mercoledì 21 settembre 2016

LA ZUCCA E L'ARTE DI DIPINGERLA

Il conto alla rovescia prosegue e l'occhio preoccupato va spesso alle previsioni meteo, che tuttavia continuano a promettere un cielo sereno e un sole splendente!
La macchina organizzativa procede a buon ritmo e stiamo lavorando sulla disposizione dei banchi... 
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Intanto, tra una mail e una telefonata, abbiamo avuto il tempo di sbirciare la Rete per scovare altre curiosità che riguardano la protagonista della nostra festa.
E ...sorpresa: chi l'avrebbe mai detto che la Zucca avesse un côté, come dire, piccante...?
Guardate un po' qui sotto cosa ci svela il sito StileArte sul nostro ortaggio

La zucca, significati simbolici nell’arte

Raffaello e aiuti ,Loggia di Amore e Psiche. Festoni di Giovanni da Udine. Mercurio è attribuito a Giulio Romano, su disegno di Raffaello, 1517. Roma, Farnesina. Raffaello aveva realizzato, in questo palazzo, Il trionfo di Galatea, nel 1511, negli anni del suo esordio romano

Dal nuovo mondo, con pomodori, patate, angurie ed altre varietà vegetali, la zucca si impose immediatamente in Europa come trionfo di feriale bellezza; prima nelle corti, poi a livello popolare. Si presentava con caratteri di assoluta straordinarietà, per dimensioni imponenti, forme singolari, colori intensi che vanno dall’arancione al verde azzurro, ben sagomata quanto un turbante orientale o un serpente, forte contenitore di una polpa compatta e coloratissima che poteva resistere per lungo tempo in ambienti asciutti, così ricca di semi festosi ai quali si riconoscevano capacità medicamentose e la propiziazione del denaro. Essa apparve subito come un frutto prodigioso e, in breve tempo fu sperimentata tanto in cucina quanto nell’arte come novità assolutamente seducente.

Tra i primi ad accogliere iconograficamente questa novità, a poco più di vent’anni dalla scoperta dell’America, fu Raffaello che fece rappresentare al suo collaboratore, Giovanni da Udine una grossa zucca di provenienza americana, aperta alla base come una cornucopia ricca di semi – e pertanto di denaro – trasformandola in un nuovo attributo di Ermes-Mercurio, l’alato messaggero degli dei, il dio dell’intelligenza concreta e pertanto, l’olimpico protettore dei commerci. Era un’immagine che intendeva propiziare una continuità d’abbondanza e fortuna al banchiere senese Agostino Chigi, amico di Raffaello, committente degli affreschi, che era diventato ricchissimo con il commercio di allume e che aveva aperto, con fortuna, un banco finanziario. .....
Sicchè la zucca aperta, nell’affresco, è come la pentolaccia, negli antichi giochi popolari, che libera il seme-denaro, facendo piovere sonanti monete su chi l’ha colpita.

Le zucche provenienti dall’America furono subito identificate, per l’ampiezza, la bellezza e la ricchezza di semi, come portatrici di denaro e prosperità, quanto, oggi, il melograno o le lenticchie. La natura feconda della specie  vegetale è dimostrata, sempre nel festone di Giovanni da Udine , non distante da Mercurio, da una liaison dangereuse di natura sessuale. Una zucca oblunga, realizzata inequivocabilmente come l’organo maschile si avvicina ad un fico. Fichi con questa connotazione sessuale sono registrati ampiamente nella pittura cinquecentesca, dal bolognese Bartolomeo Passerotti al fiammingo Joachim Beuckelaer.

Al di là delle connotazioni simboliche a cui si prestavano le zucche americane – che Giovanni da Udine, dipinse con tanta sollecitudine, cogliendo la novità che giungeva dal nuovo mondo e testimoniando l’interesse che esse suscitavano presso le principali corti – il frutto aveva in sé connotati regali: era un soggetto straordinariamente pittorico; spesso sagomato a livello della scorza, quanto i copricapo alla turchesca,; era allegro, imponente e prodigioso. Una scultura vegetale, una ceramica, un oggetto che, come il pomodoro, ebbe inizialmente caratteri eminentemente decorativi presso le élites, per poi entrare nei menù, con sapori di contrappunto che avrebbero anticipato la nouvelle cuisine.

