretario della
Filctem-Cgil genovese, Anto-
nio Grifi, che sta trattando la
cassa integrazione dei dipen-
denti bloccati dopo il seque-
stro degli impianti^ di Fegino,
l'ha detto chiaro: «È in gioco il
lavoro, il rischio zero non esi-
ste». Una comunità magari può
accettare per un po' il compro-
messo. Ma deve sapere, davve-
ro, quant'è il rischio e di cosa.




E la transizione non passa nemmeno dal nucleare:


Le Figaro Magazine, 15-16 aprile 2016





sabato 23 aprile 2016

EMERGENZA #PETROLIO A #GENOVA





DA IL MANIFESTO DEL 19 APRILE


  A Genova è emergenza nazionale”
 
Intervista. Il presidente ligure di Legambiente, Santo Grammatico: "Nella zona dove è esplosa la condotta, con i rivi in secca imbevuti di petrolio, ci vorranno anni per bonificare. Dove c'è l'acqua è più facile, grazie alle panne assorbenti. L'azienda si è scusata, ora deve rifondere tutti i danni. E passiamo presto alle fonti rinnovabili".


“Ero lì fino a un paio di ore fa, poi i miasmi sono diventati troppo forti, mi faceva male la gola e mi bruciavano gli occhi. Una situazione devastante”.
– Santo Grammatico, come presidente ligure di Legambiente lei ha subito dato l’allarme, segnalando che l’intero ecosistema della zona più vicina alla condotta della Iplom è stato spazzato via.
“L’esplosione della condotta è avvenuta nella parte alta del rio Penego, che confluisce nel rio Fegino e poi nel torrente Polcevera, che è uno dei corsi d’acqua più importanti di Genova. Nel piccolo alveo del rio Penego, che purtroppo è in secca ed è quindi stato inondato di petrolio, si vede bene la massa di terra riversata lì, terra che copriva la condotta. Aspettiamo le perizie tecniche per avere la sicurezza, ma con tutta probabilità è stata la condotta a saltare. Infatti in quel punto c’è un buco”.
– La mancanza d’acqua ha aggravato la situazione? Perché?
“Perché il petrolio è più leggero dell’acqua, e galleggia. Dove c’è acqua, per le squadre di soccorso è più facile sistemare le panne assorbenti. Addirittura si possono creare della mini dighe artificiali, far salire il livello e intervenire più facilmente in superficie, per bloccare buona parte dell’inquinamento. Invece nel rio Penego, e anche in un tratto del rio Fegino, di acqua non ce n’era. Così gli alvei si sono imbevuti di petrolio: le piante, l’erba, gli animali. Là ci sono gli operai delle ditte di bonifica al lavoro, per cercare di tamponare l’emergenza. E uno di questi operai mi ha confermato che il petrolio è penetrato nel sottosuolo: ‘Ne avremo per un anno – mi ha detto – come lo rimuovi da una parte, lo ritrovi dall’altra’. Davvero una brutta situazione, perché in fondo questa è una zona di campagna, con gli orti e i frutteti”.
– Anche il torrente Polcevera è messo male. Le ultime notizie dicono che il petrolio è arrivato fino al mare, lo conferma?
“Sì, nonostante le panne assorbenti una parte del liquido è stata già avvistata alla foce del Polcevera. Ma scendendo a valle, paradossalmente, la situazione è più controllabile, proprio perché l’acqua permette di intervenire con molta più efficacia per ‘succhiare’ con le panne il petrolio. E’ a monte che gli effetti di quanto accaduto si faranno sentire, per parecchio tempo”.
– Chi abita in quella zona di Genova è esasperato. Qualcuno si è sentito male per i miasmi, tanti hanno approfittato dell’arrivo delle telecamere per denunciare che non si può andare avanti così. Hanno detto che non è la prima volta che ci sono sversamenti di petrolio.
“Già nel 2012 c’era stato uno sversamento, ma non di queste proporzioni. Quella volta le conseguenze non erano state così disastrose come ora. Qui invece, e mi sembra che lo abbia detto anche il presidente regionale Toti, siamo di fronte a un’emergenza nazionale per la quantità di greggio finita nei rivi, e per la vastità della zona interessata. Ci vorranno anni prima che la natura riesca a ricucire una ferita del genere”.
– Si è già parlato di condutture troppo vecchie e corrose dal tempo, e di tempi di intervento troppo lenti rispetto alla velocità dell’inquinamento. Cosa può dirci in proposito?
“Non molto per quanto riguarda le condutture. Qui sarà la magistratura che dovrà fare chiarezza sullo stato dell’impianto, c’è già una inchiesta per disastro ambientale colposo. Quanto ai soccorsi, per fortuna lo scoppio della conduttura è avvenuto nel tardo pomeriggio di domenica, mentre c’era ancora luce. Quindi l’allarme è stato dato subito dai residenti, che hanno visto il fiume nero di petrolio lungo il rio Penego. I Vigili del fuoco sono arrivati tempestivamente, e anche il Comune si è mosso subito, al tramonto la Protezione civile era già operativa”.
– E l’azienda che ha fatto?
“Si è mossa anche lei, e si è già scusata per l’accaduto. Ora però ci aspettiamo anche che ripaghi i danni alla popolazione, fino all’ultimo centesimo. Questo disastro non deve essere rimediato con i soldi pubblici, deve essere la Iplom a pagare. E, se mi permetti, vorrei anche dire che, magari non domani ma entro dieci anni, dovremmo abbandonare questi impianti pericolosi e di sostanze fossili e inquinanti come il petrolio, e fare una transizione energetica verso le fonti rinnovabili”.

