Torino,
21 gennaio 2016
Comunicato
stampa
Pendolaria, il dossier di Legambiente sul
trasporto ferroviario pendolare
Piemonte,
continua l’emorragia quotidiana di pendolari: 35.000
in meno rispetto al 2011
Legambiente:
“Serve un cambiamento delle priorità, per passare dalle grandi
opere inutili a quelle davvero utili. Le gare regionali per il
servizio ferroviario tengano conto delle
aree meno popolate”
Un Paese con sempre più treni
di Serie A e B, dove si evidenzia in
alcune aree una vera e propria emergenza per i pendolari. È quanto
emerge da Pendolaria
2015, il
dossier di Legambiente presentato oggi nell’ambito della campagna
che ha al centro dell’attenzione la situazione e gli scenari del
trasporto ferroviario pendolare in Italia.
Da una parte il successo di treni sempre più
moderni e veloci che si muovono tra Salerno, Torino e Venezia -con
un’offerta sempre più ampia, articolata e con sempre più persone
ogni giorno sui Frecciarossa (+7,7% nel 2014 ed una previsione nel
2015 tra il 6 ed il 7% di ulteriore crescita) e Italo- e
dall’altra la progressiva riduzione dei treni Intercity e dei
collegamenti a lunga percorrenza (-22,7%
dal 2010 al 2014) su tutte le altre
direttrici nazionali, dove si è rimasti fermi agli anni Ottanta come
tempi di percorrenza. La novità è che un’analoga situazione si
evidenzia sempre di più anche tra le Regioni. Sono 2
milioni e 842 mila i passeggeri che ogni giorno usufruiscono del
servizio ferroviario regionale, e
nell’aumento generale (+2,5% rispetto al 2014) vi sono situazioni
molto diverse.
In Lombardia sono arrivati a 703 mila (con un
+4,9%), crescono anche in Puglia (+2,8%), mentre diminuiscono in
Sardegna (-9,4%) e in Umbria (-3,3%). Emblematica la situazione in
Campania, dove malgrado i pendolari siano tornati a crescere, siamo
comunque a -130 mila al giorno rispetto al 2009, e in Piemonte,
dove dopo la cancellazione di 14 linee avvenuta nel 2011, sono 35.000
i viaggiatori al giorno in meno. La
ragione di queste dinamiche differenti è nei tagli
al servizio ferroviario regionale che complessivamente dal 2010 sono
stati pari al 6,5%. In parallelo il
record di aumento del costo dei
biglietti si è registrato in Piemonte con +47%,
in Liguria del 41%, del 25% in Abruzzo e Umbria, a fronte di un
servizio che non ha avuto alcun miglioramento. In alcuni territori
sono invece proprio scomparsi i treni, visto che in questi anni sono
stati chiusi 1.189 chilometri di linee
ferroviarie.
Per l’associazione ambientalista
l’avvicendamento tra Maurizio Lupi e Graziano Delrio al Ministero
delle Infrastrutture ha portato alcuni cambiamenti positivi. In
primo luogo l’approvazione della Delega Appalti, che ha finalmente
cancellato la Legge Obiettivo introducendo regole chiare per
progettazione, controlli, collaudi delle opere, e poi negli
stanziamenti previsti nella Legge di Stabilità 2016 per il trasporto
merci ferroviario e marittimo, per le ciclovie. Ora però serve una
riforma complessiva del Ministero in modo da chiudere per sempre la
stagione delle grandi opere inutili e spostare attenzione e
investimenti nelle aree urbane e in una visione integrata dei
trasporti per ridurre le differenze nel Paese. Per Legambiente la
situazione che vivono i pendolari è, infatti, figlia di precise
responsabilità politiche in questi anni da parte del Ministero delle
Infrastrutture e Trasporti e delle Regioni. Il Ministero
avrebbe le leve in mano per garantire
un servizio dignitoso, intervenendo in particolare per rivedere le
priorità di investimento infrastrutturali, per approvare un nuovo
contratto di servizio per i collegamenti universali (Intercity)
scaduto nel 2014, per controllare lo stato del servizio nelle Regioni
e accompagnare il delicatissimo passaggio alle gare, in una fase di
privatizzazione delle Ferrovie dello Stato. Le
Regioni dal 2001 hanno la
responsabilità per il servizio ferroviario regionale, ma hanno
investito poco -anche qui il Piemonte è in fondo alla
classifica con lo 0,04% della spesa rispetto al bilancio annuale-
e, malgrado differenze negli investimenti è evidente la diffusa
necessità di un salto di qualità nelle politiche.