Pieter Aetrsen, La fruttivendola
Pieter Aetrsen, La fruttivendola.
In questo dipinto deve essere notata la presenza di frutta e verdura, con un buon numero di zucche. Il soggetto dell’abbondanza si collega alla fecondità e alla riproduzione umana, come testimoniano la donna e l’uomo abbracciati, in secondo piano, nello specchio della porta. La zucca è in molti casi accostata al melone, frutto euroasiatico già diffuso fin dal tempo dei Romani   alcune analogie cromatiche soprattutto della polpa, per l’ampio endocarpo ricco di semi

Joachim Bueckelaer, Mercato in campagna. L’uomo, che si accinge a toccare il seno alla fruttivendola è un venditore di selvaggina. In primo piano, la zucca della prosperità. Il pittore rende, in questo modo la natura sanguigna del maschio e la natura linfatica della donna

A metà del  Cinquecento la zucca americana, nelle sue numerosi varianti, apparve con sempre maggior frequenza nei quadri dedicati ai cosiddetti mercati – che, in realtà, nascondevano, sottotraccia, finalità propiziatorie o comico grottesche legate al rapporto tra materia e sessualità, come avviene nei fiammingo Pieter Aertsen (Amsterdam, 1508-1575) e nel nipote Joachim  Beuckelaer  (Anversa, 1530 circa, 1573), collezionato dai Farnese. Essa può alludere al tempo stesso alle rotondità femminili, ma soprattutto, alla gravidanza, come possiamo osservare nell’opera di Joachim Beuckelaer o della sua scuola, in cui l’uomo procede con le avance e la donna appoggia le mani a un frutto americano e a un melone.

Joachim Beuckelaer e scuola (attribuito), Mercato. L’uomo cinge la donna. L’allusione alla gravidanza è rappresentata dal contatto della stessa con un melone e una zucca, entrambi simboli di fecondità e di prosperità. L’allusione erotica è completata dal rafforzamento delle identità sessuali dei due mercanti. Alla nostra destra, nell’area occupata dalla donna, il pittore dipinge frutti tondi, caratterizzati dalla presenza di convessità lineari, mentre dal lato del maschio dipinge cetrioli, teste d’aglio, carote, piselli e baccelli.


Per mostrare la ricchezza intima, molto spesso la zucca viene tagliata, come accade in due versioni della Fruttivendola del lombardo Vincenzo Campi (1536-1591), nelle quali il frutto viene esibito con la priorità impaginativa di un trofeo, in una collocazione eminente ed evidente, squadernata, quasi impudica, con la concavità ricca di semi e di filamenti dell’endocarpo, che vengono rilevati dal pittore con un’attenzione traslata allusivamente in altre direzioni semantiche.





Vincenzo Campi, Fruttivendola.
L’artista cremonese, temendo d’essere equivocato, corregge la possibile interpretazione pagana del dipinto, inserendo il giglio dell’Annunciazione, fiore cristiano, e ascrivendo, in questo modo a Dio ogni merito della Creazione della varietà dei frutti. Il quadro non rappresenta, in effetti, semplicemente una fruttivendola, ma raffigura la personificazione della natura. Alla sua esposizione, infatti, non manca nulla. Tutte le stagioni sono rappresentate, come non sarebbe potuto avvenire, sullo stesso banco, a quei tempi



Vincenzo Campi, Fruttivendola.
Il quadro pone in massima evidenza, nel punto superiore dell’esposizione, il cesto di zucche,
una delle quale è tagliata per mostrarne l’interno ricco di semi.
E’ l’unico frutto del quale viene evidenziato anche l’interno

