Su segnalazione di
Rossana vorrei condividere questo bell’articolo di Emiliano Bottacco apparso su
Alessandra news
Da sempre il treno è
considerato "un mito di progresso" da parte di politici che lo cavalcano con
svariati obiettivi: ma che succede quando poi le righe tracciate sulle mappa
diventano espropri, rivoluzione del territorio, rischio di grandi depositi di
amianto da smaltire?
OPINIONE - Non c'è
nulla di più facile che
tirare linee rette su una carta geografica. Lo
diceva Gaetano
Salvemini. L’Italia era quella dei primi del Novecento: un
paese agricolo e arretrato. Il treno, parafrasando un
celebre cantautore, era un
mito di progresso. Per molti politici, nuove linee ferroviarie
e opere civili erano un indispensabile corollario di discorsi retorici;
promesse di un futuro
mirabolante all'insegna dello sviluppo e dell'industrializzazione.
Anche oggi, con le dovute differenze, politici e amministratori locali sembrano nutrire un’immensa passione per le rette tracciate sulle mappe.
Il difficile inizia quando le linee ferroviarie vanno davvero realizzate.
Come tutti sappiamo, non è solo un problema di soldi e risorse da trovare. E' anche un problema di limiti fisici che il territorio ti impone: torrenti da attraversare, ostacoli da aggirare, montagne da scavare, detriti da scavo (il cosiddetto smarino) da spostare e ricollocare in apposite cave.
E quando le montagne rischiano di essere piene di milioni di metri cubi di rocce ricche di amianto che poi tocca smaltire, ecco che le cose si fanno ancora più complicate.
E pensare che era così facile tirare una riga retta sulla mappa. Il pennarello ha una bella punta morbida, l'inchiostro sgorga lucido e abbondante lasciando un lungo segno sulla carta, come la bava di una lumaca, ma più elegante: lì c'è Genova, qui attraversiamo l'Appennino, qua facciamo il retroporto, poi puntiamo a nord, oltre le Alpi, attraverso l'Europa, verso l'infinito e oltre.
Mentre il politico o il tecnico di turno fanno scorrere il pennarello sulla mappa, tra parchi e valli abitate, la loro immaginazione è rapita dal futuro. I loro occhi vedono container di merci scaricati dalle navi e caricati su grandi convogli ferroviari. E, in un orgasmo futurista, la mente si perde a calcolare il volume delle merci e le ricadute positive sul territorio.
E chi si oppone? Ma chi? Quei quattro teppisti dei No Tav? Gli abitanti dei paesotti e delle cittadine interessate dal tracciato? Nemici del progresso malati incurabili della sindrome di Nimby, manipolati da terroristi senza scrupoli che non hanno interesse allo sviluppo del territorio, ma solo a destabilizzare per motivi ideologici, eccetera eccetera.
Suona bene vero?
Ma quando si palesa il rischio dell'amianto tutti questi bei discorsi suonano di colpo stonati. Specialmente in una provincia come la nostra, dove se ne conoscono fin troppo bene gli effetti devastanti sulla salute delle persone. Se in giro per l'Italia capita ancora di imbattersi in persone che non conoscono, non capiscono o minimizzano il rischio amianto, nella provincia di Alessandria è difficile sottovalutare il problema di fronte ai cittadini.
E così ieri, ad Alessandria, la questione amianto nei cantieri del terzo valico dei Giovi è esplosa durante l'incontro in Prefettura tra membri della Commissione lavori pubblici del Senato, i Presidenti delle regioni Piemonte e Liguria, i direttori di Arpa delle due regioni ed i Sindaci del territorio. Ci sono ancora infatti dubbi e incertezze sulle differenti metodologie adottate da Arpa e Cociv, il consorzio di imprese per la realizzazione dell’opera, in merito al rilevamento delle rocce contenenti amianto.
La notizia che ieri il Sindaco di Alessandria Rita Rossa abbia chiesto all’Arpa di fare chiarezza e abbia ritirato la disponibilità del Comune all’utilizzo delle cave sul suo territorio ci fa tirare un sospiro di sollievo.
