Dal sito GenovaToday.it la reazione dell'Osservatorio nazionale sull'Amianto
Frase choc del manager Cociv su amianto e terzo valico, l’Ona al Governo: “Fermare subito i lavori”
L’Osservatorio nazionale amianto (Ona) esprime “stupire e indignazione” per le parole dell’ex direttore generale del consorzio Cociv, Ettore Pagani, e chiede l’immediato blocco dei lavori del Terzo valico “per tutelare salute dei lavoratori e ambiente”.
In una intercettazione shock, Pagani sottovalutava la pericolosità della presenza di amianto nei cantieri dell’opera affermando “tanto la malattia arriva tra trent’anni”.
“Possiamo fermare in tempo l’ennesima tragedia annunciata bloccando immediatamente tutto – afferma il presidente dell’Ona,Ezio Bonanni -. Per questo mi rivolgo al Governo affinché emetta un provvedimento urgente che interrompa questi lavori incauti, salvaguardando la salute degli abitanti della zona. Non escludiamo un’azione giudiziaria nel caso in cui in riferimento a lavori svolti nel passato siano riscontrati ora dei casi di mesotelioma o di altre patologie asbesto correlate tra gli ex dipendenti. Chiediamo inoltre che i lavoratori adibiti alle lavorazioni con presenza di amianto entrino immediatamente in un protocollo di sorveglianza e tutela”.
Ricordiamo che nel 2012 l'ONA si era già pronunciato sulla pericolosità del Terzo Valico. Ripubblichiamo qui di seguito il parere che ci aveva inviato.
Nota al parere Ona: il limite geologico settentrionale tra Alpi ed Appennini è generalmente riconosciuto a ovest di Genova ed è costituito dal Gruppo di Voltri, presso una discontinuità tettonica denominata linea Sestri-Voltaggio.
OSSERVATORIO
NAZIONALE SULL’ AMIANTO
Presidenza
Nazionale
Via Crescenzio, n. 2, 00193 - Roma
tel. 06 68890174 - 335 8304686
E-mail: osservatorioamianto@gmail.com
Preg.ma Sig.ra Paola Lugaro
e p.c. Preg.mo Dott. Michele Rucco
OGGETTO:
Parere legale richiesto con e-mail del 17.12.2012 al Dott. Michele
Rucco.
Preg.ma Sig.ra Lugaro,
ho ricevuto dal Dott. Michele Rucco
l’e-mail con la quale Lei richiedeva un nostro parere, rispetto al
quale Le debbo far presente prima di tutto che l’amianto è stato
sempre presente nelle rocce delle Alpi.
Infatti, già a pag. 2 dell’ultima
pubblicazione di chi Le scrive, dal titolo “La
storia dell’amianto nel mondo del lavoro”
(O.N.A. Editore) testualmente:
“l’actinolite o actinoto (dal
greco ακτινωτο/=pietra
raggiata) o amianto verde-nero; silicato idrato di calcio, ferro e
magnesio, 2CaO,4MgO,FeO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-66-4; è un
componente abbondante delle rocce scistose-cristalline della catena
alpina; ed ha una temperatura di decomposizione tra 620-900°C.
la tremolite o amianto
grigio-verde-giallo; silicato idrato di calcio e magnesio,
2CaO,5MgO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-68-6), comune in molte località
alpine, prende il nome dalla Valle Tremola nel massiccio del S.
Gottardo (Campolongo, nel Canton Ticino)
1;
fragile, ma con più resistenza al calore, perché ha una temperatura
di decomposizione tra 950-1040°C
l’antofillite2 (dal greco α℘νθο=fiore e φυ/λλον=foglia, e dal latino scientifico antophyllum = garofano) o amianto verde-giallo-bianco; silicato idrato di magnesio, 7MgO,8SiO2,H2O- n. CAS 77536-67-5; è il più importante degli anfiboli rombici, è frequente nei micascisti dell’Alto Adige (Val Passiria, sopra Merano) e in misura inferiore anche nell’isola d’Elba e nelle Alpi e Prealpi Occidentali, e in Finlandia, è fragile, con temperatura di decomposizione tra 600-850°C”.
