venerdì 20 gennaio 2017

TERZO VALICO: LA REAZIONE DELL'OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO ALLA FRASE DELL'EX MANAGER DI COCIV


Dal sito GenovaToday.it la reazione dell'Osservatorio nazionale sull'Amianto

Frase choc del manager Cociv su amianto e terzo valico, l’Ona al Governo: “Fermare subito i lavori”

di - 19 gennaio 2017 - 8:51

L’Osservatorio nazionale amianto (Ona) esprime “stupire e indignazione” per le parole dell’ex direttore generale del consorzio Cociv, Ettore Pagani, e chiede l’immediato blocco dei lavori del Terzo valico “per tutelare salute dei lavoratori e ambiente”.
In una intercettazione shock, Pagani sottovalutava la pericolosità della presenza di amianto nei cantieri dell’opera affermando “tanto la malattia arriva tra trent’anni”.
“Possiamo fermare in tempo l’ennesima tragedia annunciata bloccando immediatamente tutto – afferma il presidente dell’Ona,Ezio Bonanni -. Per questo mi rivolgo al Governo affinché emetta un provvedimento urgente che interrompa questi lavori incauti, salvaguardando la salute degli abitanti della zona. Non escludiamo un’azione giudiziaria nel caso in cui in riferimento a lavori svolti nel passato siano riscontrati ora dei casi di mesotelioma o di altre patologie asbesto correlate tra gli ex dipendenti. Chiediamo inoltre che i lavoratori adibiti alle lavorazioni con presenza di amianto entrino immediatamente in un protocollo di sorveglianza e tutela”.

Ricordiamo che nel 2012 l'ONA si era già pronunciato sulla pericolosità del Terzo Valico. Ripubblichiamo qui di seguito il parere che ci aveva inviato.

Nota al parere Ona: il limite geologico settentrionale tra Alpi ed Appennini è generalmente riconosciuto a ovest di Genova ed è costituito dal Gruppo di Voltri, presso una discontinuità tettonica denominata linea Sestri-Voltaggio.


OSSERVATORIO NAZIONALE SULL’ AMIANTO
Presidenza Nazionale
Via Crescenzio, n. 2, 00193 - Roma
tel. 06 68890174 - 335 8304686
E-mail: osservatorioamianto@gmail.com
Preg.ma Sig.ra Paola Lugaro
e p.c. Preg.mo Dott. Michele Rucco
OGGETTO: Parere legale richiesto con e-mail del 17.12.2012 al Dott. Michele Rucco.
Preg.ma Sig.ra Lugaro,
ho ricevuto dal Dott. Michele Rucco l’e-mail con la quale Lei richiedeva un nostro parere, rispetto al quale Le debbo far presente prima di tutto che l’amianto è stato sempre presente nelle rocce delle Alpi.
Infatti, già a pag. 2 dell’ultima pubblicazione di chi Le scrive, dal titolo “La storia dell’amianto nel mondo del lavoro” (O.N.A. Editore) testualmente:
l’actinolite o actinoto (dal greco ακτινωτο/=pietra raggiata) o amianto verde-nero; silicato idrato di calcio, ferro e magnesio, 2CaO,4MgO,FeO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-66-4; è un componente abbondante delle rocce scistose-cristalline della catena alpina; ed ha una temperatura di decomposizione tra 620-900°C.
la tremolite o amianto grigio-verde-giallo; silicato idrato di calcio e magnesio, 2CaO,5MgO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-68-6), comune in molte località alpine, prende il nome dalla Valle Tremola nel massiccio del S. Gottardo (Campolongo, nel Canton Ticino) 1; fragile, ma con più resistenza al calore, perché ha una temperatura di decomposizione tra 950-1040°C
l’antofillite
2 (dal greco ανθο=fiore e φυ/λλον=foglia, e dal latino scientifico antophyllum = garofano) o amianto verde-giallo-bianco; silicato idrato di magnesio, 7MgO,8SiO2,H2O- n. CAS 77536-67-5; è il più importante degli anfiboli rombici, è frequente nei micascisti dell’Alto Adige (Val Passiria, sopra Merano) e in misura inferiore anche nell’isola d’Elba e nelle Alpi e Prealpi Occidentali, e in Finlandia, è fragile, con temperatura di decomposizione tra 600-850°C”.