Tutti in attesa del verdetto dell’Arpa, quindi: amministratori locali e, soprattutto, cittadini. Già, dimenticavamo, quando si tirano rette sulla carta geografica si rischia di tirarle anche sulle vite delle persone. Proprio questo bisogna essere ancora più attenti, per evitare di lasciarsi prendere la mano.
Ora ai cittadini non resta che aspettare le risposte dell'Arpa. E vigilare perché alle parole degli amministratori locali seguano i fatti.
Perché spesso le righe tracciate sulle mappe non si lasciano cancellare tanto facilmente.
Anche oggi, con le dovute differenze, politici e amministratori locali sembrano nutrire un’immensa passione per le rette tracciate sulle mappe.
Il difficile inizia quando le linee ferroviarie vanno davvero realizzate.
Come tutti sappiamo, non è solo un problema di soldi e risorse da trovare. E' anche un problema di limiti fisici che il territorio ti impone: torrenti da attraversare, ostacoli da aggirare, montagne da scavare, detriti da scavo (il cosiddetto smarino) da spostare e ricollocare in apposite cave.
E quando le montagne rischiano di essere piene di milioni di metri cubi di rocce ricche di amianto che poi tocca smaltire, ecco che le cose si fanno ancora più complicate.
E pensare che era così facile tirare una riga retta sulla mappa. Il pennarello ha una bella punta morbida, l'inchiostro sgorga lucido e abbondante lasciando un lungo segno sulla carta, come la bava di una lumaca, ma più elegante: lì c'è Genova, qui attraversiamo l'Appennino, qua facciamo il retroporto, poi puntiamo a nord, oltre le Alpi, attraverso l'Europa, verso l'infinito e oltre.
Mentre il politico o il tecnico di turno fanno scorrere il pennarello sulla mappa, tra parchi e valli abitate, la loro immaginazione è rapita dal futuro. I loro occhi vedono container di merci scaricati dalle navi e caricati su grandi convogli ferroviari. E, in un orgasmo futurista, la mente si perde a calcolare il volume delle merci e le ricadute positive sul territorio.
E chi si oppone? Ma chi? Quei quattro teppisti dei No Tav? Gli abitanti dei paesotti e delle cittadine interessate dal tracciato? Nemici del progresso malati incurabili della sindrome di Nimby, manipolati da terroristi senza scrupoli che non hanno interesse allo sviluppo del territorio, ma solo a destabilizzare per motivi ideologici, eccetera eccetera.
Suona bene vero?
Ma quando si palesa il rischio dell'amianto tutti questi bei discorsi suonano di colpo stonati. Specialmente in una provincia come la nostra, dove se ne conoscono fin troppo bene gli effetti devastanti sulla salute delle persone. Se in giro per l'Italia capita ancora di imbattersi in persone che non conoscono, non capiscono o minimizzano il rischio amianto, nella provincia di Alessandria è difficile sottovalutare il problema di fronte ai cittadini.
E così ieri, ad Alessandria, la questione amianto nei cantieri del terzo valico dei Giovi è esplosa durante l'incontro in Prefettura tra membri della Commissione lavori pubblici del Senato, i Presidenti delle regioni Piemonte e Liguria, i direttori di Arpa delle due regioni ed i Sindaci del territorio. Ci sono ancora infatti dubbi e incertezze sulle differenti metodologie adottate da Arpa e Cociv, il consorzio di imprese per la realizzazione dell’opera, in merito al rilevamento delle rocce contenenti amianto.
La notizia che ieri il Sindaco di Alessandria Rita Rossa abbia chiesto all’Arpa di fare chiarezza e abbia ritirato la disponibilità del Comune all’utilizzo delle cave sul suo territorio ci fa tirare un sospiro di sollievo.
Tutti in attesa del verdetto dell’Arpa, quindi: amministratori locali e, soprattutto, cittadini. Già, dimenticavamo, quando si tirano rette sulla carta geografica si rischia di tirarle anche sulle vite delle persone. Proprio questo bisogna essere ancora più attenti, per evitare di lasciarsi prendere la mano.
Ora ai cittadini non resta che aspettare le risposte dell'Arpa. E vigilare perché alle parole degli amministratori locali seguano i fatti.