l’antofillite2 (dal greco α℘νθο=fiore e φυ/λλον=foglia, e dal latino scientifico antophyllum = garofano) o amianto verde-giallo-bianco; silicato idrato di magnesio, 7MgO,8SiO2,H2O- n. CAS 77536-67-5; è il più importante degli anfiboli rombici, è frequente nei micascisti dell’Alto Adige (Val Passiria, sopra Merano) e in misura inferiore anche nell’isola d’Elba e nelle Alpi e Prealpi Occidentali, e in Finlandia, è fragile, con temperatura di decomposizione tra 600-850°C”.
Ancora a pag. 82: “C.
Anfosso, nel ‘Dizionario di igiene popolare’3,
del 1899, ha definito l’amianto come “strana pietra che il
tempo sfila in stami argentini, candidi, morbidi come una lanuggine
ed in bioccoli come di bambagia! Sono pietre vecchie, a cui cresce la
barba, dicono gli alpigiani per ischerzo ai bambini, e bene dicono
senza saperlo”.
Quindi riteniamo di poter affermare,
anche alla luce di ulteriori rilievi bibliografici, e di dati
oggettivi inoppugnabili, che l’amianto sia presente anche nel sito
al quale Lei fa riferimento, quantomeno
a livello di contaminazione.
Quanto al rischio morbigeno anche a
basse dosi di amianto.
Ammesso e non concesso che l’amianto
sia presente solo in poche parti delle rocce, comunque ed in ogni
caso ci sarebbe dispersione di fibre che contaminano l’ambiente e
sono pericolose, e non a caso “nella
relazione della Provincia di Alessandria, diventata parte integrante
della delibera del Consiglio provinciale che nel 2005 ha approvato il
progetto definitivo, è da segnalare quanto affermato a pagina 11: le
analisi fatte dal General contractor Cociv dal 1992 al 2005 sono
insufficienti a stabilire se c'è o non c'è l'amianto”.
Quindi ritengo di dover richiamare la
Vostra vigile attenzione sul fatto che secondo l’OMS “l’esposizione
a qualunque tipo di fibra e a qualunque grado di concentrazione in
aria va pertanto evitata”
e lo IARC ha precisato: “At
present, it is not possible to assess whether there is a level of
exposure in humans below which an increased risk of cancer would not
occur” (Iarc Monographs
On The Evaluation Of Carcinogenic Risks To Humans, Volume 14,
Asbestos, Summary Of Data Reported And Evaluation, Asbestos,
Last Updated: 26 March 1998) nel
senso che non c’è soglia sotto la quale non c’è rischio.
Inoltre, sempre lo IARC precisa che tutti
i tipi di amianto sono cancerogeni (IARC Monographs supplement
7, Asbestos (group 1), 106-116, 1987).
Soprattutto ci sono molti minerali
asbesti formi, alcuni dei quali non catalogati come amianto dal
legislatore, e che sono molto presenti nei massicci delle Alpi e
Prealpi (sul punto allego il primo capitolo del mio libro “La
storia dell’amianto nel mondo del lavoro”
- O.N.A. Editore - con e-mail separata).
Sul rischio morbigeno occorre osservare:
A. Rischio morbigeno per esposizione ad amianto4.
A.1 Aspetti biomedico-ambientali: Effetto
della reiterazione dell’esposizione alle concentrazioni definite
dai limiti di legge 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 = 6 fibrille in una
settimana: effetto di sommatoria.
L’amianto, detto anche asbesto, è un minerale
costituito sostanzialmente da silicati di varia composizione chimica.