“Serve subito un cambio delle priorità per
passare dalle grandi e costosissime opere inutili a quelle utili e
urgenti nelle città e per ripristinare le linee tagliate negli
ultimi anni, così da migliorare la qualità della vita dei cittadini
ma anche rendere più salubre l'aria che respiriamo –dichiara Fabio
Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-.
Ci auguriamo che i piemontesi che in questi anni hanno dovuto
abbandonare il treno possano tornare presto a scegliere il mezzo
pubblico. Per rendere questa speranza una realtà è necessario un
forte impegno da parte della Regione, anche in termini economici,
così come si è fatto per il servizio ferroviario
metropolitano torinese. Vengano dunque abbandonati
i costosissimi progetti per le grandi opere come l'alta velocità
Torino-Lione e il Terzo Valico e vengano destinate maggiori risorse
al servizio ferroviario locale. Vengano inoltre ammodernate le linee
esistenti, così come chiesto da associazioni, comitati pendolari e
Sindaci di tutto il Piemonte. Nel costruire le nuove gare di
appalto per il servizio ferroviario la Regione tenga conto delle
esigenze degli utenti di tutto il territorio, anche delle aree meno
popolate, e lo faccia in modo partecipato, costituendo
un tavolo di confronto permanente insieme ai comitati
pendolari, alle associazioni ambientaliste, alle associazioni
consumatori e a tutti i soggetti interessati dal buon funzionamento
del servizio”.
Risorse e Investimenti
Le scuse non valgono, nel bilancio dello Stato le
risorse ci sono per realizzare, con una seria programmazione, un
salto di qualità nel servizio ferroviario.
Da dove partire? Tagliando
gli incentivi all’autotrasporto, che
nella Legge di Stabilità 2016 beneficia di 250
milioni di euro di sconti sui pedaggi autostradali, e di
3 miliardi di Euro di sconti
sull’accisa. Spostando le risorse dalle infrastrutture stradali a
quelle ferroviarie, visto che con lo
Sblocca Italia sono stati stanziati 1.530 milioni di euro per le
strade e autostrade, e nel 2015
il Governo Renzi è anche intervenuto per salvare dal fallimento la
prima autostrada realizzata in Italia in regime di project financing,
la BreBeMi, con 320 milioni di Euro,
oltre al prolungamento della Concessione. Queste politiche sono tanto
più sbagliate perché è nelle città
il deficit infrastrutturale italiano,
in termini di dotazioni di linee metropolitane, tram, ferrovie
suburbane rispetto all’Europa.
Le
Proposte per rilanciare il trasporto ferroviario
Ogni giorno nelle città italiane tra servizio
regionale e metropolitano sono
oltre 5,4 milioni i viaggiatori al
giorno. Per l’associazione
ambientalista occorre porsi obiettivi ambiziosi per fare della
mobilità una sfida prioritaria per modernizzare il Paese e
realizzare gli impegni fissati alla Cop21 di Parigi e dall’Unione
Europea al 2030 in termini di riduzione delle emissioni di CO2.
Per questo il Governo deve avere il
coraggio di operare alcune scelte sulle priorità di investimento nei
prossimi anni: 1) Realizzare gli
investimenti nella rete ferroviaria
spostando il 50% degli investimenti previsti dal Contratto di
Programma di RFI nei nodi urbani e nel
Sud. Le risorse ci sono, bisogna
muoverle dalle grandi opere alle città. 2) Lanciare un programma di
nuove linee di Tram e Metropolitane
nelle città, attraverso un fondo da
finanziare con 500 milioni all’anno da prendere dai sussidi
all’autotrasporto (che valgono 3 miliardi di Euro all’anno
attraverso l’esonero dell’accisa) e concentrando qui gli
investimenti del Piano Juncker e della BEI che oggi prevedono di
realizzare autostrade (come la pedemontana veneta, la pedemontana
lombarda e la terza corsia della Serenissima (A4). 3) Potenziare
il servizio ferroviario regionale con
500 milioni di euro all’anno da destinare al fondo per il TPL e il
trasporto ferroviario regionale dopo i tagli degli ultimi anni. 4)
Comprare nuovi treni,
per cambiare la situazione nelle Regioni italiane servono infatti
almeno 500 milioni di euro all’anno per dieci anni, attraverso un
cofinanziamento Statale, regionale e utilizzando i fondi del Piano
Juncker. Anche qui, le risorse ci sono e il Ministero delle
Infrastrutture ha tutte le possibilità di spostarle
dall’autotrasporto o dagli introiti delle concessionarie
autostradali, dalle risorse previste per l’Anas. In parallelo le
Regioni devono raggiungere una spesa pari al 5% del bilancio
regionale, per potenziare i servizi e
sostituire il materiale rotabile.
Il dossier su:
http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/pendolaria-2015
Ufficio stampa Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta: 011.2215851 –
349.2572806
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