Ancora a pag. 82: “C. Anfosso, nel ‘Dizionario di igiene popolare’3, del 1899, ha definito l’amianto come “strana pietra che il tempo sfila in stami argentini, candidi, morbidi come una lanuggine ed in bioccoli come di bambagia! Sono pietre vecchie, a cui cresce la barba, dicono gli alpigiani per ischerzo ai bambini, e bene dicono senza saperlo”.
Quindi riteniamo di poter affermare, anche alla luce di ulteriori rilievi bibliografici, e di dati oggettivi inoppugnabili, che l’amianto sia presente anche nel sito al quale Lei fa riferimento, quantomeno a livello di contaminazione.
Quanto al rischio morbigeno anche a basse dosi di amianto.
Ammesso e non concesso che l’amianto sia presente solo in poche parti delle rocce, comunque ed in ogni caso ci sarebbe dispersione di fibre che contaminano l’ambiente e sono pericolose, e non a caso “nella relazione della Provincia di Alessandria, diventata parte integrante della delibera del Consiglio provinciale che nel 2005 ha approvato il progetto definitivo, è da segnalare quanto affermato a pagina 11: le analisi fatte dal General contractor Cociv dal 1992 al 2005 sono insufficienti a stabilire se c'è o non c'è l'amianto”.
Quindi ritengo di dover richiamare la Vostra vigile attenzione sul fatto che secondo l’OMS “l’esposizione a qualunque tipo di fibra e a qualunque grado di concentrazione in aria va pertanto evitata” e lo IARC ha precisato: At present, it is not possible to assess whether there is a level of exposure in humans below which an increased risk of cancer would not occur (Iarc Monographs On The Evaluation Of Carcinogenic Risks To Humans, Volume 14, Asbestos, Summary Of Data Reported And Evaluation, Asbestos, Last Updated: 26 March 1998) nel senso che non c’è soglia sotto la quale non c’è rischio.
Inoltre, sempre lo IARC precisa che tutti i tipi di amianto sono cancerogeni (IARC Monographs supplement 7, Asbestos (group 1), 106-116, 1987).
Soprattutto ci sono molti minerali asbesti formi, alcuni dei quali non catalogati come amianto dal legislatore, e che sono molto presenti nei massicci delle Alpi e Prealpi (sul punto allego il primo capitolo del mio libro “La storia dell’amianto nel mondo del lavoro” - O.N.A. Editore - con e-mail separata).
Sul rischio morbigeno occorre osservare:
A. Rischio morbigeno per esposizione ad amianto4.
A.1 Aspetti biomedico-ambientali: Effetto della reiterazione dell’esposizione alle concentrazioni definite dai limiti di legge 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 = 6 fibrille in una settimana: effetto di sommatoria.
