Legambiente presenta
Ecomafia 2016, le storie e i numeri della criminalità ambientale
Ecomafie: in Piemonte aumentano arresti e sequestri.
Legambiente: “La nuova legge sugli ecoreati dà i suoi primi frutti”
502 infrazioni di natura ambientale, 490 persone denunciate, 9
arresti e 192 sequestri. Sono questi i dati relativi al Piemonte
che emergono dal rapporto Ecomafia 2016 di Legambiente, le storie e i
numeri della criminalità ambientale in Italia, edito da Edizioni Ambiente e
presentato oggi a Roma al Senato e di cui si parlerà lunedì 11 luglio alle ore
21 a Biella nella tappa piemontese dell’#EcoGiustiziaTour di Legambiente.
Numeri e risultati che raccontano il lento ma grande cambiamento che ha preso
il via nel 2015, con l’approvazione della legge sugli ecoreati, e
continua nel 2016, anno in cui si cominciano a raccogliere i primi frutti di
un’azione repressiva più efficace e finalmente degna di un paese civile che
punisce davvero chi inquina.
Nei primi otto mesi dall’entrata in vigore della legge sono
stati contestati a livello nazionale 947 ecoreati, con 1.185 denunce dalle
forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto e il sequestro di 229 beni
per un valore di 24 milioni di euro. Sono 118 i casi di inquinamento e 30
le contestazioni del nuovo delitto di disastro ambientale. Per il Piemonte
sono da segnalare l’aumento del numero di sequestri, che passano dai 106
del 2014 ai 192 dell’ultimo anno, e degli arresti che da 2 passano a 9
nel 2015. Ma per contrastare le ecomafie c’è ancora da fare, dato che la
criminalità organizzata la fa ancora da padrone (sono 326 i clan censiti nel
Paese) e la corruzione rimane un fenomeno dilagante, il volto moderno delle
ecomafie che colpisce ormai anche il Nord Italia: lo testimoniano i 250
arresti avvenuti in Piemonte dal 1 gennaio 2010 al 31 maggio 2016, il 9,4%
del totale nazionale, che vedono la nostra regione al quinto posto nazionale per
corruzione in campo ambientale.
“Quelli di quest’anno sono numeri e
storie che dimostrano quali effetti può innescare un impianto normativo più
efficace e robusto come i nuovi ecoreati, in grado di aiutare soprattutto la
prevenzione oltreché la repressione dei fenomeni criminali -dichiara Fabio
Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Se il 2015 è
stato un anno spartiacque grazie all’introduzione della legge sugli ecoreati è
fondamentale che le procure sviluppino una prassi operativa comune e condivisa
per una corretta applicazione della nuova legge. Certo è che il miglior modo di
prevenire le ecomafie resta un deciso cambio di paradigma economico: l’economia
ecocriminale si combatte promuovendo un’economia civile, fondata sul pieno
rispetto della legalità, sui principi della sostenibilità ambientale e della
solidarietà, capace di creare lavoro, soprattutto per le giovani generazioni, e
crescita pulita”.
In Piemonte nel 2015 continuano a
primeggiare i settori tradizionali della criminalità ambientale: il ciclo dei
rifiuti (140 infrazioni accertate) ed il ciclo del cemento (86). Per
quanto riguarda quest’ultimo settore sono le province di Torino e del Verbano
Cusio Ossola a far registrare il primato negativo con 18 infrazioni a
testa, 58 persone denunciate nel Verbano Cusio Ossola e 25 nella provincia di Torino.
Ma il primato per arresti e sequestri nel settore del cemento va invece alla
provincia di Novara con 2 persone arrestate e 7 beni sequestrati. Il ciclo
illecito dei rifiuti in Piemonte ha invece portato nel corso del 2015 alla
denuncia di 232 persone, 3 arresti, 101 sequestri. Questi ultimi sono stati in
gran parte concentrati nella provincia di Alessandria: 84 denunce, 3
arresti e 48 sequestri.