Questa diversità condiziona sia la forma delle fibrille (strutture
con una lunghezza tre volte maggiore del diametro), sia la loro
denominazione, sia ancora la loro nocività per l’uomo e per
animali sinantropici, come il cane. L’azione patogena, oltre ad una
prima fase prodromica irritativo-flogistica sulle strutture
dell’organismo di primo impatto, implica effetti cancerogeni a
carico di diversi tipi cellulari, tessutali, e d’organo. L’azione
cancerogena dell’amianto era già nota, per molti versi e ad opera
della ricerca biomedica, quasi contemporaneamente alla sua
introduzione come materia prima in parecchie tecnologie richieste
dalla rivoluzione industriale che fu attuata a cavallo tra XIX e XX
secolo. Successivamente sono intervenuti provvedimenti normativi allo
scopo di prevenire l’esposizione a rischio e per proteggere la
salute della collettività (lavoratori e popolazione generale). In
molti paesi il minerale e’ stato bandito dal tardo XX secolo (anni
1980-1990). Parecchi altri paesi continuano ad estrarre il minerale
naturale, a lavorarlo, e a venderlo. Oggigiorno, i limiti di legge
prescritti sembrano dare sicurezza agli esposti, ed a chi controlla
la loro salute, ma generalmente non si tiene conto che anche
pochissime fibrille assunte quotidianamente, col tempo, si sommano
nel nostro organismo, raggiugendo il carico (body
burden dei ricercatori anglosassoni) di
rottura del tiro-alla-fune
tra cancerogeni e difese dell’organismo contro il cancro. A questo
proposito, già fin d’ora, è utile rammentare il monito di René
Truhaut, secondo cui non esistono limiti ammissibili per i
cancerogeni, ciò significa: “rischio
zero”.
A.2. Fibrille inalate od ingerite -
Assorbimento attraverso la mucosa delle vie respiratorie o del tubo
gastroenterico
Le fibrille di amianto possono raggiungere
l’individuo esposto sia dalla cava del minerale, sia dalla materia
prima, sia dal manufatto durante l’uso, sia dallo stesso manufatto
dopo l’esaurimento della vita di impiego, quando è in disuso e in
via di smaltimento. Vale a dire il rischio patogeno ci può essere
“prima, durante, dopo”
il suo uso. È ragionevole condividere l’aforisma di L. Mutti
(Primario ASL 11 VC) “Dobbiamo
giungere al rischio zero perché l’unica fibra di amianto innocua è
quella che noi non respiriamo”. Ma
non basta non inalare fibrille di amianto, perchè molte altre se ne
possono ingerire, con le bevande e anche coi cibi5.
A.3. Recircolazione delle fibrille nel torrente
sanguigno
Una volta inalate od ingerite, le fibrille
raggiungono l’epitelio della mucosa dell’apparato respiratorio o
dell’apparato gastroenterico, rispettivamente. Non è difficile,
per gli intrusi killer,
superare queste labili barriere per entrare nei capillari
sottomucosi, poi nel sistema venulare, quindi in quello venoso
centripeto, con l’interposizione o meno del piccolo circolo
polmonare, caratterizzato dal fatto che il circolo venoso trasporta
sangue ossigenato, al contrario del grande circolo. Infine il cuore
provvede a redistribuire il tutto in tutto l’organismo.
A.4. Diffusione in tutti i tessuti ed organi -
Localizzazione in qualunque tessuto.
A seguito di questa diffusione ubiquitaria, quasi
biologicamente “ecumenica”,
non c’è un tessuto, un organo, che possa ritenersi indenne di
localizzazione delle fibrille killer.
Dal momento in cui un tessuto bersaglio
si trova ad ospitare una o piu’ fibrille esso innesca una sequela
di eventi reattivi. Il tipo e l’entità di questi fenomeni sono
condizionati dalla costituzione del tessuto stesso, o meglio di
quella parte di esso in cui si sono annidate le fibrille. È
comprensibile che tale funzione di risposta sia svolta dal tessuto
connettivo che circonda il vaso di afferenza, oppure da quello che fa
da impalcatura stromale di un organo parenchimale. Infatti le cellule
attrici della risposta flogistica (infiammatoria) sono
prevalentemente quelle connettivali. La reazione infiammatoria non è
di tipo acuto, in quanto le fibrille di amianto, nel superare le
barriere delle mucose interessate, si sono lasciate alle spalle i
batteri eventualmente concomitanti, gli agenti flogogeni che
avrebbero richamato i leucociti PMN (polimorfonucleati) per formare
il secreto infiammatorio purulento. Quindi non si tratta di un
foruncolo microscopico, bensì di un microgranuloma, classica
espressione di una flogosi di tipo cronico, costituito da una
corteccia di cellule linfocitarie (leucociti ematici mononucleati),
cellule connettivali e da fibre connettivali, che tutte insieme
inglobano la fibrilla d’amianto. Si è venuta così formando
un’entità reattiva detta “corpuscolo
dell’asbesto” nella quale il core
è destinato a durare a lungo.