L’amianto, detto anche asbesto, è un minerale costituito sostanzialmente da silicati di varia composizione chimica. Questa diversità condiziona sia la forma delle fibrille (strutture con una lunghezza tre volte maggiore del diametro), sia la loro denominazione, sia ancora la loro nocività per l’uomo e per animali sinantropici, come il cane. L’azione patogena, oltre ad una prima fase prodromica irritativo-flogistica sulle strutture dell’organismo di primo impatto, implica effetti cancerogeni a carico di diversi tipi cellulari, tessutali, e d’organo. L’azione cancerogena dell’amianto era già nota, per molti versi e ad opera della ricerca biomedica, quasi contemporaneamente alla sua introduzione come materia prima in parecchie tecnologie richieste dalla rivoluzione industriale che fu attuata a cavallo tra XIX e XX secolo. Successivamente sono intervenuti provvedimenti normativi allo scopo di prevenire l’esposizione a rischio e per proteggere la salute della collettività (lavoratori e popolazione generale). In molti paesi il minerale e’ stato bandito dal tardo XX secolo (anni 1980-1990). Parecchi altri paesi continuano ad estrarre il minerale naturale, a lavorarlo, e a venderlo. Oggigiorno, i limiti di legge prescritti sembrano dare sicurezza agli esposti, ed a chi controlla la loro salute, ma generalmente non si tiene conto che anche pochissime fibrille assunte quotidianamente, col tempo, si sommano nel nostro organismo, raggiugendo il carico (body burden dei ricercatori anglosassoni) di rottura del tiro-alla-fune tra cancerogeni e difese dell’organismo contro il cancro. A questo proposito, già fin d’ora, è utile rammentare il monito di René Truhaut, secondo cui non esistono limiti ammissibili per i cancerogeni, ciò significa: “rischio zero”.
A.2. Fibrille inalate od ingerite - Assorbimento attraverso la mucosa delle vie respiratorie o del tubo gastroenterico
Le fibrille di amianto possono raggiungere l’individuo esposto sia dalla cava del minerale, sia dalla materia prima, sia dal manufatto durante l’uso, sia dallo stesso manufatto dopo l’esaurimento della vita di impiego, quando è in disuso e in via di smaltimento. Vale a dire il rischio patogeno ci può essere “prima, durante, dopo” il suo uso. È ragionevole condividere l’aforisma di L. Mutti (Primario ASL 11 VC) “Dobbiamo giungere al rischio zero perché l’unica fibra di amianto innocua è quella che noi non respiriamo”. Ma non basta non inalare fibrille di amianto, perchè molte altre se ne possono ingerire, con le bevande e anche coi cibi5.
A.3. Recircolazione delle fibrille nel torrente sanguigno
Una volta inalate od ingerite, le fibrille raggiungono l’epitelio della mucosa dell’apparato respiratorio o dell’apparato gastroenterico, rispettivamente. Non è difficile, per gli intrusi killer, superare queste labili barriere per entrare nei capillari sottomucosi, poi nel sistema venulare, quindi in quello venoso centripeto, con l’interposizione o meno del piccolo circolo polmonare, caratterizzato dal fatto che il circolo venoso trasporta sangue ossigenato, al contrario del grande circolo. Infine il cuore provvede a redistribuire il tutto in tutto l’organismo.
A.4. Diffusione in tutti i tessuti ed organi - Localizzazione in qualunque tessuto.
A seguito di questa diffusione ubiquitaria, quasi biologicamente “ecumenica”, non c’è un tessuto, un organo, che possa ritenersi indenne di localizzazione delle fibrille killer. Dal momento in cui un tessuto bersaglio si trova ad ospitare una o piu’ fibrille esso innesca una sequela di eventi reattivi. Il tipo e l’entità di questi fenomeni sono condizionati dalla costituzione del tessuto stesso, o meglio di quella parte di esso in cui si sono annidate le fibrille. È comprensibile che tale funzione di risposta sia svolta dal tessuto connettivo che circonda il vaso di afferenza, oppure da quello che fa da impalcatura stromale di un organo parenchimale. Infatti le cellule attrici della risposta flogistica (infiammatoria) sono prevalentemente quelle connettivali. La reazione infiammatoria non è di tipo acuto, in quanto le fibrille di amianto, nel superare le barriere delle mucose interessate, si sono lasciate alle spalle i batteri eventualmente concomitanti, gli agenti flogogeni che avrebbero richamato i leucociti PMN (polimorfonucleati) per formare il secreto infiammatorio purulento. Quindi non si tratta di un foruncolo microscopico, bensì di un microgranuloma, classica espressione di una flogosi di tipo cronico, costituito da una corteccia di cellule linfocitarie (leucociti ematici mononucleati), cellule connettivali e da fibre connettivali, che tutte insieme inglobano la fibrilla d’amianto. Si è venuta così formando un’entità reattiva detta “corpuscolo dell’asbesto” nella quale il core è destinato a durare a lungo.
