mercoledì 28 febbraio 2018

TESTO UNICO FORESTALE: IL MONDO ACCADEMICO E LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE CHUEDONO CHE NON VENGA APPROVATO

da Redazione Tiscali:
Assalto al bosco, Gentiloni ci prova con un decreto. Appello di 200 studiosi: no ai tagli e speculazioni
La norma potrebbe venire approvata nei prossimi giorni. "Il bosco ha bisogno di tutela contro il rischio idrogeologico"
Docenti, ricercatori, botanici, forestali zoologi e esperti di rischio idrogeologico e docenti di diritto costituzionale. Almeno duecento firme giungono al Parlamento, dalle cui commissioni cui è uscito lo schema di decreto varato a dicembre dal Cdm e che potrebbe venire approvato nelle prossime ore. L'appello contro la norma (qui il link Facebook: https://www.facebook.com/notes/associazione-ardea/assalto-alle-foreste-italiane-il-comunicato-di-ardea-e-soa/1958663330842847/) che riscrive le regole sui boschi e le foreste riguarda il tema ambientale per eccellenza che va ben oltre il semplice valore paesaggistico. 
Un argomento fondamentale, in un paese devastato da terremoti, alluvioni e dissesto idrogeologico diffuso, totalmente assente dalla campagna elettorale, eccezion fatta per i Cinquestelle che hanno provato a portare in campo l'argomento annunciando l'intenzione di nominare in un eventuale governo pentastellato il generale Sergio Costa, capo dei Carabinieri forestali in Campania e dirigente di molte delle inchieste sulla devastazione ambientale della Terra dei fuochi, regno delle ecomafie. Costa è stato un acerrimo nemico della riforma voluta da Renzi, quella che cancellando di fatto la vigilanza ambientale ha messo a repentaglio la difesa del territorio del nostro Paese e in particolare dei 12 milioni di ettari di superfice boschiva. Gli incendi eccezionali dell'estate scorsa sono lì a dimostrare le sopravvenute difficoltà.
A cui si aggiungeranno, stando a quanto sostengono i 200 firmatari dell'appello, "deroghe e punti scivolosi" contenuti nella norma voluta dal governo Gentiloni che mettono a rischio il patrimonio boschivo e ne favoriscono l'assalto speculativo. Ma che per il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina "è uno strumento essenziale". Dice il ministro che "vogliamo farne una risorsa che aiuti a difenderci dal dissesto idrogeologico e che dia un contributo alla lotta allo spopolamento nelle aree rurali". 
Ma per gli esperti della materia piuttosto è il contrario. Intanto perché cambia l'iter per la "trasformazione" del bosco, che oggi è generalmente vietata salvo le eccezioni. Il nuovo testo inverte l'onere della prova, nel senso che chi si oppone alla trasformazione, che è sempre possibile, deve dimostrare evidenziare gli ostacoli che possono creare un maggiore danno. Secondo la legislazione attualmente in vigore, gli introiti dell'espianto del bosco devono essere reinvestiti per il miglioramento e per il controllo del dissesto idrogeologico. Quello che succede con la nuova norma è che un intervento eccezionale diventa un iter possibile (sempre) e la compensazione, concetto reso non chiaro, nelle nuove norme prevede anche la cosiddetta "valorizzazione socioeconomica". Spiegano i responsabili dell'associazione Soa e Ardea che in questa definizione "potrebbero rientrare anche baite o strade o magari resort, piste da sci e pargheggi". Opere potenzialmente dannose per il bosco. 
La definizione di bosco cambia
Dalla definizione di bosco escono quei terreni che in un passato anche lontano sono stati coltivati e che per abbandono negli anni sono diventati bosco. Non c'è alcun limite di tempo, nel senso che se un territorio 500 anni fa era coltivato oggi, secondo questa legge, "potrebbe essere svincolato dalle tutele del bosco ed essere sottoposta a tagli indiscriminati". E qui stiamo parlando "di gran parte del patrimonio forestale italiano - scrivono le associazioni ambientaliste -. Questa definizione incredibile apre la strada a tutta una serie di facilitazioni per interventi speculativi, diminuendo, ad esempio, le tutele dal punto di vista paesaggistico". Alessandro Chiarucci, biologo dell'Università di Bologna citato dal Fatto quotidiano, dice che il bosco "non è solo una coltura produttiva ma anche un habitat naturale e ha un valore come tale. E' - continua - un elemento fondamentale della biodiversità che deve aver garantito un diritto ad esistere e ad avere anche delle proprie dianamiche naturali senza dover essere visto esclusivamente in base a necessità umane". Escono dalla classificazione di bosco anche le costruzioni abbandonate che nel tempo siano state abbracciate dagli alberi e dalla vegetazione.
Intervento d'imperio nelle zone private
Per le zone private non "curate" da almeno 10 anni, inoltre, è prevista una classificazione come terreno abbandonato sui quali le Regioni - competenti per boschi e foreste - possono imporre  la gestione. Pena la sostituzione del pubblico che può affidare a un privato lo sfruttamento. Cioè: se entro un anno da quando è previsto il "turno di taglio" il privato non interviene può avvenire la sostituzione. Il ricavato per una parte verrà depositato e il proprietario del terreno potrà rivendicarlo. Questa norma può essere valida per il caso eccezionale, ad esempio per la gestione del rischio idrogeologico o per la salvaguardia delle specie, ma non in modo sistematico. Da qui l'assurdo scientifico. 
Una legge anti-scientifica
"Il governo Gentiloni all'ultimo secondo utile vuole emanare una nuova legge forestale che darebbe il via libera a un vero e proprio assalto ai boschi italiani, permettendo un uso predatorio a discapito della loro qualità ambientale", è scritto nell'appello degli studiosi. Che prosegue: "Esprimiamo tutto il nostro sconcerto per i contenuti della proposta del governo che, in maniera del tutto anti-scientifica, vorrebbe far passare l'idea che il bosco non possa svolgere le proprie funzioni ecologiche senza un pesante intervento umano quando invece si tratta di ecosistemi che si sono evoluti in decine di milioni di anni. Si tratta di una vera e propria ideologia auto-referenziale che nasconde in realtà le mire di chi vede nel bosco un mero fattore di profitto. Manca una visione di riequilibrio ambientale dopo decenni di uso selvaggio del territorio", si legge nel comunicato. Al di là dei casi in cui bisogna intervenire per salvaguardare il bosco stesso, dice Goffredio Filibeck dovente di botabnica all'Università della Tuscia, "fondare una legge sul principio aprioristico che il bosco abbia bisogno di manutenzione per la protezione del dissesto idrogeologico o per gli incendi è un assurdo scientifico". 
27 febbraio 2018
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Il nuovo Testo Unico Forestale è un decreto legge ammazza-foreste di fine legislatura?
Appello di docenti e ricercatori a Presidente della Repubblica e governo: non lo approvate