A.5. Reazione flogistica di tipo cronico nel
punto di localizzazione, con formazione dei corpuscoli dell’asbesto
(microgranulomi - Reperto autoptico di corpuscoli dell’asbesto in
molti organi del corpo umano.
La letteratura scientifica riporta il
ritrovamento, come reperto autoptico a seguito di autopsie di
lavoratori esposti all’amianto nei seguenti tessuti: cervello,
tiroide, polmone, fegato, pancreas, rene, cuore, milza, surrene,
prostata. Questa distribuzione testimonia la diffusione delle
fibrille di amianto in tutto il circolo sanguigno ed i tutti gli
organi che esso irrora.
A.6. Cancerogenesi a carico delle membrane
sierose: pleura, pericardio, peritoneo, tonaca vaginale del
testicolo, coi rispettivi mesoteliomi.
Un altro aspetto peculiare che riguarda la
localizzazione delle fibrille di amianto a distanza dal punto di
ingresso nell’organismo (nel circolo sanguigno) trova conferma
dalla localizzazione di una specifica e grave forma di neoplasia
maligna di membrane sierose particolarmente suscettibili di tale tipo
di cancerogenesi. Si tratta di mesoteliomi che colpiscono la pleura
(sierosa che avvolge il polmone), il pericardio (che avviluppa il
cuore), il peritoneo (sierosa che avvolge tutti i tratti del tubo
gastroenterico, tenue e crasso) e la tonaca vaginale del testicolo,
che e’ una derivazione embrionaria del peritoneo. Fin che si tratta
della pleura, la sierosa più frequentemente colpita dal mesotelioma,
si potrebbe considerare in modo ingannevole questa maggiore
frequenza di morbilità come conseguenza della vicinanza della
sierosa con la via piu’ comune di ingresso dell’amianto: le coane
(narici). Al contrario, le fibrille killer
aggrediscono i tessuti bersaglio raggiungendoli alle spalle, cioe’
attraverso il circolo. La lunghezza del tragitto da superare,
chilometri di capillari, venule, arteriole, vene, arterie, interposta
tra narici e/o bocca da un lato e sierosa colpita, dall’altro, non
e’ certo una difficolta’ insormontabile. Infatti, dobbiamo
considerare che il tempo di circolo si aggira normalmente attorno a
pochi minuti secondi. Tra l’altro, la letteratura scientifica
biomedica segnala casi clinici che si pongono fuori dai novero dei
fenomeni morbosi piu’ frequentemente descritti come tipici
all’amianto. Si tratta dei danni diretti sulla molecola del DNA
nucleare dei leucociti circolanti di lavoratori esposti, e di
mesotelioma primitivo dell’ovaio in lavoratrici esposte ad amianto,
oltre a casi di carcinoma ovarico in operaie che, nelle loro
mansioni, avevano usato talco contaminato con il minerale killer.
Queste indagini riferiscono casistiche rare, generalmente
imprevedibili, ma dimostrano in un modo ancora più completo la
pericolosità ubiquitaria dell’amianto per la salute umana.
A.7. Rischio ambientale di esposizione: limite
soglia = 0,1 fibra / ml d’aria (DM 6/9/94 ed artt. 24 e 31 del
D.Lgs. 277/91).
Il nostro ordinamento giuridico include un
provvedimemento legislativo che configura un limite soglia di
concentrazione di fibrille d’amianto nell’aria in ambiente
occupazionale, quale livello di riferimento quale prova di
responsabilità, o meno. Tale limite è stato localizzato dal DM 6
settembre 1994, e dagli artt. 24 e 31 del D.Lgs. 277/91, in 100
fibrille per litro d’aria, anche con riferimento alle condizioni
storiche - pregresse dell’ambiente di lavoro. E’ intuitivo come
sia estremamente difficile, “contare”
strumentalmente, e l’unica valutazione può essere quella
presuntiva che si fonda sui parametri sanciti dal successivo D.M.