A.5. Reazione flogistica di tipo cronico nel punto di localizzazione, con formazione dei corpuscoli dell’asbesto (microgranulomi - Reperto autoptico di corpuscoli dell’asbesto in molti organi del corpo umano.
La letteratura scientifica riporta il ritrovamento, come reperto autoptico a seguito di autopsie di lavoratori esposti all’amianto nei seguenti tessuti: cervello, tiroide, polmone, fegato, pancreas, rene, cuore, milza, surrene, prostata. Questa distribuzione testimonia la diffusione delle fibrille di amianto in tutto il circolo sanguigno ed i tutti gli organi che esso irrora.
A.6. Cancerogenesi a carico delle membrane sierose: pleura, pericardio, peritoneo, tonaca vaginale del testicolo, coi rispettivi mesoteliomi.
Un altro aspetto peculiare che riguarda la localizzazione delle fibrille di amianto a distanza dal punto di ingresso nell’organismo (nel circolo sanguigno) trova conferma dalla localizzazione di una specifica e grave forma di neoplasia maligna di membrane sierose particolarmente suscettibili di tale tipo di cancerogenesi. Si tratta di mesoteliomi che colpiscono la pleura (sierosa che avvolge il polmone), il pericardio (che avviluppa il cuore), il peritoneo (sierosa che avvolge tutti i tratti del tubo gastroenterico, tenue e crasso) e la tonaca vaginale del testicolo, che e’ una derivazione embrionaria del peritoneo. Fin che si tratta della pleura, la sierosa più frequentemente colpita dal mesotelioma, si potrebbe considerare in modo ingannevole questa maggiore frequenza di morbilità come conseguenza della vicinanza della sierosa con la via piu’ comune di ingresso dell’amianto: le coane (narici). Al contrario, le fibrille killer aggrediscono i tessuti bersaglio raggiungendoli alle spalle, cioe’ attraverso il circolo. La lunghezza del tragitto da superare, chilometri di capillari, venule, arteriole, vene, arterie, interposta tra narici e/o bocca da un lato e sierosa colpita, dall’altro, non e’ certo una difficolta’ insormontabile. Infatti, dobbiamo considerare che il tempo di circolo si aggira normalmente attorno a pochi minuti secondi. Tra l’altro, la letteratura scientifica biomedica segnala casi clinici che si pongono fuori dai novero dei fenomeni morbosi piu’ frequentemente descritti come tipici all’amianto. Si tratta dei danni diretti sulla molecola del DNA nucleare dei leucociti circolanti di lavoratori esposti, e di mesotelioma primitivo dell’ovaio in lavoratrici esposte ad amianto, oltre a casi di carcinoma ovarico in operaie che, nelle loro mansioni, avevano usato talco contaminato con il minerale killer. Queste indagini riferiscono casistiche rare, generalmente imprevedibili, ma dimostrano in un modo ancora più completo la pericolosità ubiquitaria dell’amianto per la salute umana.
A.7. Rischio ambientale di esposizione: limite soglia = 0,1 fibra / ml d’aria (DM 6/9/94 ed artt. 24 e 31 del D.Lgs. 277/91).
Il nostro ordinamento giuridico include un provvedimemento legislativo che configura un limite soglia di concentrazione di fibrille d’amianto nell’aria in ambiente occupazionale, quale livello di riferimento quale prova di responsabilità, o meno. Tale limite è stato localizzato dal DM 6 settembre 1994, e dagli artt. 24 e 31 del D.Lgs. 277/91, in 100 fibrille per litro d’aria, anche con riferimento alle condizioni storiche - pregresse dell’ambiente di lavoro. E’ intuitivo come sia estremamente difficile, “contare” strumentalmente, e l’unica valutazione può essere quella presuntiva che si fonda sui parametri sanciti dal successivo D.M. 27.10.04, all’art. 3, e cioè dalla letteratura scientifica, dai casi analoghi, dagli studi epidemiologici etc..
