sabato 30 aprile 2016

INIZIA LA RASSEGNA CINEMATOGRAFICA "NATURA A SCHERMO INTERO" - CASTELLO DI TASSAROLO DAL 6 MAGGIO AL 17 GIUGNO







LA TRANSIZIONE DALL'ENERGIE FOSSILI A QUELLE RINNOVABILI: RIFLESSIONI


Per capire il caso Iplom e Val Polcevera:



La verità su Iplom
intrent'anni
di errori coperti
da politici amici
dal secoloxix di martedi 26 aprile 2016
di grasso indice margiocco

NEGLI ULTIMI 30 anni l'Iplom, la raffi-
neria coinvolta nel disastro del Polce-
vera, ha dato lavoro a moltissime fa-
miglie, lacerato una comunità, otte-
nuto sponde dai partiti e ammiccato a
qualche conflitto d'interesse. Da que-
sta verità occorre ripartire, per deci-
dere che fare ora che le due emergen-
ze - ambiente e lavoro - coesistono.

Gli ultimi (e decisivi) trent'anni

Lavoro e politici "amici"
ecco la verità sulla Iplom

Tutti gli errori da non ripetere per salvare occupazione e ambiente

MARCO GRASSO
MATTEO INDICE

«BASTA fare i piagnoni», dice il
presidente della Regione Gio-
vanni Toti (Forza Italia), com-
mentando l'allarme sul Mar Li-
gure per il greggio fuoriuscito
dall'oleodotto Iplom di Fegino.
«Bastapoliticafossile, investia-
mo sulle fonti rinnovabili», ri-
lancia invece il Movimento 5
Stelle, mentre il Pd la risolve
senza prendere posizioni.
L'importante è sapere bene di
cosa si staparlando, e quali par-
tite politiche e sindacali si gio-
chino dietro lo stabilimento
petrolchimico di Busalla, poi-
ché i depositi e i tubi di Fegino

non esisterebbero se non ci fos-
se la fabbrica in Valle Scrivia.

La raffineria - una delle sedici
totali presenti sul territorio ita-
liano - soprattutto negli ultimi
trent'anni ha dato lavoro a
moltissime famiglie, lacerato
una comunità, ottenuto im-
pensabili, e in taluni casi irre-
versibili, sponde dai partiti,
ammiccato a qualche conflitto
d'interesse e goduto d'un di-
screto oscurantismo sulle in-
formazioni in materia epide-
miologica nel territorio dove
aveva sede. Da questa verità
storica occorre ripartire, per
decidere cosa fare ora che le
due emergenze di solito in an-
titesi - ambientale e occupa-
zionale-coesistono.

"Golpe" di scena

Nata negli anni '30 in Piemonte
(Iplom sta per Industria pie-
montese lavorazione oli mine-
rali), insediatasi nel'44aBusal-
la. la società svolta nel '62 con il
consolidamento dei depositi in
Valpolcevera e il collegamento
fino al Porto Petroli di Multedo.
Ma il periodo cruciale, che se-
gnerà nel male e nel bene il de-
stino d'un pezzo di Liguria, è
compreso fra 1988 e 2000: dal-
l'azienda sull'orlo del baratro
(amministrazione controllata,
dipendenti più che dimezzati)
a un incredibile rilancio. È in
quell'arco temporale che la raf-
fineria rivoluziona la politica
produttiva, concentrandosi
sulla cosiddetta "parte bassa"
del barile, iniziando a sfornare
vari tipi di gasolio e arrabattan-
dosi per un paio d'anni mentre
in Comune entra una mai vista
maggioranza Dc-Pci, guidata
da Luigi Traverso. Dal Munici-
pio fanno pressione sugli (altri)
enti locali affinché si pensi a
un'alternativa, ricollocando i
lavoratori rimasti. Ma una
«mozione di sfiducia costrutti-
va», promossa da un pezzo di
maggioranza e da una parte
dell'opposizione, ribalta tutto.
S'insedia un sindaco, Loris Ma-
ieron, che avrà per lungo tem-
po nella sua giunta uno storico
dirigente Iplom, Luciana Melo-
ni. E la storia degli anni '90 di-
venta una durissima contesa
fra due anime agli antipodi nel-
la medesima vallata: c'è chi de-
testa la fabbrica, e coloro che
dalla fabbrica ottengono il pa-
ne. Ne succedono di tutti i colo-
ri mentre la Regione, principa-
le referente dei ministeri che
devono rinnovare le conces-
sioni, si gira spesso dall'altra
parte (vedi tabella in alto, ndr).
Sarà l'allora superdirigente
dell'Ambiente Corrado Clini, in
seguito divenuto ministro e
travolto da uno scandalo di
mazzette, a dire sul finire degli
anni '90: «Noi abbiamo l'ultima
parola, ma il parere degli enti
locali, ancorché non vincolan-
te, è importantissimo».

