Basso
corso dell’Orba – L’erosione del fondo dell’alveo scopre e incide gli antichi
strati di sedimenti fini
giallastri compatti rimasti privi dello strato di ghiaia che li copriva.
I recenti
eventi alluvionali in Francia, in Piemonte e in Liguria sono stati dettagliatamente
commentati su La Stampa di domenica 4 ottobre con un lungo articolo del geologo
Mario Tozzi ripreso nell’editoriale del direttore Giannini.
Non si parla di
ghiaia, né di “pulizia” dei fiumi, ma di abusi e
colate di cemento, di come si è costruito troppo, male e dove non si sarebbe
dovuto, del metro quadro di suolo perso in Italia ogni secondo sotto cemento e
asfalto, e del fiume che si riprende nel momento della piena lo spazio che gli
è stato sottratto. Si potrebbe anche ricordare la legge sul contenimento del
consumo di suolo ferma da molti anni per vari veti incrociati.
Ma l’esperienza
ci insegna che a distanza di pochi giorni dagli eventi, nei media, alle
dichiarazioni di tecnici lungimiranti seguono molto spesso interventi che
sembrano ricercare un capro espiatorio in grado di alleviare le responsabilità
di chi, dagli anni del boom economico ad oggi, ha gestito gli usi e gli abusi
del territorio. “Il fiume affitta, ma non vende” dice un vecchio proverbio
toscano e ogni corso d’acqua, anche il più piccolo e apparentemente
insignificante può riprendersi il maltolto.
Fin tanto che a
scuola non si tornerà a insegnare la geografia (e una sua parte, la geomorfologia,
anche con parole semplici) parlando di come la superficie terrestre viene
modellata dai cosiddetti agenti morfogenetici (il mare, la gravità, le acque
correnti, i ghiacciai, ecc.), e quindi dei processi di costruzione delle
pianure e delle spiagge e di erosione delle montagne, ovvero di come funziona
un fiume, ogni ignoranza sarà ammessa e sfruttata.
Il fiume prende in
carico materiale solido (sedimenti) proveniente dal disfacimento delle montagne
e lo trasporta a valle, nelle pianure, fino al mare, lavorando come un nastro trasportatore. Le sue
caratteristiche dipendono essenzialmente dal regime delle portate liquide
(acqua) e dal regime delle portate solide (sedimenti). Al variare di questi
elementi si avranno variazioni della morfologia dell’alveo in seguito
all’innescarsi di processi erosivi o deposizionali, come ben schematizzato
dalla cosiddetta bilancia di Lane.
In seguito ad ogni evento alluvionale
intenso, da più parti emergono richieste di “pulizia” degli alvei, intesa come rimozione
di sedimenti dagli stessi.
Questi interventi, benché in specifici
contesti siano talvolta necessari, hanno effetti che si ripartiscono lungo ampi
tratti del sistema fluviale e che, risultando nell’abbassamento dell’alveo,
comportano uno squilibrio che innesca processi erosivi a monte ed a valle
dell’intervento. Si verifica dunque un assottigliamento del materasso
alluvionale, ovvero di quel livello di sedimenti che costituisce il fondo
dell’alveo, sul quale molto spesso poggiano ponti e opere di difesa spondale,
con conseguente possibile collasso delle opere antropiche. Le alluvioni
piemontesi del 1994 e del 2000 offrono un vasto campionario in merito a queste
problematiche e ad oggi molti corsi d’acqua mostrano ponti con i piloni
scalzati o difese spondali sospese e in parte collassate.
Le traverse a valle dei ponti o i
sarcofagi che attorniano i piloni degli stessi sono strutture realizzate
proprio per difenderli dall’erosione di fondo.
Le conseguenze di generalizzati
interventi di rimozione dei sedimenti sono tanto note in letteratura
scientifica quanto ignorate in seguito alle piene. Oltre ad intense erosioni,
la riduzione della disponibilità sedimentaria, ovvero l’impoverimento del
nastro trasportatore, comporta l’abbassamento delle falde nelle pianure, la
risalita del cuneo salino nelle zone costiere e l’erosione del litorale, in
seguito al mancato apporto di sedimenti fluviali. L’abbassamento dell’alveo
comporta anche una minore capacità di laminazione delle piene, il che si
traduce in una maggiore capacità erosiva ed in una maggiore portata che arriva
a valle a parità di evento.
Serie sono anche conseguenze ecologiche
di questo tipo di interventi, che comportando generalmente la riprofilatura
dell’alveo portano alla distruzione degli habitat acquatici e ripariali, con
conseguente danno alla componente biotica del sistema, essenziale per
l’autodepurazione del fiume. Uno dei tanti e fondamentali servizi ecosistemici
che i corsi d’acqua ci offrono.
Anche la vegetazione è spesso indicata
come causa dei disastri. Occorre innanzitutto distinguere tra vegetazione
spondale e materiale legnoso portato dalle piene. La prima svolge spesso
importanti funzioni di mitigazione degli effetti indotti dalle piene; la
seconda può costituire un problema in corrispondenza delle opere di
attraversamento (in particolare in certi contesti) e, come già
sostenuto in passato (https://circololegambientevallemme.blogspot.com/2019/11/corsi-dacqua-e-cementificazione-un.html) può
essere oggetto di interventi di rimozione o di riduzione della pezzatura.
Per quanto riguarda il torrente Orba, oggi vari documenti
tecnici documentano l’abbassamento dell’ alveo soprattutto nel tratto a valle
di Basaluzzo, ma in passato fu solo l’Ente Parco del Po e dell’Orba ad
evidenziare questa tendenza del torrente in forza dello studio idraulico dell’
Ing. Giuliano Cannata concluso nel 1992. Riportiamo un articolo del 15 ottobre
1995.
Nella speranza (pochissima) che non vengano invocate radicali
e dannose “pulizie” espiatorie rivediamo questo breve video che spiega in
maniera semplice e immediata cosa accade al territorio quando si sottrae spazio
al fiume e quando si altera il suo equilibrio con interventi di regimazione e
di rimozione dei sedimenti. https://m.youtube.com/watch?v=21YAP8RF_sw
La bilancia di Lane; modello concettuale
delle risposte di un alveo fluviale ad alterazioni dell’equilibrio dinamico
(fonte: Manuale IDRAIM - Rinaldi et al., 2016).
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