EMERGENZA #PETROLIO A #GENOVA





DA IL MANIFESTO DEL 19 APRILE


  A Genova è emergenza nazionale”
 
Intervista. Il presidente ligure di Legambiente, Santo Grammatico: "Nella zona dove è esplosa la condotta, con i rivi in secca imbevuti di petrolio, ci vorranno anni per bonificare. Dove c'è l'acqua è più facile, grazie alle panne assorbenti. L'azienda si è scusata, ora deve rifondere tutti i danni. E passiamo presto alle fonti rinnovabili".


“Ero lì fino a un paio di ore fa, poi i miasmi sono diventati troppo forti, mi faceva male la gola e mi bruciavano gli occhi. Una situazione devastante”.
– Santo Grammatico, come presidente ligure di Legambiente lei ha subito dato l’allarme, segnalando che l’intero ecosistema della zona più vicina alla condotta della Iplom è stato spazzato via.
“L’esplosione della condotta è avvenuta nella parte alta del rio Penego, che confluisce nel rio Fegino e poi nel torrente Polcevera, che è uno dei corsi d’acqua più importanti di Genova. Nel piccolo alveo del rio Penego, che purtroppo è in secca ed è quindi stato inondato di petrolio, si vede bene la massa di terra riversata lì, terra che copriva la condotta. Aspettiamo le perizie tecniche per avere la sicurezza, ma con tutta probabilità è stata la condotta a saltare. Infatti in quel punto c’è un buco”.
– La mancanza d’acqua ha aggravato la situazione? Perché?
“Perché il petrolio è più leggero dell’acqua, e galleggia. Dove c’è acqua, per le squadre di soccorso è più facile sistemare le panne assorbenti. Addirittura si possono creare della mini dighe artificiali, far salire il livello e intervenire più facilmente in superficie, per bloccare buona parte dell’inquinamento. Invece nel rio Penego, e anche in un tratto del rio Fegino, di acqua non ce n’era. Così gli alvei si sono imbevuti di petrolio: le piante, l’erba, gli animali. Là ci sono gli operai delle ditte di bonifica al lavoro, per cercare di tamponare l’emergenza. E uno di questi operai mi ha confermato che il petrolio è penetrato nel sottosuolo: ‘Ne avremo per un anno – mi ha detto – come lo rimuovi da una parte, lo ritrovi dall’altra’. Davvero una brutta situazione, perché in fondo questa è una zona di campagna, con gli orti e i frutteti”.
– Anche il torrente Polcevera è messo male. Le ultime notizie dicono che il petrolio è arrivato fino al mare, lo conferma?
“Sì, nonostante le panne assorbenti una parte del liquido è stata già avvistata alla foce del Polcevera. Ma scendendo a valle, paradossalmente, la situazione è più controllabile, proprio perché l’acqua permette di intervenire con molta più efficacia per ‘succhiare’ con le panne il petrolio. E’ a monte che gli effetti di quanto accaduto si faranno sentire, per parecchio tempo”.
– Chi abita in quella zona di Genova è esasperato. Qualcuno si è sentito male per i miasmi, tanti hanno approfittato dell’arrivo delle telecamere per denunciare che non si può andare avanti così. Hanno detto che non è la prima volta che ci sono sversamenti di petrolio.
