sabato 23 novembre 2019

AGGIORNAMENTO - CORSI D'ACQUA E CEMENTIFICAZIONE: UN CONTRIBUTO DEL NOSTRO SOCIO PIERO MANDARINO

Il Piccolo 08.11.2019, articolo di Irene Navaro

All'indomani dell'ennesima alluvione che ha colpito il nostro territorio, pubblichiamo l'intervento del nostro Consigliere Piero Mandarino sulla situazione dei corsi d'acqua nell'Alessandrino. 


Quale manutenzione per i nostri fiumi?
 
Esempio di scalzamento della pila di un ponte

Dal momento che non è possibile trattare il tema fiumi in poche righe può essere utile tornare sull’argomento “pulizia” (termine sbagliato e fuorviante) e manutenzione.
Innanzitutto va ricordato che, come scrive Mercalli, “la cura del territorio è sacrosanta, ma non impedisce grandi dissesti” come la forte erosione del suolo o l’attivazione di imponenti fenomeni franosi in presenza di eventi intensi. Per quanto riguarda il legname trasportato dai corsi d’acqua, gran parte di esso deriva dai versanti (frane ecc.) e non dall’alveo stesso, per cui risulta certamente semplicistico pensare di “risolvere” il problema tagliando qualche salice in alveo, benché talvolta possa essere un intervento necessario (ad esempio in prossimità dei ponti) per contribuire a mitigare, non risolvere, il problema. Bisogna anche considerare che nei contesti naturali la vegetazione spontanea può svolgere un ruolo positivo di consolidamento delle sponde e di rallentamento della corrente.  Ci saranno sempre alberi che verranno sradicati e trasportati dalle piene. Analoga considerazione si può fare per il materiale solido (terra, ghiaia, ciottoli).  E’ evidente che il materiale che si deposita a monte delle briglie di trattenuta (che sono costruite appositamente per intercettare il sedimento) o depositatosi in corrispondenza di un attraversamento (o di un tratto intubato) debba essere rimosso per, rispettivamente, garantire la funzionalità delle opere e ripristinare l’ampiezza della sezione dell’alveo.
Lo stesso vale per i depositi che possono formarsi immediatamente a monte delle opere di presa dei canali irrigui. Sono questi interventi puntuali e limitati, ben diversi dalle escavazioni diffuse che, al pari delle arginature troppo strette,  (per dirla con Passino) “tendono a canalizzare l’alveo e perciò ad abbassare i tempi di scorrimento che in termine tecnico rappresentano il tempo che l’acqua impiega per raggiungere la foce del fiume. Questo significa che la corrente raggiungerà molto più velocemente le aree a valle. Qui giunta si concentrerà più rapidamente e provocherà un incremento dei livelli di piena.” 1)
Sugli effetti negativi delle escavazioni si è scritto molto in passato e poco se ne è parlato sui media.
Tra gli scritti di vari tecnici, già alla fine degli anni sessanta (dopo varie alluvioni tra cui quelle di Firenze, Grosseto, Venezia) a titolo di esempio prendiamo due interventi.
Il primo di Luciano Fracalanza dagli atti del XXIII Congresso Nazionale delle Bonifiche – Roma, 20 maggio 1967 (tredici anni prima della nascita della “Lega per l’Ambiente”)
“Con il boom economico manifestatosi verso gli anni 60 ed il conseguente incremento dell’attività edilizia civile, stradale, ecc, gli operatori si sono precipitati alla ricerca di materiali inerti, fortemente richiesti dal mercato.
La maggior parte di questi operatori si è riversata nei greti dei fiumi e specialmente nelle loro conoidi ove, con maggiore facilità ed economicità, potevano reperire i materiali necessari.
Coloro che esercitavano attività estrattive di materiali litoidi non si preoccuparono però minimamente, delle conseguenze che ne sarebbero derivate al buon regime dei fiumi ed al sistema idrico generale, in conseguenza delle alterazioni che venivano apportate ai fiumi stessi. (…) si è verificato invece che in conseguenza delle ingenti e indiscriminate estrazioni di materiali inerti, è stato rotto l’equilibrio assunto dai fiumi e si è determinato nel letto degli stessi un unico e profondo filone, nel quale tutte le acque, specie quelle di piena, si incanalano, assumendo forti velocità ed arrivando nel tratto a valle, con tutto il loro impeto ed in tempi di corrivazione fortemente ridotti. Si vengono così a provocare esondazioni e a compromettere la stabilità delle arginature. Altri danni che ne derivano sono:
1)      l’annullamento delle funzioni dei bacini di espansione per le scolmature delle piene;
2)      lo scalzamento delle fondazioni di tutti i manufatti insistenti: ponti, briglie ecc.;
3)      lo scalzamento delle opere di difesa degli argini (sponde, rivestimenti ecc.); 
4)      l’abbassamento delle falde acquifere, e ciò a causa di una minore dispersione del tratto a monte ed un maggiore richiamo nel tratto a valle;
5)  minori apporti di sabbie al mare con conseguenti erosioni delle spiagge e minor ripascimento delle stesse. 