Quest’anno
il rapporto Ecomafia si arricchisce di un approfondimento on line, sul sito noecomafia.it, dedicato alle storie di illegalità ambientale più
emblematiche. Per il Piemonte vengono ad esempio ripercorse le vicende del
falso riso bio nel Vercellese, degli incendi dolosi in Valsessera e del
processo per l’interramento di car fluff nelle campagne cuneesi.
Le storie
Vercelli, maxi-sequestro di falso riso bio
La Guardia di finanza ha sequestrato 3.800 tonnellate di falso
riso biologico e denunciato i titolari di sei aziende agricole del Vercellese
per frode in commercio. Per il sostituto procuratore Ezio Domenico Basso gli
agricoltori usavano diserbanti non nocivi ma vietati in agricoltura biologica
per aumentare la resa del terreno per ettaro. Nell’indagine della Guardia di
Finanza sono finiti i produttori autorizzati dalla Regione Piemonte a coltivare
secondo il metodo biologico. Le analisi tecniche, effettuate su incarico della
procura di Vercelli nei laboratori dell’Arpa, si sono concentrate su campioni
di terreno, acqua e piantine di riso di diversi appezzamenti appartenenti ai
soggetti di cui si sospettava la frode. L’esito delle analisi ha evidenziato la
presenza -in percentuali variabili, ma tutte superiori ai limiti di tolleranza-
di prodotti fitosanitari non consentiti in agricoltura biologica. Ciò che
finiva sul mercato era quindi un prodotto coltivato secondo i metodi
tradizionali, ma spacciato per biologico. Da notare che il riso biologico viene
pagato sul mercato il triplo rispetto a quello prodotto in agricoltura
convenzionale.
Piromane della Valsessera
Legambiente si costituirà parte civile contro il piromane che nei
mesi scorsi ha mandato in fumo più di 1.000 ettari di bosco nella Valsessera,
in provincia di Biella. Il reo è stato identificato in un pastore quarantacinquenne
che secondo le indagini della Guardia Forestale ha appiccato incendi dolosi nei
comuni biellesi di Trivero, Portula e Coggiola, provocando danni inestimabili
dal punto di vista ambientale e spese per quasi un milione di euro. Il caso di
Biella è emblematico perché in esso -per l’estensione degli incendi, il
danno portato all’ecosistema anche in zone protette e la circostanza per cui
per giorni i cittadini di numerosi paesi sono stati costretti a respirare i
prodotti della combustione- sussistono tutti gli elementi considerati dalla
nuova legge sugli ecoreati, con particolare inerenza proprio al reato di
disastro ambientale che prevede la reclusione da 5 a 15 anni.
Car fluff nel Cuneese, finisce il processo ma resta l’inquinamento
E’ stata confermata anche in secondo grado la condanna al
risarcimento del danno a Legambiente nell’ambito del processo sull’interramento
di car fluff a Barge e Revello, in provincia di Cuneo, per Gian Bartolo
Ambrogio. Annullata per prescrizione, invece, la pena di 3 anni e 50 mila euro
di ammenda per i reati commessi. Anche per Alberto Michele Boeris e Maria
Bainotti sono state annullate le pene inflitte in primo grado, rispettivamente
di 13 mesi e 6 mila euro di ammenda e di 9 mesi e 4.500 euro di ammenda per
prescrizione dei reati commessi. Pochi giorni prima della sentenza entrambi
hanno risarcito i danni in favore di Legambiente. Il processo ha riguardato
l’interramento di rifiuti speciali provenienti dalla frantumazione di carcasse
di autoveicoli in 4 nuovi siti che si vanno a sommare ai 12 del precedente
procedimento che aveva già portato nel 2009 alla condanna definitiva di Gian
Bartolo Ambrogio. A Legambiente, costituitasi parte civile, è stata
riconosciuta la somma di 60 mila euro, che si aggiunge ai 75 mila euro già
riconosciuti nel precedente processo e mai corrisposti, per il “danno morale
derivante dalla lesione del diritto della personalità dell’associazione al
perseguimento del proprio scopo sociale di salvaguardia dell’ambiente”. Ad oggi
sono stati corrisposti all’associazione 3 mila euro da due imputati minori nel
processo, mentre ancora nulla è stato versato di quanto dovuto dal signor
Ambrogio, condannato a pagare la cifra più rilevante.