lunedì 26 febbraio 2018

PROGETTO VIS.PO: CERCHIAMO GIOVANI VOLONTARI😊!


Siete dei giovani virgulti tra i 18 e i 30 anni 😊? Avete voglia di dedicare alcune ore del vostro tempo ai fiumi e corsi d'acqua del territorio?  Volete aiutare a far conoscere  il patrimonio naturalistico dell'Appennino del Basso Piemonte ? Scriveteci a legambiente.vallemme@gmail.com: vi racconteremo il progetto VisPo e come diventare cittadini consapevoli dell'ambiente e della natura😊!
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sabato 17 febbraio 2018

Corso per Educatore Ambientale a Cascina Govean

Anche quest’anno al CEA Cascina Govean si terrà il Corso per Educatori Ambientali, uno strumento utile per chiunque voglia affacciarsi al fantastico mondo dell’educazione ambientale e contestualmente aver la possibilità di iscriversi al Registro istituito presso Legambiente Scuola e Formazione.




Il programma:








mercoledì 14 febbraio 2018

ANNULLATA LA MANIFESTAZIONE CONTRO LA DISCARICA DI SEZZADIO -15 FEBBRAIO 201O ORE 9,00 ALESSANDRIA


                             ANNULLATA 
In data 15.02.2018 alle ore 9.00, in Alessandria (via D. Galimberti – dietro il palazzo Pacto), avrà luogo questa manifestazione importante a difesa delle falde acquifere della nostra provincia.
Vi invitiamo a partecipare e a diffondere la notizia.
Grazie.


http://www.notavterzovalico.info/2018/02/giovedi-15-febbraio-tutti-alla-conferenza-dei-servizi-contro-la-discarica-di-sezzadio/




giovedì 8 febbraio 2018

GENTILE PROFESSOR ZAGREBELSKY...