                                                                          

Vincenzo Campi, Pescivendola. In basso, in primo piano, il polpo che avviluppa la zucca, quest’ultima fuori contesto merceologico. I pesci sono rappresentazioni della sessualità maschile, mentre la zucca di quella femminile. Il polipo che abbraccia la feconda zucca è immagine traslata dell’accoppiamento umano, che porta alla nascita del bambino



Vincenzo Campi, Fruttivendola. Sulle gambe della donna, che indossa ricche collane di corallo ed è vestita elegantemente poiché impersona la Natura, la zucca tagliata. Alla sua destra il maschio, che impugna un mazzo di porri, attributi maschili. E’ stato anche studiato il gesto di inserimento nel mignolo nell’orecchio, che, nell’antico linguaggio dei gesti, costituiva un’avance di tipo esplicitamente erotico.
La scena è completata, in secondo piano, dalla raccolta di frutti da parte di un maschio, sull’albero, che li getta nel grembiale e, pertanto, nel grembo della donna, a terra.

Nello stesso periodo un altro lombardo, Giuseppe Arcimboldi (1526-1593) che migra alla corte alchemica di Praga, dove la realtà viene osservata nella sua rappresentazione che conduce ai cardinali e agli universali, crea, attraverso la giustapposizione di elementi naturali, la rappresentazione degli eterni creatori della materia. Come ben sappiamo, Arcimboldi opera – muovendo da principi estrapolati dall’arte musiva e pittorica romana e etrusca che già aveva rappresentato Vertumno, il dio italico dell’autunno-inverno, con la capigliatura formata da frutti, come se lui stesso fosse un albero fruttifero – porta alle estreme conseguenze concettuali la rappresentazione della materia, dimostrando, secondo il pensiero neoplatonico che il mondo è formato da eoni – cioè da emanazioni divine. E solo osservando l’insieme che il disegno della natura porta all’immagine del suo creatore. In Vertumnus, dedicato all’imperatore, l’artista lombardo utilizza i frutti di tutte le stagioni e alla zucca viene assegnato il compito di rappresentare il torace, sede del cuore.

Giuseppe Arcimboldi. Vertumnus
Giuseppe Arcimboldi. Vertumnus

Il significato iconologico delle zucche a fiaschetta

Nei primi decenni del Seicento assistiamo, nell’arte, allo sviluppo dello still life, al quale furono poste le basi, tra i Paesi fiamminghi, Cremona, Milano e Bologna alla metà del XVI secolo. Si recuperava, in questo modo, la pittura romana degli xenia, dipinti di frutta che sottolineavano la ricchezza della casa e richiamavano, sullo stesso edificio, nuova prosperità, attraverso il dono reale di frutta, in un cestino, agli invitati che avevano partecipato al pranzo.  E le zucche spandono le loro forme opime, la loro natura prospera, la loro polpa difficilmente espugnabile dagli animali, in diverse tele. Va sottolineato un aspetto sociale e antropologico di rilievo: mentre gli artisti mettono in rilievo zucche americane nelle nature morte, nei bodegones o nelle pitture di mercati, evidenziano la presenza di zucchette a forma di fiaschetta, collegandole essenzialmente al mondo popolare dei lavoratori o dei pellegrini.
Bisogna, a questo punto, aprire una breve parentesi botanica. La scoperta dell’America portò nel vecchio continente l’antenata della zucca di Halloween e numerose altre varietà; ma Europa e Asia conoscevano già, da tempi antichissimi, la Lagenaria, una zucca di piccole dimensioni, somigliante a una fiaschetta ( o forse dovremmo dire che per la forma della fiaschetta di vetro ci si ispirò alla lagenaria?) . Almeno dai tempi dei Romani, questo frutto asiatico ed europeo veniva consumato dal popolo che lo svuotava della polpa – poi lessata o cotta nel forno, accanto al pane-  e ne trasformava la scorza in contenitori leggeri e impermeabili, perfetti soprattutto per contenere l’acqua. Non v’era bastone o cinta di un camminatore che non avesse appesa – come appare in diversi casi nell’iconografia pittorica di san Rocco o di San Giacomo – la bella bottiglia vegetale. La presenza della zucca arcaica nei dipinti o nelle statue è particolarmente legata alla dimensione del viaggio e appare pertanto collegata ai pellegrini , ai vagabondi o santi in cammino.
Anonimo intagliatore, San Rocco con cane, legno, XVIII secolo, 133 com, Vegna
Anonimo intagliatore, San Rocco con cane, legno, XVIII secolo, 133 com, Vegna