E’ così finalmente terminata anche la seconda tranche della
vicenda giudiziaria che ha visto Legambiente da sempre in prima linea per
assicurare alla giustizia gli ecocriminali che hanno interrato rifiuti nelle
campagne cuneesi ma resta la preoccupazione dell’associazione a fronte del
ritorno dei terreni, precedentemente sequestrati, nelle mani degli inquinatori
a causa della prescrizione dei reati avvenuta tra la condanna in primo grado e
la sentenza in appello. Legambiente manterrà quindi alta l’attenzione sul tema
delle bonifiche che saranno a carico degli stessi colpevoli dell’inquinamento,
sulla corretta esecuzione delle quali i Comuni di competenza dovranno vigilare.
Ufficio stampa Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta: 011.2215851 –
349.2572806
Torino, 8 luglio 2016
Invito stampa
Lunedì 11 luglio l’#EcoGiustiziaTour di Legambiente fa tappa
a Biella
La
nuova legge sugli ecoreati
Combattere
l'illegalità ambientale e risanare il territorio
A seguito degli incendi dolosi che si sono verificati di recente nella
Valsessera e dell’introduzione della legge sugli ecoreati Legambiente organizza
a Biella lunedì 11 luglio alle ore 21, presso la sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella in via Garibaldi 17, un
incontro di presentazione del nuovo rapporto Ecomafia 2016. In particolare
verranno approfonditi gli scenari futuri dovuti all’approvazione della legge,
con particolare riguardo alla situazione locale.
Saluto iniziale
Fondazione
Cassa di Risparmio di Biella
Introduzione
Alfiero
Staffolani,
presidente Circolo Legambiente “Tavo Burat” di Biella
Intervengono
Stefano
Ciafani,
direttore generale Legambiente
Maurizio Olivieri,
comandante Provinciale Corpo Forestale dello Stato
Gianni De Podestà, ispettore Corpo Forestale
Giorgio
Reposo,
Procura della Repubblica di Biella (in attesa di conferma)
Approfondimento delle tematiche
locali a cura di:
Corpo Volontari AIB Piemonte, Custodiamo la Valsessera e
Movimento Valledora
Dibattito
Conclusioni
Fabio Dovana, presidente Legambiente Piemonte e
Valle d’Aosta
Ufficio
stampa Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta: 011.2215851 – 349.2572806
Legambiente presenta
Ecomafia 2016, le storie e i numeri della criminalità ambientale
Ecomafie: in Piemonte aumentano arresti e sequestri.
Legambiente: “La nuova legge sugli ecoreati dà i suoi primi frutti”
502 infrazioni di natura ambientale, 490 persone denunciate, 9
arresti e 192 sequestri. Sono questi i dati relativi al Piemonte
che emergono dal rapporto Ecomafia 2016 di Legambiente, le storie e i
numeri della criminalità ambientale in Italia, edito da Edizioni Ambiente e
presentato oggi a Roma al Senato e di cui si parlerà lunedì 11 luglio alle ore
21 a Biella nella tappa piemontese dell’#EcoGiustiziaTour di Legambiente.
Numeri e risultati che raccontano il lento ma grande cambiamento che ha preso
il via nel 2015, con l’approvazione della legge sugli ecoreati, e
continua nel 2016, anno in cui si cominciano a raccogliere i primi frutti di
un’azione repressiva più efficace e finalmente degna di un paese civile che
punisce davvero chi inquina.