A.8. Meccanismo della cancerogenesi.
Voytek et al. (1990) hanno riferito con chiarezza il meccanismo dell’azione canceragena delle fibrille di amianto. Secono questi autori, le fibrille del minerale localizzate nei diversi tessuti dell’organismo vanno incontro ad un’alterazione metabolica che porta alla formazione di amianto-epossido, la molecola che è il cancerogeno finale, responsabile della lesione della molecola del DNA. Tutto questo avviene quando la molecola bersaglio è il DNA dei nuclei dei leucociti circolanti, delle cellule parenchimali dell’ovaio, delle cellule delle sierose: pleurica, pericardica, peritoneale, o della tonaca vaginale del testicolo. Questo fenomeno di trasformazione di un pre-cancerogeno, l’amianto tal quale, in cancerogeno vero e proprio, l’amianto-epossido, è favorito dallo squilibrio della bilancia perossidativa dei tessuti in senso pro-ossidante. Quando i fattori pro-ossidanti sopraffanno quelli anti-ossidanti si verifica l’intervento di un agente patogeno che, di per se stesso insufficiente a causare patologia, agisce quale concausa efficace che non va trascurata. Infatti, a questo proposito, si può evocare l’immagine di una pistola come arma di un omicidio. Non è sufficiente l’arma con il proiettile in canna, ma occorrono che la sicura sia disattivata e che un dito prema il grilletto, sebbene questi due elementi (concause), senza i primi, non bastino per uccidere, ma sono cofattori efficaci perchè l’arma uccida.
Anche per l’amianto, per esso l’amianto epossido, il meccanismo della cancerogenesi parte dalla prima tappa, comune a tutti i cancerogeni: l’alterazione del DNA. La lesione primaria, se non eccede in quantità e durata i meccanismi di difesa dell’organismo, puo’ anche essere riparata, in prima battuta grazie agli enzimi riparatori specifici, in seconda istanza, dal sistema immunitario che rigetta le cellule arrivate ad essere cancerose. Si è visto che le fibrille del minerale nocivo possono localizzarsi in qualunque distretto dell’organismo, e dovunque possono danneggiare la molecola del DNA. Quindi, semplicisticamente, potremmo anche aspettarci un tipo di tumore uniformemente monotono in tutte le sedi; al contrario, ogni tipo di tessuto risponde allo stimolo morboso a modo suo, condizionando non solo le caratteristiche morfologiche della neoplasia, ma anche il tempo di latenza, la frequenza - o prevalenza - in una popolazione esposta, la velocità di crescita, in breve, la storia naturale dell’affezione maligna. Tutto ciò poi si integra anche con le caratteristiche metaboliche dei tessuti dell’individuo colpito dalla noxa morbigena: vale a dire, l’età del soggetto, il suo stato nutrizionale, soprattutto l’equilibrio della bilancia perossidativa, oltre alla presenza od assenza di altre esposizioni nocive. Queste condizioni biologiche, attraverso il contributo del sinergismo e del potenziamento, possono stare alla base dell’estema variabilita’ delle risposte patologiche al medesimo agente nocivo, che si affiancano alle patologie classiche asbesto-correlate, qual’e’ il mesotelioma pleurico.
Il cumulo di tutte queste considerazioni ed informazioni potrebbe costituire un patrimonio unico e prezioso, nelle mani dei sanitari più o meno “competenti” ope legis, chiamati ad esercitare sul paziente – o sul soggetto ancora solamente esposto alle fibrille killer – la cosiddetta sorveglianza sanitaria. Infatti, la salute del Nostro avrebbe bisogno di tanta scienza e di altrettanta coscienza.