George de La Tour (1593-1652), San Giacomo Maggiore. Il santo è rappresentato come i pellegrini che si recavano al suo sepolcro a Santiago di Compostela: il bordone per il viaggio alla quale è assicurata la fiaschetta di zucca, l’ampio cappello sul quale,come sull’abito, è cucita una valva di capasanta o pecten jacobeus, La conchiglia era la prova che i pellegrini si erano recati a Compostela e nella sua regione. La capasanta, in alcuni casi usata per il battesimo, costituiva anche un documento di esenzione dai pedaggi, riservata ai pellegrini. Tuttora i negozi della zona di Compostela vendono bastoni, zucche e conchiglie.



Van Leyda, Mendicante, 1509
Van Leyda, Mendicante, 1509

Si attestano pure testimonianze scritte o, ancora iconografiche, dell’uso della fiaschetta di zucca come portalampada e portacera per illuminare gli ambienti mentre le fonti ne testimoniano l’uso casalingo per la conservazione di uno degli elementi più preziosi: il sale.


l’Arithmetica, raffigurata in aspetto muliebre da Maarten de Vos e incisa da Giovanni I Sadeler nella seconda metà del ‘500,  "Tradit Arithmetiche numeros sparsimque vagantes colligit et certa in summas ratione coercet." (L’Aritmetica insegna i numeri e quelli qua e là vaganti con calcolo esatto assomma).
Allegoria dell’’Arithmetica, disegno di Maarten de Vos, incisione di Giovanni Sadeler, Seconda metà nella seconda metà del ‘500. L’aritmetica è qui intesa come addizione e pertanto in un connotato di accumulo, positivo. La lettura della didascalia in latino e la presenza dei frutti da noi esaminati, consentono di ribadire che la zucca è legata al concetto di prosperità. “Tradit Arithmetiche numeros sparsimque vagantes colligit et certa in summas ratione coercet.” (L’Aritmetica insegna i numeri e quelli qua e là vaganti con calcolo esatto assomma).

Avere in sale in zucca
Il sale, ai tempi di Roma antica, equivaleva al denaro corrente, tanto che il nome salario deriva, come ben sappiamo, dal pagamento dei prestatori d’opera attraverso dosi di sale, elemento preziosissimo non solo per equilibrare la dieta o aumentare il sapore ai cibi, ma per la conservazione degli alimenti. Il sale fece sorgere la città più importante del mondo antico, Roma, posta al punto di intersezione tra la via salaria, che dal mare portava all’interno – sulla quale viaggiavano salmerie cariche del prodotto marino – e le strade degli allevatori che portavano il bestiame a valle per poterlo vendere o barattare, acquisendo le scorte saline necessarie al consumo domestico e alla preparazione di salumi. L’integrazione di queste due economie fu alla base remota della fortune della città eterna.
Nelle abitazioni, quindi, la zucca antica si rivelava un ottimo scrigno per contenere i cristalli di sale, considerati così preziosi che rovesciarli inavvertitamente a terra era – ed è – considerato segno di sfortuna. L’essiccazione della buccia, che diveniva sempre più coriacea e la perdita di umidità dell’interno, garantivano un accurata conservazione del prodotto in quello che era divenuto uno scrigno domestico, appeso a un chiodo.
 E ora vedrete la Zucca con un altro sguardo...

A DOMENICA!

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