Perché spesso le righe tracciate sulle mappe non si lasciano cancellare tanto facilmente.
11/11/2015
Emiliano Bottacco
redazione@alessandrianews.it
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Terzo Valico
di Antonello Brunetti
Fornisco a chi è nell’elenco ComitatiScrivia informazioni su due avvenimenti
- Data: giovedì 5 novembre 2015 - Prima udienza processo ad Antonello Brunetti su denuncia (settembre 2013) da Michele Longo e da Pietro Marcheselli, direttore del Cociv (Impregilo e CIV), recentemente condannato in via definitiva a 4 anni e mezzo, in merito a scritti, da me firmati come sempre, risalenti al 2011.
Al Tribunale di Alessandria. Presiede dott.ssa Monteleone.
L’avv. Zanalda, per conto del Cociv, presenta richiesta di costituzione parte civile
contro Antonello Brunetti e non allega alcun elenco di eventuali testi.
L’avv. Giancarlo Bonifai presenta un documento con l’indicazione dei nominativi e delle qualifiche dei dodici testi a favore di Brunetti. (vedi in allegato)
Pochi minuti di pausa e poi il giudice, dopo aver esaminato l’elenco, rinvia il tutto al 3 novembre 2016... ripeto tre novembre 2016.
Non ho capito bene il perché di un anno di rinvio.
Antonello Brunetti
Data: 9 novembre - Ritengo questo Sesto valico un’opera inutile e ambientalmente distruttiva che già nel 1992 definii con lo slogan “Un UTILE per alcuni, un LUSSO per pochi, un DANNO per molti, a SPESE DI TUTTI”. Non entro nel merito delle frottole raccontateci nelle varie fasi, dei dati previsionali assurdi, delle alternative per migliorare effettivamente il trasporto su ferrovia, ecc. ecc., ma, visto che oggi il Terzo Valico pare sia solo questione di smarino all’amianto e di Comuni preoccupati (?), vorrei spendere due parole in merito.
Qualsiasi geologo o appassionato di archeologia è in grado di dirvi che tutta l’area dietro Voltri, sino al Piemonte, è caratterizzata dalla pietra verde, contenente amianto ad alti livelli. Se guardate con attenzione i ciotoli sull’alveo della Scrivia vedrete anche sassi verdastri trascinati nei millenni dalle piene che erodono l’Appennino ligure. Io stesso ho ritrovato asce in pietra verde che ho donato al Museo di Castelnuovo. Quando portavo i miei alunni al Museo di Voltri, dedicato proprio alla civiltà ligure della pietra verde facevo osservare la cartina di provenienza degli attrezzi preistorici e questa corrispondeva esattamente a gran parte del tratto che ora riguarda il percorso del lungo traforo Terzo Valico. Trent’anni fa facevo notare ai ragazzi la notevole durezza e duttilità di questa roccia, ma nello stesso tempo ricordo di aver fatto cenno agli effetti dell’amianto proveniente dalla pietra sfregata a lungo per affilarla. Questo sapeva un modestissimo insegnante di scuola media: com’è possibile che non ne sapessero nulla il fior fiore dei progettisti Alta Velocità? O i sindaci che vivevano in quelle zone?
Ora tutti cadono dalle nuvole!
Ma nel 2011 denunciammo e demmo risalto al fatto che sul Porale, lungo la tratta ferroviaria progettata, collegato a un eventuale insedamento di pale eoliche, era emerso che su 12 pozzi di rilevamento ben 11 avevano fornito dati terrificanti giungendo addirittura ai 200 ettogrammi di amianto ogni chilo di roccia. Dapprima, come sempre ci ignorarono, poi ci derisero, poi dissero che i loro personali rilievi davano risultati diversi, poi ci combatterono e ci denunciarono (i soliti ambientalisti allarmisti, sovversivi e con tendenza al terrorismo). Ora la verità sta venendo fuori, ma l’esperienza mi insegna che spesso la verità non trionfa (come sostengono romanzieri e storici un po’ superficiali) e quindi vedremo...