A proposito di patologia amianto-correlata di tessuti dell’organismo diversi dalle sierose (pleura, pericardio, peritoneo, ecc.) la letteratura scientifica citata in precedenza ha dato un’idea della partecipazione anche dell’apparato gastroenterico. Altre pubblicazioni recenti, reperibili liberamente nelle fonti bibliografiche, hanno descritto la partecipazione dei tessuti linfoemopoietici alla funzione di bersaglio del cancerogeno amianto, basate su ricerche sperimentali e/o epidemiologiche osservazionali. Si tratta di: Kagan (1979) - leucemia linfocitaria cronica, mieloma IgA e mieloma IgG, Waxweiler e Robinson (1983) - linfoma non-Hodgkin, Kagan e Jacobson (1983) - leucemia cronica linfocitaria, mieloma IgG e mieloma IgA, Battista et al. (1999) – mieloma muliplo, e Becker et al. (2001) – linfomi maligni. In termini concreti, ciò significa che, almeno dal 1979 in poi, non sarebbe stato più possibile ascrivere all’esposizione ad amianto il solo mesotelioma pleurico, ma anche ad una moltitudine di altre affezioni letali: letteratura scientifica docet.
A.9. Potenziamento tossicologico 1 + 1 + 1 = 9, 10 e piu’:
La letteratura scientifica ha messo in evidenza che l’abitudine di fumare tabacco comporta un potenziamento del rischio, e della patologia amianto-correlata. Questo fenomeno trova un’espressione significativa nell’equazione che suggerisce i rapporti quantitativi degli effetti dei due agenti patogeni: Fumo di tabacco + Amianto = [10 x + 13 x] non 23 x ma 50-60 volte.
Altrettante considerazioni meritano di essere fatte a proposito di un’altra circostanza, questa volta iatrogena, che può essere considerata quale possibile concausa effettiva della patologia amianto-correlata. Si tratta di una terapia marziale attuata col proposito di curare un’anemia somministrando Fe inorganico per via parenterale: questo comporta un aumento delle specie reattive dell’ossigeno, con squilibrio della bilancia perossidativa in senso pro-ossidante. Effetti analoghi possono essere realizzati con altre pratiche iatrogene, questa volta a scopo diagnostico e non terapeutico, come l’esposizione a radiazioni ionizzanti: esse comportano un depauperamento delle difese organiche contro i cancerogeni.
Concludo che è necessario opporsi fortemente al progetto di “alta velocità” ritenendo opportuno che si eseguano lavori di miglioria della linea già esistente.
Saluti.
Roma, 17.12.2012
Il Presidente
(Avv. Ezio Bonanni)
1 Vocabolario della lingua italiana, Ist. Enc. Italiana Treccani, Roma 1994.
2 N.Tommaseo, B.Bellini, Dizionario della lingua italiana, voce ‘antofillite’,vol. I, UTE Ed,Torino 1865.
3 C.Anfosso, Dizionario di igiene popolare, Sonzogno Ed., Milano 1899.
4 Riferimenti Bibliografici: Battista G., Belli S., Comba P., Fiumalbi C., Grignoli M., Loi F., Orsi D., Paredes I. Mortality due to asbestos-related causes among railway carriage construction and repair workers. Mortalita’ dovuta a cause correlate all’asbesto tra i lvoratori della costruzione di vetture ferroviarie e della loro riparazione. Occup Med (Lond). 49 , 536-539, 1999; Becker N., Berger J., Bolm-Audorff U., Asbestos exposure and malignant lymphomas - a review of the epidemiological literature. Esposizione ad asbesto e linfomi maligni – una rassegna della letteratura epidemiologica. Int Arch Occup Environ Health. 74, 459-469, 2001. Review; Cotruvo J. A, COMMENTARY: Asbestos in Drinking Water: A Status Report; COMMENTARIO: Asbesto nell’acqua da bere: un rapporto sullo stato dell’arte Environ. Health Perspect. 