                                                                                                     
Modello di evoluzione delle opere in alveo a seguito dell’abbassamento del fondo

Le conseguenze del grave stato dei fiumi si sono manifestate in tutta la loro gravità in occasione dell’ultima alluvione (…) Basti pensare che in taluni punti l’abbassamento del letto (nel caso del Brenta) raggiunge gli otto metri. Si deve inoltre lamentare il forte abbassamento che hanno subito e stanno subendo, le falde freatiche (nella zona del Brenta, il Consorzio Irriguo che opera in quel bacino, lamenta oggi nelle risorgenze la perdita di 8 mc”). Inoltre vari manufatti, ponti, briglie, ecc., sono stati gravemente danneggiati; danni che ammontano a parecchie centinaia di milioni solo nel fiume Brenta.”
Il secondo intervento è di Giulio De Marchi, ingegnere e Presidente dell’ autorevole Commissione interministeriale che da lui prese il nome.
Su proposta del Senato, tra il 1968 e il 1971, “le più alte rappresentanze della scienza, della tecnica e della Pubblica Amministrazione” parteciparono ai lavori di indagine della Conferenza Nazionale delle Acque, “per dare al Governo e agli organi responsabili un sicuro strumento di lavoro” 2)
Nella Relazione, al capitolo Asportazione di materiali alluvionali dagli alvei, De Marchi scrive: Da un recente e interessante rapporto presentato dall’Ing. Mario Rossetti, presidente del Magistrato per il Po, si desume che l’alveo di magra dell’asta principale del Po è attualmente in corso di progressivo abbassamento, che ha già valori apprezzabili a Casale, a Cremona ha superato i 2,5 metri e, propagandosi verso valle, ha oltrepassato Boretto e nell’anno corrente si è reso manifesto, sia pure in modesta misura, a Pontelagoscuro. (…) il presidente Rossetti non esita a riconoscere effetti decisamente preminenti alle asportazioni di materiale, attuate e in atto, dall’alveo stesso del fiume e da quelli di tutti gli affluenti di destra e di sinistra a partire da quote molto alte fino alle confluenze col Po.3)

Preoccupazioni, inascoltate, sulle intense escavazioni effettuate su Orba e affluenti furono espresse nel maggio 1976 anche dalla Soprintendenza ai  Monumenti del Piemonte e nel gennaio 1977 da Italia Nostra (Sezione Novi-Ovada).  Fu la disastrosa alluvione del 6-7 ottobre 1977 ad evidenziare la fondatezza di quelle preoccupazioni: essa propagò lungo l’intera asta fluviale i preesistenti e localizzati abbassamenti causando il collasso delle difese spondali costituite da gabbionate radenti e sporgenti (pennelli); la stessa sorte toccò al ponte di Casalcermelli, a quello sulla Stura ad Ovada
e alla traversa di San Michele (situata a monte di Retorto).

Qualcuno, a questo punto, potrebbe osservare che oggi, a distanza di anni, l’assetto degli alvei potrebbe essere diverso, che potrebbero essere presenti accumuli di materiale.
In alcuni corsi d’acqua del Nord Italia sono stati registrati lievi e localizzati innalzamenti della quota del fondo che, tuttavia, non sono minimamente paragonabili, in termini di ordine di grandezza, agli abbassamento avvenuti nella seconda metà del ventesimo secolo.
In molti altri corsi d’acqua, stante i monitoraggi effettuati, documentati in report ufficiali redatti dagli enti competenti ed in pubblicazioni scientifiche, si registra tuttora una tendenza erosiva, ovvero di abbassamento del letto.
Questi dati incontrovertibili, tuttavia, sono autentiche rarità nei discorsi da Bar Sport.
 
             
BORMIDA -  “In termini quantitativi, il confronto con i dati topografici del 1972, evidenzia un approfondimento del fondo minimo mediamente di 2 m, con valori più alta a valle delle traverse di Visone e Cassine e nel tratto da C.na S. Leonardo (a monte di Castellazzo) a confluenza Orba.
Il fondo alveo oggi si trova mediamente 5-6 m al di sotto del piano golenale con alcuni tratti in cui
raggiunge gli 8-10 m.” 
ORBA -  “Il profilo di fondo dell’Orba ha subito in epoca storica recente un processo di abbassamento considerevole, evidenziato dai rilievi in campo: affioramento continuo del substrato tra Molare e Ovada, 2-3 m di approfondimento a Casalcermelli e 5-6 m alla confluenza del Bormida.” 4)

Quale manutenzione dunque si potrebbe auspicare per i nostri fiumi?

      Rimozione degli alberi caduti nel letto del fiume che costituiscono ostacolo al deflusso.
      Eliminazione degli usi impropri dei terreni spondali e dei terreni di proprietà pubblica  adiacenti all’alveo.
      Rimozione dei rifiuti abbandonati nell’alveo, sulle sponde e nelle aree contigue (questa è l’unica pulizia definibile tale).
      Abbattimento degli alberi morti in piedi e di quelli potenzialmente pericolanti.
      Eliminazione di eventuali depositi di sedimenti e materiale legnoso che ostruiscono le luci dei ponti (solitamente le arcate estreme).
      Chiusura degli scarichi fognari abusivi.
      Ripristino dei fossi ai bordi dei campi (La Commissione De Marchi suggeriva nel 1970 dimensioni e pendenze per scoline, capofossi e collettori principali al fine di creare una sorta di cassa di espansione diffusa e rallentare il deflusso nei corsi d’acqua).

1)      Roberto Passino - Segretario generale dell’Autorità di Bacino del Po – “Disalvei: soluzioni spesso solo illusorie” LA STAMPA 12-11-1995
2)      Dalla Prefazione di Amintore Fanfani,  Presidente del Senato,  alle Relazioni e documenti della  Conferenza Nazionale delle Acque - Tipografia del Senato, 1972
3)      Conferenza Nazionale delle Acque - I PROBLEMI DELLE ACQUE IN ITALIA - Relazioni e documenti – Tipografia del Senato, 1972  pag. 411

4)      Studio di fattibilità per la definizione dell’assetto di progetto – interventi di gestione sedimenti, recupero morfologico e sistemazione idraulica – del fiume Bormida e del torrente Orba (E-SPEC-858) AIPO, 2011

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