Gentile Professor Zagrebelsky,


siamo un gruppo di associazioni di cittadini che desidera portare alla sua attenzione la nostra preoccupazione in merito all’evento che si terrà a Torino 7 febbraio2018: dibattito pubblico per opere condivise



Siamo infatti rimasti molto sorpresi nell’apprendere che il commissario di governo al Terzo Valico promuova e coordini un incontro, di concerto con l’Università di Torino, per discutere lo strumento del dibattito pubblico sulle infrastrutture poiché il Commissario sovraintende la realizzazione di un’opera che  non è  mai stata (e non lo è tuttora) condivisa con i cittadini.
Temiamo che sia un ulteriore momento di propaganda per un'infrastruttura inutile, dannosa e scandalosamente costosa.


Poiché tra i relatori abbiamo letto il Suo nome, che conosciamo e apprezziamo, ci chiedevamo quale fosse la sua posizione sulla gestione delle grandi opere in corso e se fosse a conoscenza delle innumerevoli criticità che questi cantieri sollevano, prime fra tutte la compressione dei diritti dei cittadini che subiscono il disagio di vivere in aree cantierizzate, il dispendio di denaro pubblico per opere che non sono supportate da una puntuale analisi costi-benefici a scapito di investimenti in infrastrutture necessarie (e l'incidente di Pioltello ce lo ha ricordato ancora una volta) e infine l'aggressione al Paesaggio e ai beni comuni (qualità dell'aria, dell'acqua e biodiversità). A questo si aggiungano le infiltrazioni mafiose, gli episodi di malaffare e di corruzione e i delitti contro l’Ambiente che costellano la realizzazione delle Grandi Opere.



Ci permettiamo dunque di inviarle un breve documento che riassume la lunga storia dell’ “altra Tav”, come viene definito il Terzo Valico dei Giovi e  che costituisce l’altro punto di vista da considerare nel dibattito, visto che la presenza sul palco del Commissario al Terzo Valico rischia, a nostro parere, di far passare una modalità di gestione delle grandi opere non veritiera e di offrire una lettura dei fatti attraverso un’ unica prospettiva.





Ringraziamo per l’attenzione che vorrà dedicare alla nostra lettera e rimaniamo a disposizione per qualsiasi chiarimento necessario a questa casella mail





Le porgiamo i nostri più cordiali saluti.





Paola Lugaro per








LEGAMBIENTE                                                          












                                      








Valentina Armirotti - vavvi1971@hotmail.it








     COMITATO SPONTANEO DI CITTADINI


Alessandria No Amianto dal Terzo Valico


















IL TERZO VALICO DEI GIOVI: UN’OPERA NON CONDIVISA


Riassumendo brevemente la storia del progetto, ricordiamo che la ferrovia ad alta velocità/alta capacità Tortona-Genova, conosciuta anche come “Terzo valico dei Giovi”, è una linea in costruzione, finalizzata a creare un terzo collegamento tra il porto di Genova e l'entroterra padano (il sesto tra Liguria e pianura padana): è stata progettata nel 1991 come linea passeggeri tra Milano e Genova, ma la carenza evidente di motivazione  ha fatto mutare le finalità dell’opera, trasformandola, a seconda dei momenti storici e delle estemporanee dichiarazioni dei sostenitori di turno,  in linea Alta velocità/Alta capacità tra il porto di Genova e l’area intermodale di Rivalta Scrivia, comune di Tortona.





Il primo progetto venne respinto nel giugno del 1994; il secondo nel maggio del 1998, il terzo venne bloccato dalla Commissione ambiente con un pronunciamento interlocutorio negativo e una lunga serie di integrazioni e modifiche assai ampia e articolata.


Il progetto riprende vita solo grazie alla Legge Obiettivo, approvata nel 2001, che introduce variazioni nella normativa per la valutazione ambientale di opere considerate "strategiche" e il Terzo Valico viene inserito in queste. 


La linea attualmente dovrebbe servire a trasportare i container ad alta velocità e la realizzazione dell'opera, il cui limite di spesa massima è di € 6,2 miliardi (vale a dire 98 M€/km per 63 km comprese le diramazioni), a cui si dovranno aggiungere i costi non preventivati per la gestione dell’amianto, ha avuto l'avvio nel novembre del 2011 e dovrebbe terminare nel 2021.