53, 181-183, 1983; T.J. Delahunty & D. Hollander, Toxic effect on rat small intestine of chronic administration of asbestos in drinking water. Effetto nocivo sull’intestino tenue del ratto da somminstrazione cronica di asbesto nell’acqua da bere. Toxicol Letters, 39, 205-209, 1987; Donham K. J., Berg J. W., Will L. A., Leininger J. R., The Effects of Long-Term Ingestion of Asbestos on the Colon of F344 Rats, Gli effetti dell’ingestione prolungata di asbesto sul colon di ratti F344 Cancer 45, 1073-1084, 1980; Hallenbeck W.H., Hesse C.S, A review of the health effects of ingested asbestos, Una rassegna degli effetti sulla salute dell’asbesto ingerito Rev. Environ. Health 2, 157-166,1977; Kagan E., Jacobson R.J. , Lymphoid and plasma cell malignancies: asbestos-related disorders of long latency. Tumori maligni di cellule linfoidi e di plasmacellule: disturbi correlati all’asbesto con una lunga latenza. Am J Clin Pathol 80, 14-20, 1983; Kagan E., Jacobson R.J., Yeung K.Y., Haidak D.J., Nachnani G.H. Asbestos-associated neoplasms of B cell lineage. Neoplasie asbesto-correlate della linea cellulare B. Am J Med 67, 325-330, 1979; Pepelko W. E., Effect of exposure route on potency of carcinogens, Effetto della via di esposizione sulla potenza dei cancerogeni Regulat. Toxicol. Pharmacol., 13, 3-17, 1991; Waxweiler R., Robinson C., Asbestos and non-Hodgkin's lymphoma. Asbesto e linfoma non-Hodgkin. Lancet. 1(8317), 189-190, 1983.
5 La ricerca biomedica, sia quella sperimentale, sia quella epidemiologica osservazionale, ha dimostrato la nocivita’ dell’amianto ingerito. La pubblicazione piu’ significativa è quella di Hallenbeck & Hesse (1977) secondo la quale gli studi dell‘ingestione negli animali e delle autopsie umane suggeriscono che le fibre di asbesto possono penetrare nella parete intestinale e migrare verso altre localizzazioni nell’organismo. Poi Donham et al. (1980) hanno evidenziato l’insorgenza di un mesotelioma maligno, del tipo provocato da asbesto iniettato intraperitoneo, nel ratto alimentato con dieta contenente asbesto; in base all’evidenza della penetrazione delle fibre di asbesto nei tessuti del colon, indagini di microscopia elettronica, questi autori concludono che l’asbesto ingerito non è innocuo per il colon, né per distretti dell’organismo in cui si localizzano le fibrille killer. Infine Cotruvo (1983) ha riferito che l’evidenza epidemiologica del rischio da ingestione di acqua contenente fibre di asbesto non è convincente, tuttavia il cancro gastrointestinale di origine occupazionale può indicare un rischio da ingestione. Secondo Delahunty e Hollander (1987) la somministrazione cronica di fibre di asbesto nell’acqua da bere nel ratto porta alla diminuzione della capacità della parete intestinale di assorbire zuccheri scarsamente metabolizzabili impiegati come modello sperimentale; tale fenomeno dimostra un danno funzionale diretto sulla parete intestinale dovuto all’asbesto ingerito. Pepelko (1991) ha studiato le differenze del potere cancerogeno di alcuni agenti morbigeni, nel ratto e nel topo, dipendenti dalle vie di somministrazione, inalatoria o gastrointestinale; nel ratto, differenze nella potenza superiori a 10 volte furono trovate per l’asbesto, il cloruro di vinile, e l’idrazina. Nel caso dell’asbesto, l’agente si trovava comunemente sotto forma di materiale particellare relativamente insolubile. Secondo questo autore, la maggiore potenza cancerogena espressa dalla somministrazione per via inalatoria, rispetto a quella orale, è verosimilmente dovuta alla maggiore lunghezza del tempo di soggiorno negli alveoli polmonari rispetto a quello nell’intestino; ciò favorirebbe una maggiore biodisponibilità con una maggiore azione morbigena. Parallelamente, nel corso degli ultimi decenni, altri autori hanno riferito risultati negativi per la cancerogenicità dell’asbesto ingerito.

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