In merito alle persone che lunedì 9 novembre si sono ritrovate nelle stanze della Prefettura (parlamentari tipo Borioli ed Esposito, sindaci sempre superfavorevoli, presidenti di Regioni e via dicendo) voglio dedicare un passaggio a chi dirigeva questo gruppo in qualità di presidente della Commissione senatoriale Lavori pubblici, il sign. Altero Matteoli.
Questi fu il firmatario, nell’ultimo giorno di governo Berlusconi, dell’accordo RFI, Governo e Cociv in merito ai primi 500 milioni stanziati per l’avvio dell’opera.
Ebbene di questa persona riferisco ciò che ha dichiarato ai magistrati veneziani che indagano sulla questione Mose il superteste Giovanni Mazzacurati. “ Portavo io al Ministero le mazzette per Matteoli” ... “Quattrocentomila euro in due tranche, viaggiavo con i soldi in pacchetti e glieli consegnavo personalmente”. Che io sappia, nulla è avvenuto da allora se non l’ovvia difesa dei suoi legali : “Dichiarazioni surreali da parte di Mazzacurati”.
In merito ai sindaci che hanno svicolato, o peggio, sul tema dell’Alta Velocità sostenendo che avevano certezza dell’impegno governativo sul tavolo di concertazione ritengo interessante quanto riferì la STAMPA a marzo allorché venne arrestato Incalza
«Ercole Incalza ha piazzato suo genero Alberto Donati nella Argo finanziaria,
coinvolta nel Terzo Valico. In tal modo Donati ottenne 700.000 euro per
consulenze”... “Fece nominare direttore
dei lavori del Terzo Valico Stefano Perotti, ora in carcere. In una telefonata
ridacchia beato parlando di una piattaforma informatica per Comuni e Regioni
(quella che i sindaci decantavano come collaborazione informativa) definendola
come cosa che non ci sarà mai (“stiamo vendendo una cosa che non c’è”)».
Accludo la dichiarazione di Marco
Scibona, senatore M5Stelle, presente alla riunione prefettizia
della Commissione Matteoli.
“I Sindaci scelgano la salute dei cittadini”.
“Oggi si è tenuta la missione dell’ottava Commissione del
Senato ai Cantieri del Terzo Valico con la riunione conclusiva in Prefettura di
Alessandria dove, oltre ai parlamentari intervenuti, abbiamo potuto interloquire
con gli Assessori ai Trasporti e i Presidenti delle Regioni Piemonte e Liguria,
il Prefetto e le altre rappresentanze dello Stato.
Abbiamo ribadito la contrarietà al Terzo Valico da parte
del Movimento 5 Stelle ed apprezzato, finalmente, le esplicite voci critiche dei
Sindaci che solo oggi iniziano a porsi il problema dell’amianto, della salute
dei cittadini e dell’utilità dell’opera. Ci auguriamo che queste preoccupazioni
siano sincere e portino a una netta contrarietà all’opera e alla tutela della
salute delle popolazioni locali piuttosto che a una richiesta di
compensazioni.
Quelle che i proponenti delle grandi opere e lo Stato chiamano compensazioni non sono altro che i servizi essenziali che ogni cittadino merita solo per il fatto di pagare le tasse, oppure opere accessorie di viabilità per i cantieri che vengono spacciate per compensazioni!
Quelle che i proponenti delle grandi opere e lo Stato chiamano compensazioni non sono altro che i servizi essenziali che ogni cittadino merita solo per il fatto di pagare le tasse, oppure opere accessorie di viabilità per i cantieri che vengono spacciate per compensazioni!
Ci auguriamo che non continuino le pressioni politiche su
ARPA, ente terzo che ha il compito di monitorare l’inquinamento ambientale e il
rispetto delle soglie per quanto riguarda l’amianto. Ad ARPA spetta il compito
di fornire dati e monitoraggi, ai Sindaci e agli Amministratori il compito della
decisione politica di sacrificare o meno un territorio, una popolazione a
discapito di un falso progresso pensato solo per arricchire gli amici degli
amici.
Marco Scibona – Senatore M5S, Segretario ottava Commissione
Lavori pubblici.”
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