La nuova linea si sviluppa complessivamente per 53 km, di cui 37 km in galleria e interessa 12 comuni delle province di Genova e Alessandria a cui si aggiungono i Comuni nel cui territorio gravano le cave di abbancamento dello smarino.





Le associazioni di cittadini che rappresentiamo si sono opposte all’opera e al metodo con cui questa è stata calata dall’alto per alcune ragioni che, ahimé, nel corso degli anni sono state confermate dalla cronaca e dalla realtà dei fatti.





Rifacendosi alle interpretazioni dei conflitti territoriali coniate dal professor Luigi Bobbio a cui il convegno è dedicato, possiamo dire che la nostra posizione critica è dettata dalla necessità di un nuovo modello di sviluppo che auspichiamo non solo per le nostre province ma per tutto il territorio nazionale ed europeo.





Riassumiamo qui di seguito le nostre posizioni:


·           Innanzitutto l’opacità della gestione di un’opera che ha avuto origine oscure (o chiarissime…) e che è stata gestita fin dalla sua genesi in maniera clientelare (Corruzione ad Alta Velocità) e non certo condivisa. A tal proposito, riteniamo illuminanti le dichiarazioni ufficiali, mai smentite, dell’allora Amministratore straordinario Lorenzo Necci, pubblicate in data 11.05.1991 su “Il sole-24 ore”: “Dopo l’ok del ministro dei trasporti che ha autorizzato l’Ente FS a perfezionare le strutture organizzative del sistema A.V., circa l’eventuale concessione al consorzio privato Co.C.I.V. (Collegamenti Integrati Veloci) della linea veloce MI-GE, Necci non nega che la Milano-Genova sia stata una carta di scambio per avere il via sulla TAV; aggiunge inoltre che le FS non hanno alcun dato reale che conforti la fattibilità della linea”.


Venticinque anni dopo, la Commissaria al Terzo Valico Iolanda Romano, nel corso dell‘incontro da lei stessa organizzato ad Alessandria in data 6 aprile 2017, intitolato “Gestione del rischio amianto nel territorio del Terzo valico – la parola ai tecnici”, così rispondeva a una domanda posta dal pubblico: Poi il commissario ha risposto all’ultimo quesito (di Domenico Di Filippo, M5S: «Progettato 30 anni fa, il Terzo valico è ancora attuale?») ammettendo che «sull’opera fu condotta un’analisi costi/benefici insufficiente ed è sovradimensionata».





·           Il mancato esame dell’opzione zero o di soluzioni alternative mirate a un adeguamento delle linee esistenti, che avrebbero dovuto essere analizzate nel contesto di una corretta analisi costi-benefici pubblica qualora fosse stata presentata. A tale proposito, dalle carte in possesso del Ministero, soltanto dopo oltre dieci anni è stato rilasciato un documento di poche pagine redatto nel 2003 dallo stesso Cociv che è il General Contractor dell’opera, cioè il progettista e realizzatore del Terzo valico: la predetta analisi è assolutamente insufficiente e inadeguata  a motivare un’opera di tale entità, di tale impegno finanziario, a totale carico dello Stato,  e di tale impatto ambientale sul territorio e sulla salute dei cittadini.


Ricordiamo peraltro che Cociv - Consorzio Collegamenti Integrati Veloci (partecipato da Salini-Impregilo (64%), Società Italiana Condotte d'Acqua (31%), CIV (5%) ha ottenuto l’assegnazione diretta del progetto, cioè senza una gara d’appalto, per la realizzazione di una infrastruttura del costo di 6 miliardi e 200 milioni di euro.





·           Il mancato raggiungimento delle quote di traffico necessarie ad ammortizzare l’investimento in tempi ragionevoli: le percentuali di traffico erano state sovrastimate in origine per giustificare la necessità dell’opera. Infatti, il Terzo Valico venne annoverato tra le opere strategiche per l'interesse nazionale sulla base di previsioni di incremento del traffico portuale che negli anni sono state smentite nei fatti: rispetto a quanto previsto nel 1991, oggi il porto di Genova tratta circa 2.000.000 TEU/anno. Di questi il 60% va verso nord (circa 1.200 TEU/anno).


Le attuali linee potrebbero quindi trasportare il 100% degli attuali TEU gestiti nel porto di Genova, mentre in realtà meno dell'8% dei TEU sono inviati via ferro: dunque le linee esistenti sono ampiamente sottoutilizzate.