Nei primi otto mesi dall’entrata in vigore della legge sono
stati contestati a livello nazionale 947 ecoreati, con 1.185 denunce dalle
forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto e il sequestro di 229 beni
per un valore di 24 milioni di euro. Sono 118 i casi di inquinamento e 30
le contestazioni del nuovo delitto di disastro ambientale. Per il Piemonte
sono da segnalare l’aumento del numero di sequestri, che passano dai 106
del 2014 ai 192 dell’ultimo anno, e degli arresti che da 2 passano a 9
nel 2015. Ma per contrastare le ecomafie c’è ancora da fare, dato che la
criminalità organizzata la fa ancora da padrone (sono 326 i clan censiti nel
Paese) e la corruzione rimane un fenomeno dilagante, il volto moderno delle
ecomafie che colpisce ormai anche il Nord Italia: lo testimoniano i 250
arresti avvenuti in Piemonte dal 1 gennaio 2010 al 31 maggio 2016, il 9,4%
del totale nazionale, che vedono la nostra regione al quinto posto nazionale per
corruzione in campo ambientale.
“Quelli di quest’anno sono numeri e
storie che dimostrano quali effetti può innescare un impianto normativo più
efficace e robusto come i nuovi ecoreati, in grado di aiutare soprattutto la
prevenzione oltreché la repressione dei fenomeni criminali -dichiara Fabio
Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Se il 2015 è
stato un anno spartiacque grazie all’introduzione della legge sugli ecoreati è
fondamentale che le procure sviluppino una prassi operativa comune e condivisa
per una corretta applicazione della nuova legge. Certo è che il miglior modo di
prevenire le ecomafie resta un deciso cambio di paradigma economico: l’economia
ecocriminale si combatte promuovendo un’economia civile, fondata sul pieno
rispetto della legalità, sui principi della sostenibilità ambientale e della
solidarietà, capace di creare lavoro, soprattutto per le giovani generazioni, e
crescita pulita”.
In Piemonte nel 2015 continuano a
primeggiare i settori tradizionali della criminalità ambientale: il ciclo dei
rifiuti (140 infrazioni accertate) ed il ciclo del cemento (86). Per
quanto riguarda quest’ultimo settore sono le province di Torino e del Verbano
Cusio Ossola a far registrare il primato negativo con 18 infrazioni a
testa, 58 persone denunciate nel Verbano Cusio Ossola e 25 nella provincia di Torino.
Ma il primato per arresti e sequestri nel settore del cemento va invece alla
provincia di Novara con 2 persone arrestate e 7 beni sequestrati. Il ciclo
illecito dei rifiuti in Piemonte ha invece portato nel corso del 2015 alla
denuncia di 232 persone, 3 arresti, 101 sequestri. Questi ultimi sono stati in
gran parte concentrati nella provincia di Alessandria: 84 denunce, 3
arresti e 48 sequestri.
Quest’anno
il rapporto Ecomafia si arricchisce di un approfondimento on line, sul sito noecomafia.it, dedicato alle storie di illegalità ambientale più
emblematiche. Per il Piemonte vengono ad esempio ripercorse le vicende del
falso riso bio nel Vercellese, degli incendi dolosi in Valsessera e del
processo per l’interramento di car fluff nelle campagne cuneesi.
Le storie
Vercelli, maxi-sequestro di falso riso bio
La Guardia di finanza ha sequestrato 3.800 tonnellate di falso
riso biologico e denunciato i titolari di sei aziende agricole del Vercellese
per frode in commercio. Per il sostituto procuratore Ezio Domenico Basso gli
agricoltori usavano diserbanti non nocivi ma vietati in agricoltura biologica
per aumentare la resa del terreno per ettaro. Nell’indagine della Guardia di
Finanza sono finiti i produttori autorizzati dalla Regione Piemonte a coltivare
secondo il metodo biologico. Le analisi tecniche, effettuate su incarico della
procura di Vercelli nei laboratori dell’Arpa, si sono concentrate su campioni
di terreno, acqua e piantine di riso di diversi appezzamenti appartenenti ai
soggetti di cui si sospettava la frode. L’esito delle analisi ha evidenziato la
presenza -in percentuali variabili, ma tutte superiori ai limiti di tolleranza-
di prodotti fitosanitari non consentiti in agricoltura biologica. Ciò che
finiva sul mercato era quindi un prodotto coltivato secondo i metodi
tradizionali, ma spacciato per biologico. Da notare che il riso biologico viene
pagato sul mercato il triplo rispetto a quello prodotto in agricoltura
convenzionale.