27.10.04, all’art. 3, e cioè dalla letteratura scientifica, dai
casi analoghi, dagli studi epidemiologici etc..
A.8. Meccanismo della cancerogenesi.
Voytek et al.
(1990) hanno riferito con chiarezza il meccanismo dell’azione
canceragena delle fibrille di amianto. Secono questi autori, le
fibrille del minerale localizzate nei diversi tessuti dell’organismo
vanno incontro ad un’alterazione metabolica che porta alla
formazione di amianto-epossido, la molecola che è il cancerogeno
finale, responsabile della lesione della molecola del DNA. Tutto
questo avviene quando la molecola bersaglio è il DNA dei nuclei dei
leucociti circolanti, delle cellule parenchimali dell’ovaio, delle
cellule delle sierose: pleurica, pericardica, peritoneale, o della
tonaca vaginale del testicolo. Questo fenomeno di trasformazione di
un pre-cancerogeno, l’amianto tal quale, in cancerogeno vero e
proprio, l’amianto-epossido, è favorito dallo squilibrio della
bilancia perossidativa dei tessuti in senso pro-ossidante. Quando i
fattori pro-ossidanti sopraffanno quelli anti-ossidanti si verifica
l’intervento di un agente patogeno che, di per se stesso
insufficiente a causare patologia, agisce quale concausa efficace che
non va trascurata. Infatti, a questo proposito, si può evocare
l’immagine di una pistola come arma di un omicidio. Non è
sufficiente l’arma con il proiettile in canna, ma occorrono che la
sicura sia disattivata e che un dito prema il grilletto, sebbene
questi due elementi (concause), senza i primi, non bastino per
uccidere, ma sono cofattori efficaci perchè l’arma uccida.
Anche per l’amianto, per esso l’amianto
epossido, il meccanismo della cancerogenesi parte dalla prima tappa,
comune a tutti i cancerogeni: l’alterazione del DNA. La lesione
primaria, se non eccede in quantità e durata i meccanismi di difesa
dell’organismo, puo’ anche essere riparata, in prima battuta
grazie agli enzimi riparatori specifici, in seconda istanza, dal
sistema immunitario che rigetta le cellule arrivate ad essere
cancerose. Si è visto che le fibrille del minerale nocivo possono
localizzarsi in qualunque distretto dell’organismo, e dovunque
possono danneggiare la molecola del DNA. Quindi, semplicisticamente,
potremmo anche aspettarci un tipo di tumore uniformemente monotono in
tutte le sedi; al contrario, ogni tipo di tessuto risponde allo
stimolo morboso a modo suo, condizionando non solo le
caratteristiche morfologiche della neoplasia, ma anche il tempo di
latenza, la frequenza - o prevalenza - in una popolazione esposta, la
velocità di crescita, in breve, la storia naturale dell’affezione
maligna. Tutto ciò poi si integra anche con le caratteristiche
metaboliche dei tessuti dell’individuo colpito dalla noxa
morbigena: vale a dire, l’età del soggetto, il suo stato
nutrizionale, soprattutto l’equilibrio della bilancia
perossidativa, oltre alla presenza od assenza di altre esposizioni
nocive. Queste condizioni biologiche, attraverso il contributo del
sinergismo e del potenziamento, possono stare alla base dell’estema
variabilita’ delle risposte patologiche al medesimo agente nocivo,
che si affiancano alle patologie classiche asbesto-correlate, qual’e’
il mesotelioma pleurico.
Il cumulo di tutte queste considerazioni ed
informazioni potrebbe costituire un patrimonio unico e prezioso,
nelle mani dei sanitari più o meno “competenti” ope
legis, chiamati ad esercitare sul
paziente – o sul soggetto ancora solamente esposto alle fibrille
killer – la cosiddetta sorveglianza sanitaria. Infatti, la salute
del Nostro avrebbe bisogno di tanta scienza e di altrettanta
coscienza.