·                    una politica nazionale dei trasporti che, da molti anni ormai, privilegia gli investimenti nell’alta velocità, come continuano a denunciare le associazioni ambientaliste e come evidenzia ogni anno il rapporto Pendolaria: “A seguito del trasferimento dei poteri sul servizio ferroviario locale alle Regioni senza indirizzi e controlli, sono state chiuse linee e cancellati collegamenti senza alcun intervento da parte dello Stato, quando i diritti dei cittadini alla mobilità sono gli stessi da Bolzano a Ragusa e garantiti da risorse pubbliche. In secondo luogo le risorse da parte dello Stato per far circolare i treni regionali sono state ridotte tra il 2009 e il 2016 del 19,1%, e solo poche Regioni hanno investito per garantire il servizio, in tutte le altre sono avvenuti tagli e aumenti dei biglietti. È da sottolineare poi che le Regioni hanno investito pochissimo per potenziare il servizio e comprare treni: in media la spesa per i pendolari non arriva allo 0,29% dei bilanci delle Regioni, ma nel Lazio, in Sicilia, Veneto, Puglia siamo sotto questa cifra. Infine, si è investito e si continua a investire su strade e autostrade, alta velocità ferroviaria” (Pendolaria 2016)





Dal punto di vista della corretta gestione della realizzazione dell’opera, tutte le nostre più fosche previsioni vengono periodicamente confermate dalla cronaca giudiziaria.





·       Il processo di costruzione di tale opera, infatti, è stato contaminato da infiltrazioni mafiose e reti di corruttela nonché segnato da gravi inadempienze e omissioni.


Ricordando solo i fatti più recenti, l’inchiesta delle procure di Genova e Roma ha portato alla decapitazione del management di Cociv, a seguito dalla serie di arresti avvenuti il 26 ottobre 2016.


Tutto questo non basta a far capire alla classe politica al potere che sarebbe necessario, in un’ottica di onestà, e correttezza chiudere definitivamente con Cociv e con l’opera.





·            L’attenzione all’ambiente, sventolata nella ricca propaganda a favore dell’opera, è di per sé un ossimoro, data la vastità del progetto. Inoltre sono stati sottostimati, volutamente o meno, alcuni fattori di rischio ambientale che hanno pertanto generato una situazione di emergenza. Già dal 1996   la commissione di valutazione ambientale prendeva in considerazione il rischio amianto in quanto il tracciato percorre la linea geologica Sestri-Voltaggio, caratterizzata da una rilevante presenza di rocce amiantifere.


Recenti studi condotti dalla Regione Piemonte sul tracciato del Terzo Valico dei Giovi hanno stimato una presenza di rocce verdi variabile dal 20 al 50 per cento dei materiali estratti: considerando valida la stima di Cociv di estrarre circa 13.000.000 mc di smarino, il rischio di dover gestire ingenti quantità di materiale contenente amianto è molto elevata.





Pur essendo un’opera che ha visto la luce nel 1991, la questione amianto dunque non è stata trattata ante operam. Questo ha fatto sì che di fatto i lavori siano iniziati senza alcuna precauzione e prima che fosse stato firmato un vero e proprio protocollo amianto: attualmente la gestione del rischio amianto è affidata allo stesso General Contractor, salvo sporadici campionamenti da parte di Arpa Piemonte.


A tal proposito, è tuttora in corso la diatriba che oppone le Arpa di Liguria e Piemonte contro Cociv in merito al metodo utilizzato da quest’ultimo per i campionamenti di smarino da caratterizzare.  Da settembre 2015 su sollecito dell’Arpa, le nuove direttive ministeriali impongono analisi sull’amianto in tutto il campione di roccia e non solo nella parte “setacciata”, come prevede invece la legge 161 del 2012, con margini di errore, secondo l’Arpa, fino al 98% : lo stesso Ministero però non ha mai fatto rispettare le prescrizioni di due anni fa al Cociv, che quindi continua a operare con il metodo che più gli conviene dal punto di vista dei costi e dei tempi, nel silenzio di tutte le altre istituzioni, nonostante i pericoli per la salute della popolazione.





L’amianto non è il solo fattore inquinante contenuto nello smarino: indagini di Arpa Piemonte hanno rilevato la presenza di idrocarburi e schiumogeni, utilizzati per l’estrazione dello smarino. La superficialità e l’approssimazione con cui è stato redatto il progetto esecutivo dell’opera hanno fatto sì che il piano cave debba essere continuamente aggiornato in quanto è sempre più difficile trovare i luoghi idonei dove smaltire lo smarino inquinato.