Piromane della Valsessera
Legambiente si costituirà parte civile contro il piromane che nei
mesi scorsi ha mandato in fumo più di 1.000 ettari di bosco nella Valsessera,
in provincia di Biella. Il reo è stato identificato in un pastore quarantacinquenne
che secondo le indagini della Guardia Forestale ha appiccato incendi dolosi nei
comuni biellesi di Trivero, Portula e Coggiola, provocando danni inestimabili
dal punto di vista ambientale e spese per quasi un milione di euro. Il caso di
Biella è emblematico perché in esso -per l’estensione degli incendi, il
danno portato all’ecosistema anche in zone protette e la circostanza per cui
per giorni i cittadini di numerosi paesi sono stati costretti a respirare i
prodotti della combustione- sussistono tutti gli elementi considerati dalla
nuova legge sugli ecoreati, con particolare inerenza proprio al reato di
disastro ambientale che prevede la reclusione da 5 a 15 anni.
Car fluff nel Cuneese, finisce il processo ma resta l’inquinamento
E’ stata confermata anche in secondo grado la condanna al
risarcimento del danno a Legambiente nell’ambito del processo sull’interramento
di car fluff a Barge e Revello, in provincia di Cuneo, per Gian Bartolo
Ambrogio. Annullata per prescrizione, invece, la pena di 3 anni e 50 mila euro
di ammenda per i reati commessi. Anche per Alberto Michele Boeris e Maria
Bainotti sono state annullate le pene inflitte in primo grado, rispettivamente
di 13 mesi e 6 mila euro di ammenda e di 9 mesi e 4.500 euro di ammenda per
prescrizione dei reati commessi. Pochi giorni prima della sentenza entrambi
hanno risarcito i danni in favore di Legambiente. Il processo ha riguardato
l’interramento di rifiuti speciali provenienti dalla frantumazione di carcasse
di autoveicoli in 4 nuovi siti che si vanno a sommare ai 12 del precedente
procedimento che aveva già portato nel 2009 alla condanna definitiva di Gian
Bartolo Ambrogio. A Legambiente, costituitasi parte civile, è stata
riconosciuta la somma di 60 mila euro, che si aggiunge ai 75 mila euro già
riconosciuti nel precedente processo e mai corrisposti, per il “danno morale
derivante dalla lesione del diritto della personalità dell’associazione al
perseguimento del proprio scopo sociale di salvaguardia dell’ambiente”. Ad oggi
sono stati corrisposti all’associazione 3 mila euro da due imputati minori nel
processo, mentre ancora nulla è stato versato di quanto dovuto dal signor
Ambrogio, condannato a pagare la cifra più rilevante.
E’ così finalmente terminata anche la seconda tranche della
vicenda giudiziaria che ha visto Legambiente da sempre in prima linea per
assicurare alla giustizia gli ecocriminali che hanno interrato rifiuti nelle
campagne cuneesi ma resta la preoccupazione dell’associazione a fronte del
ritorno dei terreni, precedentemente sequestrati, nelle mani degli inquinatori
a causa della prescrizione dei reati avvenuta tra la condanna in primo grado e
la sentenza in appello. Legambiente manterrà quindi alta l’attenzione sul tema
delle bonifiche che saranno a carico degli stessi colpevoli dell’inquinamento,
sulla corretta esecuzione delle quali i Comuni di competenza dovranno vigilare.
Ufficio stampa Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta: 011.2215851 –
349.2572806
Torino, 8 luglio 2016 Invito stampa
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