A proposito di patologia amianto-correlata di
tessuti dell’organismo diversi dalle sierose (pleura, pericardio,
peritoneo, ecc.) la letteratura scientifica citata in precedenza ha
dato un’idea della partecipazione anche dell’apparato
gastroenterico. Altre pubblicazioni recenti, reperibili liberamente
nelle fonti bibliografiche, hanno descritto la partecipazione dei
tessuti linfoemopoietici alla funzione di bersaglio del cancerogeno
amianto, basate su ricerche sperimentali e/o epidemiologiche
osservazionali. Si tratta di: Kagan (1979) - leucemia
linfocitaria cronica, mieloma IgA e mieloma IgG, Waxweiler
e Robinson (1983) - linfoma non-Hodgkin, Kagan e Jacobson (1983) -
leucemia cronica linfocitaria, mieloma IgG e mieloma IgA, Battista et
al. (1999) – mieloma muliplo,
e Becker et al.
(2001) – linfomi maligni. In termini concreti, ciò significa che,
almeno dal 1979 in poi, non sarebbe stato più possibile ascrivere
all’esposizione ad amianto il solo mesotelioma pleurico, ma anche
ad una moltitudine di altre affezioni letali: letteratura scientifica
docet.
A.9. Potenziamento tossicologico 1 + 1
+ 1 = 9, 10 e piu’:
La letteratura scientifica ha messo in evidenza che l’abitudine di
fumare tabacco comporta un potenziamento del rischio, e della
patologia amianto-correlata. Questo fenomeno trova un’espressione
significativa nell’equazione che suggerisce i rapporti quantitativi
degli effetti dei due agenti patogeni: Fumo di tabacco + Amianto =
[10 x + 13 x] non 23 x ma 50-60 volte.
Altrettante considerazioni meritano di essere
fatte a proposito di un’altra circostanza, questa volta iatrogena,
che può essere considerata quale possibile concausa effettiva della
patologia amianto-correlata. Si tratta di una terapia marziale
attuata col proposito di curare un’anemia somministrando Fe
inorganico per via parenterale: questo comporta un aumento delle
specie reattive dell’ossigeno, con squilibrio della bilancia
perossidativa in senso pro-ossidante. Effetti analoghi possono
essere realizzati con altre pratiche iatrogene, questa volta a scopo
diagnostico e non terapeutico, come l’esposizione a radiazioni
ionizzanti: esse comportano un depauperamento delle difese organiche
contro i cancerogeni.
Concludo che è necessario opporsi
fortemente al progetto di “alta
velocità” ritenendo
opportuno che si eseguano lavori di miglioria della linea già
esistente.
Saluti.
Roma, 17.12.2012
Il
Presidente
(Avv. Ezio Bonanni)
1
Vocabolario della lingua italiana, Ist. Enc. Italiana Treccani, Roma
1994.
2
N.Tommaseo, B.Bellini, Dizionario della lingua italiana, voce
‘antofillite’,vol. I, UTE Ed,Torino 1865.
4
Riferimenti
Bibliografici: Battista
G., Belli S., Comba P., Fiumalbi C., Grignoli M., Loi F., Orsi D.,
Paredes I. Mortality
due to asbestos-related causes among railway carriage construction
and repair workers. Mortalita’
dovuta a cause correlate all’asbesto tra i lvoratori della
costruzione di vetture ferroviarie e della loro riparazione.
Occup
Med (Lond). 49 , 536-539, 1999; Becker N., Berger J., Bolm-Audorff
U., Asbestos
exposure and malignant lymphomas - a review of the epidemiological
literature. Esposizione
ad asbesto e linfomi maligni – una rassegna della letteratura
epidemiologica. Int Arch Occup Environ Health. 74, 459-469, 2001.
