Purtroppo, venerdí 11 novembre il Senato ha approvato un testo di riforma delle aree protette che vanifica quanto richiesto dalle associazioni ambientaliste e dai cittadini: il Gruppo dei Trenta e il Movimento 5 Stelle, che ha dato voto contrario, sono molto critici in merito a quanto è stato approvato.
La tendenza a gestire Parchi e aree protette come fossero delle aziende commerciali è sempre più evidente: ci riserveremo di studiare e commentare il testo approvato.
Intanto, qui di seguito riportiamo uno stralcio delle dichiarazioni del Gruppo dei Trenta:
Il “Gruppo dei 30” elenca quelle che ritiene le 10 misure maggiormente peggiorative inserite nel pdl di “riforma” della 394, eccole:
1) per la nomina del presidente non verrebbe richiesto alcun titolo concernente la conservazione della natura che è la “mission” dei parchi, ma solo una “comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni, ovvero di indirizzo o di gestione in strutture pubbliche e private” .
2) il direttore non verrebbe più scelto in base alle competenza naturalistiche e culturali ma secondo una “comprovata” e non meglio precisata “esperienza professionale di tipo “gestionale”. Inoltre non verrebbe più nominato dal Ministro tra un elenco di competenti (che esiste, non viene aggiornato da anni dal Ministero Ambiente e si vorrebbe abolire!) ma sarebbe nominato dal locale Consiglio direttivo, di fatto dall’uomo di partito – Presidente del Parco che sceglierebbe il Direttore tra persone di sua fiducia e dalle competenze imprecisate ovviamente uno yes man del Presidente stesso.
3) gli agricoltori entrerebbero a far parte dei Consigli direttivi dei parchi. E allora perché non altri soggetti economici che non hanno titolo in tema di conservazione della natura come i cavatori di ghiaia , di marmo, i pescatori , le cooperative di tagliaboschi, ecc?
4) un ‘associazione privata come Federparchi , incredibilmente diventerebbe la rappresentante ufficiale dei Parchi nazionali italiani, la qual cosa, oltre che gravemente lesiva dell’autonomia degli Enti parco, è vista dai giuristi come potenzialmente incostituzionale.
5) le attività economiche con impatto sull’ambiente dei Parchi , come nel caso degli impianti di estrazioni petrolifere, pagherebbero royalties decretando in tal modo, come cavalli di Troia, la fine dell’indipendenza degli stessi.
6) all’interno dei consigli direttivi la componente scientifica e conservazionista (già oggi fortemente ridotte) diminuirebbe ancora a favore dei portatori di interessi locali e di parte.
7) nulla si dice poi, circa un deciso potenziamento della sorveglianza e delle dotazioni organiche totalmente insufficienti all’interno delle aree protette nazionali e delle Aree Marine Protette.
8) sul possibile Parco nazionale del Delta del Po il “mancato raggiungimento dell’intesa tra Regioni precluderebbe l’adozione di un decreto sostitutivo del Governo”. Leggasi: non si farà mai.
9) sulla caccia. Modificando la legge precedente nelle cosiddette “aree contigue” ai parchi (una delle tante carenze di applicazione della 394/91) la caccia sarebbe permessa non più solo ai residenti – come si era civilmente prospettato con la 394 – ma anche a cacciatori provenienti dall’esterno- Allo stesso tempo la gestione faunistica viene affrontata in un modo assolutamente superficiale e inconsapevole della realtà, sia dei parchi che degli ecosistemi italiani.
10) è totalmente aggirato il principio (presente nella 394/91) della completa omologazione delle Aree Marine Protette ai Parchi nazionali. Viceversa le A.M.P. vengono lasciate in una situazione di totale indeterminatezza e in balia di improbabili Consorzi ai quali non vengono neppure conferiti i fondi necessari al funzionamento.
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