 Intanto i cittadini non riescono a far arrivare la loro voce nelle sedi istituzionali: nel corso del 2017, un comitato di cittadini di Alessandria ha raccolto le firme per chiedere al Consiglio comunale di approvare una delibera volta sospendere incondizionatamente l'utilizzo di qualsiasi cava sul territorio del Comune di Alessandria per la realizzazione del Terzo Valico. Purtroppo, l’allora sindaco aveva dato la disponibilità a usare la cava della Cascina Clara e Buona (che comprende un lago di circa 7 ettari) per l’abbancamento sotto falda dello smarino a poca distanza dai pozzi dell’acquedotto che serve la città di Alessandria e in piena area esondabile: agli inizi di marzo 2017, alcune analisi di Arpa sui campioni d’acqua di falda prelevati nei pozzi piezometrici intorno alla cava Clara e Buona evidenziavano la presenza di amianto fino a 300 mila fibre per litro. Sebbene non sia possibile ricondurre con esattezza tali dati allo smarino del Terzo Valico, poiché potrebbe sussistere un inquinamento pregresso, il buon senso e il principio di precauzione avrebbero dovuto far decidere per una esclusione del sito dal piano cave, una completa bonifica dell’area e una naturalizzazione della cava senza conferimento di altro materiale potenzialmente inquinante, anche per altre cause, non necessariamente riconducibili all’ amianto. Invece la cava è rimasta nel Piano redatto dalla Regione e il Comune si è rifiutato di discutere la richiesta dei cittadini in sede di consiglio comunale.





La vicenda è lunga e complessa e certamente ci saranno altri scoop e notizie di cronaca giudiziaria in merito all’opera. Tuttavia, le indagini in corso non hanno ancora evidenziato l’aspetto relativo all’appoggio politico di cui godono i sostenitori e realizzatori di questa onerosissima infrastruttura: attendiamo di conoscere i risultati dell’inchiesta.



(Documento redatto con i contributi di  Antonello Brunetti, Mauro Solari, Valentina Armirotti, il comitato dei cittadini di Alessandria, Legambiente Onlus, Piemonte VDA e dell'Ovadese, Comitati NoTav e di tutti coloro che informano senza condizionamenti : grazie!)







sabato 3 febbraio 2018

UNA BABELE DI SEMI 2018, TORINO 4 FEBBRAIO

 Il nostro socio Luciano ci segnala questo bell'evento di A.S.C.I. PIEMONTE 😊
                 Una Babele di Semi2018
la fiera dello SCAMBIO delle autoproduzioni di SEMI, marze, piantini, bulbi, pasta madre e saperi


                         
Cascina Roccafranca, 
                  via Rubino 45 ang. via Gaidano, TORINO
                   Domenica 4 FEBBRAIO 2018, 
                                       ore 9.30 – 16.30

La settima edizione di una Babele di Semi sarà dedicata al mais, cereale importante e coltivato ampiamente nei nostri territori, spesso associato a nefaste coltivazioni d'oltreconfine con ogm o locali con veleni per diserbo. 
Una panoramica sulle tecniche di coltivazione del mais e sulle prospettive agroecologiche, lavorando anche con popolazioni eterogenee evolutive caratterizzerà il laboratorio del mattino. 
Il tutto dentro una giornata di festa e di scambio di semi autoprodotti e saperi. Ad ogni seme il tuo terreno affinché siano i semi del futuro, per dare un valore tangibile alla biodiversità agricola in campo ed all’agricoltura contadina senza veleni nel nostro quotidiano, per una risposta concreta, nel nostro piccolo, 
Una giornata liberi dal denaro e ricca di umanità. 


 Sempre   negli spazi interni ed anche esterni della Cascina Roccafranca, ci incontriamo all’insegna della biodiversità agricola in una giornata di scambio di nostre autoproduzioni: semi, marze, piantini, bulbi e pasta madre. 

Lo scambio di quanto si porta (per chi desidera partecipare occorre munirsi di un tavolino di 1 m) si svolgerà in termini di reciprocità, su piccole quantità, assumendoci così l’impegno per la riproduzione, in loco per favorirne l’adattabilità e la conoscenza delle caratteristiche e delle migliori modalità di coltivazione , anche attraverso le informazioni, compilando la scheda del seme (link sotto). 