Review;
Cotruvo J. A, COMMENTARY:
Asbestos in Drinking Water: A Status Report; COMMENTARIO:
Asbesto nell’acqua da bere: un rapporto sullo stato dell’arte
Environ. Health
Perspect. 53, 181-183, 1983; T.J. Delahunty & D. Hollander,
Toxic
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nocivo sull’intestino tenue del ratto da somminstrazione cronica
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Donham
K. J., Berg J. W., Will L. A., Leininger J. R., The
Effects of Long-Term Ingestion of Asbestos on the Colon of F344
Rats, Gli
effetti dell’ingestione prolungata di asbesto sul colon di ratti
F344 Cancer 45, 1073-1084, 1980; Hallenbeck W.H., Hesse C.S, A
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rassegna degli effetti sulla salute dell’asbesto ingerito Rev.
Environ. Health 2, 157-166,1977; Kagan E., Jacobson R.J. , Lymphoid
and plasma cell malignancies: asbestos-related disorders of long
latency. Tumori
maligni di cellule linfoidi e di plasmacellule: disturbi correlati
all’asbesto con una lunga latenza. Am
J Clin Pathol 80, 14-20, 1983; Kagan
E., Jacobson R.J., Yeung K.Y., Haidak D.J., Nachnani G.H.
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asbesto-correlate della linea cellulare B. Am J Med 67, 325-330,
1979; Pepelko W.
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della via di esposizione sulla potenza dei cancerogeni Regulat.
Toxicol.
Pharmacol., 13, 3-17, 1991; Waxweiler R., Robinson C., Asbestos
and non-Hodgkin's lymphoma.
Asbesto e linfoma non-Hodgkin.
Lancet. 1(8317), 189-190, 1983.
5
La
ricerca biomedica, sia quella sperimentale, sia quella
epidemiologica osservazionale, ha dimostrato la nocivita’
dell’amianto ingerito. La pubblicazione piu’ significativa è
quella di Hallenbeck
& Hesse (1977) secondo la
quale gli studi
dell‘ingestione negli animali e delle autopsie umane suggeriscono
che le fibre di asbesto possono penetrare nella parete intestinale e
migrare verso altre localizzazioni nell’organismo. Poi Donham
et al. (1980) hanno evidenziato l’insorgenza di un mesotelioma
maligno, del tipo provocato da asbesto iniettato intraperitoneo, nel
ratto alimentato con dieta contenente asbesto; in base all’evidenza
della penetrazione delle fibre di asbesto nei tessuti del colon,
indagini di microscopia elettronica, questi autori concludono che
l’asbesto ingerito non è innocuo per il colon, né per distretti
dell’organismo in cui si localizzano le fibrille killer.
Infine Cotruvo (1983) ha riferito che l’evidenza epidemiologica
del rischio da ingestione di acqua contenente fibre di asbesto non è
convincente, tuttavia il cancro gastrointestinale di origine
occupazionale può indicare un rischio da ingestione. Secondo
Delahunty e Hollander (1987)
la somministrazione
cronica di fibre di asbesto nell’acqua da bere nel ratto porta
alla diminuzione della capacità della parete intestinale di
assorbire zuccheri scarsamente metabolizzabili impiegati come
modello sperimentale; tale fenomeno dimostra un danno funzionale
diretto sulla parete intestinale dovuto all’asbesto ingerito.
Pepelko (1991)
ha studiato le differenze del potere cancerogeno di alcuni agenti
morbigeni, nel ratto e nel topo, dipendenti dalle vie di
somministrazione, inalatoria o gastrointestinale;
nel ratto, differenze
nella potenza superiori a 10 volte furono trovate per l’asbesto,
il cloruro di vinile, e l’idrazina. Nel caso dell’asbesto,
l’agente si trovava comunemente sotto forma di materiale
particellare relativamente insolubile. Secondo questo autore, la
maggiore potenza cancerogena espressa dalla somministrazione per via
inalatoria, rispetto a quella orale, è verosimilmente dovuta alla
maggiore lunghezza del tempo di soggiorno negli alveoli polmonari
rispetto a quello nell’intestino; ciò favorirebbe una maggiore
biodisponibilità con una maggiore azione morbigena. Parallelamente,
nel corso degli ultimi decenni, altri autori hanno riferito
risultati negativi per la cancerogenicità dell’asbesto ingerito.
#FUORIDALTUNNEL
#STOPTERZOVALICO
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