“Già nel 2012 c’era stato uno sversamento, ma non di queste proporzioni. Quella volta le conseguenze non erano state così disastrose come ora. Qui invece, e mi sembra che lo abbia detto anche il presidente regionale Toti, siamo di fronte a un’emergenza nazionale per la quantità di greggio finita nei rivi, e per la vastità della zona interessata. Ci vorranno anni prima che la natura riesca a ricucire una ferita del genere”.
– Si è già parlato di condutture troppo vecchie e corrose dal tempo, e di tempi di intervento troppo lenti rispetto alla velocità dell’inquinamento. Cosa può dirci in proposito?
“Non molto per quanto riguarda le condutture. Qui sarà la magistratura che dovrà fare chiarezza sullo stato dell’impianto, c’è già una inchiesta per disastro ambientale colposo. Quanto ai soccorsi, per fortuna lo scoppio della conduttura è avvenuto nel tardo pomeriggio di domenica, mentre c’era ancora luce. Quindi l’allarme è stato dato subito dai residenti, che hanno visto il fiume nero di petrolio lungo il rio Penego. I Vigili del fuoco sono arrivati tempestivamente, e anche il Comune si è mosso subito, al tramonto la Protezione civile era già operativa”.
– E l’azienda che ha fatto?
“Si è mossa anche lei, e si è già scusata per l’accaduto. Ora però ci aspettiamo anche che ripaghi i danni alla popolazione, fino all’ultimo centesimo. Questo disastro non deve essere rimediato con i soldi pubblici, deve essere la Iplom a pagare. E, se mi permetti, vorrei anche dire che, magari non domani ma entro dieci anni, dovremmo abbandonare questi impianti pericolosi e di sostanze fossili e inquinanti come il petrolio, e fare una transizione energetica verso le fonti rinnovabili”.

giovedì 21 aprile 2016

IL POLCEVERA, IL PETROLIO E IL SENSO DEL #REFERENDUM DEL #17 APRILE;;;

DAL SITO DI LEGAMBIENTE LIGURIA

BLITZ DI LEGAMBIENTE SUL POLCEVERA
21/4/2016
“Il blitz di oggi è utile per ricordare – afferma Santo Grammatico Presidente di Legambiente Liguria – che le fonti fossili causano# danni rilevanti a livello locale ma sono anche responsabili dei mutamenti climatici e dell’innalzamento della temperatura della Terra. Inoltre il petrolio sversato nei rii e torrenti genovesi proviene dalla Nigeria. Ricordiamo per questo le tante guerre in atto collegate allo sfruttamento dei giacimenti e le discriminazioni e diseguaglianze vissute in quei paesi a causa del cosiddetto “oro nero”.
Da Genova, la lezione è chiara: è necessario avviare la fase di transizione e superare l’utilizzo delle fonti fossili per consentire la convivenza dei cittadini e quella dei sistemi ecologici, con le attività produttive e il lavoro cominciando a riscattare ed emancipare interi territori da un vincolo all’industria pesante che non può essere perenne, condannando intere generazioni.”