Come abbiamo sempre affermato la biodiversità agricola non è rappresentata solo dal materiale, da ciò che si riproduce ma anche dalla conoscenza ad essa associata. Il materiale scambiato non è soggetto ad alcun tipo di proprietà intellettuale in quanto in pubblico dominio. Non si tratteranno cioè varietà iscritte ai cataloghi commerciali e tanto la loro riproduzione quanto il loro scambio in modiche quantità non può essere considerato atto commerciale ma piuttosto un diritto universale esercitato dalle comunità.

PROGRAMMA :
 

- h 9.30 apertura fiera dello scambio semi e LABORATORI    dei saperi
- h 10 coltivazione del mais: potenzialità e limiti
- Situazione e prospettive della coltivazione del mais, Prof Reyneri (Univ. Torino)
- La valorizzazione di popolazioni open di mais, Dott.ssa Carlotta Balconi e Dott.ssa Rita Redaelli (CREA di Bergamo)
- h 12 cuciniamo con il mais
- h 14 dimostrazione pratica: innesti e potature di piante da frutta

Inoltre dalle 10.30 alle 14.30 si potrà  visitare la Piccola Mostra DI MELE COLTIVATE IN PIEMONTE

SPAZIO BIMBI durante tutta la giornata


PRANZO autogestito e condiviso, Al Tavolo dell'Abbondanza, portare vivande ed anche piatto/bicchiere/posate, zero denaro



Per ulteriori info ascipiemonte@gmail.com








scheda seme http://mercati.comune.torino.it/wp-content/uploads/SCHEDA_SEMIPDF.pdf

senza Mercanti, senza Denari, senza Supermercati

#NEVEDIVERSA 2018: UN ALTRO SGUARDO ALLA MONTAGNA

Care amiche e  amici,
ritorna anche quest'anno Nevediversa 2018.

Quest’anno la neve non manca e, come ben sappiamo, non per un ritorno di regolarità nelle stagioni. L’eccesso di neve, per come si è manifestata, al di là della naturale variabilità climatica, pare piuttosto un’altra anomalia a dimostrazione di quanto sia forte l’emergenza climatica.

Anche quest’anno la nostra campagna invernale Nevediversa sarà l’occasione per accendere i riflettori sugli aspetti della vulnerabilità ambientale, economica e sociale della montagna andando a raccontare come sia possibile piuttosto sviluppare un turismo alternativo alla monocultura dello sci alpino.

I circoli di Legambiente sono impegnati a organizzare tanti eventi per vivere l'ambiente montano in maniera sostenibile: escursioni con o senza la neve, ciaspolate diurne o notturne, serate di danze e musiche, tavolate di cibus loci, passeggiate con scarponi o sci da fondo, osservazione del cielo d'inverno, e molto altro, facendo tutto quello che si può fare in montagna SENZA utilizzare impianti di risalita o piste da discesa perché si può fare turismo senza scorticare e artificializzare la montagna, senza sprecare enormi quantità di energia e acqua.

Nevediversa è anche l’occasione per mettere l’accento su problematiche come l’eliski (sul sito la nostra posizione in proposito https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/manifesto_eliski.pdfe) e l’uso smodato delle motoslitte.

Inoltre quest’anno Legambiente  proporrà  un piccolo dossier dove verranno  presentate le buone pratiche alternative di turismo invernale che si vanno consolidando sull’intero territorio montano italiano. L’edizione 2018 è promossa non solo dal settore Alpi di Legambiente, ma anche dal settore Turismo di Legambiente. Vorremmo ottenere una prima istantanea di quel turismo invernale che si va strutturando, costruendo nuovi posti di lavoro, creando economia e che sta diventando un richiamo per coloro che vogliono vivere un rapporto diverso con la montagna, anche d’inverno. Pensiamo a società e cooperative con guide che hanno investito su queste pratiche soft, a comuni che, in assenza di impianti, organizzano eventi, ai gestori di rifugi o altri operatori turistici che stanno offrendo pacchetti alternativi e tutto quello di interessante che sta nascendo sul territorio.
Lo pubblicheremo appena disponibile: stay tuned 😉!

Intanto, il primo appuntamento di Nevediversa 2018 è in Valchiavenna: qui sotto troverete informazioni e contatti per partecipare



              Buona #nevediversa a tutti!