Iplom intanto fa il suo : lievita
di nuovo fino a 250 dipendenti
(più altrettanti nell'indotto)
foraggia le squadra di calcio, di
pallavolo e il tessuto commer-
ciale. E soprattutto punta al
bersaglio grosso nel 1998, con
l'installazione d'un nuovo im-
pianto per la desolforazione
del gasolio. Barricate degli am-
bientalisti, manifesti con elo-
quenti foto di aria e acqua in-
quinate, ma non è classificata
come «modifica strutturale»,
quindi niente Valutazione
d'impatto ambientale e lo sta-
bilimento cresce. Alle comuna-
li busallesi del '99 la lista civica
degli ambientalisti, che inglo-
ba simpatizzanti di Alleanza
Nazionale e Rifondazione Co-
munista ed è guidata da
un'esponente dei Verdi, arriva
seconda su cinque e in sella re-
sta il sindaco precedente. È il
preludio del secondo successo
fondamentale per Iplom sul
piano politico, che si materia-
lizza nel 2000. La Regione nel
'99 aveva formalizzato il pare-
re favorevole al rinnovo delle
concessioni ministeriali (pre-
sidente Giancarlo Mori, cen-
trosinistra) chiedendo che non
fossero di 30, ma di 15 anni. Il
via libera arriva e prevede una
scadenza nel 2013, che viene
poi superata dall'Autorizza-
zione integrata ambientale.

Il dossier sui tumori

È un periodo clou anche per un
altro motivo. Dopo anni di ri-
chieste cadute nel vuoto sulla
realizzazione d'un vero studio
epidemiologico in Valle Seri-
via, che certifichi se c'è legame
fra alcune malattie e l'esposi-
zione alla raffineria, spunta la
denuncia di Marina Vercelli,
responsabile del Registro tu-
mori all'Ist di Genova. Durante
un convegno a Venezia (4 otto-
bre 2001) rende noti i dati di
uno studio parziale ma inquie-
tante: «Emergono, con ina-
spettata evidenza, gli incre-
menti di rischio significativi
per il cancro all'occhio e all'en-
cefalo. Inoltre, per un certo nu-
mero di sedi si osservano valori
tendenzialmente più elevati
per laringe, prostata e linfomi...
L'ipotesi di studio da valutare è
il rapporto tra esposizione ai
processi di raffinazione del pe-
trolio e incremento dei tumori
del sistema nervoso». L'asses-
sore alla Salute della Regione
Roberto Levaggi (centrodestra,
oggi sindaco di Chiavari) dice
che le cause potrebbero essere
molteplici e non va escluso «il
traffico». Fatto sta che quello
studio preliminare non è mai
stato approfondito, per capire
se fosse la punta di un iceberg o
un abbaglio. Vinta buona parte
della battaglia, e garantito il la-
voro a 500 famiglie del posto,
Iplom fa i conti nel quindicen-
nio successivo con tre gravi in-
cidenti (l'ultimo è quello di po-
chi giorni fa).

Incidenti e investimenti

Investe quasi 200milioni inap-
parati di sicurezza, ottiene cer-
tificazioni di qualità e gode
d'una sorta di silenzio-assenso
dalla maggioranza di centrosi-
nistra guidata in Regione da
Claudio Burlando fra 2005 e
2015: «Tanto decide Roma», la
sintesi della replica sempre
fornita a chi protesta. Nel 2010
l'azienda ottiene la fondamen-
tale Autorizzazione integrata
ambientale (ministro dell'Am-
biente Stefania Prestigiacomo)
e poco dopo va a regime il po-
tenziamento degli impianti nel
cosiddetto progetto "Autoil 2".
Perdiecianni,dal2004al2014,
il sindaco di Busalla è Mauro
Valerio Pastorino, un medico
che definisce «incompatibili»
la fabbrica con il paese, ma sa
che ormai non si può risolvere
la questione con un colpo di
bacchetta magica e scrive a
mezzo mondo per chiedere
che i controlli siano più seri.
Nel 2014 non può più ricandi-
darsi e vince le elezioni di nuo-
vo Loris Maieron, quello del
1991, mentre dopo un anno
tramonta Burlando e torna in
Regione il centrodestra con
l'exploit di Giovanni Toti. Negli
ultimi giorni il segretario della
Filctem-Cgil genovese, Anto-
nio Grifi, che sta trattando la
cassa integrazione dei dipen-
denti bloccati dopo il seque-
stro degli impianti^ di Fegino,
l'ha detto chiaro: «È in gioco il
lavoro, il rischio zero non esi-
ste». Una comunità magari può
accettare per un po' il compro-
messo. Ma deve sapere, davve-
ro, quant'è il rischio e di cosa.




E la transizione non passa nemmeno dal nucleare:


Le Figaro Magazine, 15-16 aprile 2016





SABATO 7 MAGGIO A GAMALERO -AL: AMMIRIAMO L'ARTE ISPIRATA DALLA NATURA E RISCOPRIAMO LE VARIETA' ANTICHE DI ALBERI DA FRUTTO




"La natura ispiratrice"

Sabato 7 Maggio 2016 alle ore 16:00

presso il Parco dei frutti nell'Area Verde 'Monica Bassan'

15010 - Gamalero (AL)



Una mostra dedicata ai dipinti e lavori di Mario Annone

con Laura Bernasconi, Nella Sardi e fotografie di Pier Gianni Agoglio, Fulvio Ferrua, Sergio Maranzana.

Visita al Parco dei frutti

Alla fisarmonica Gianni Coscia






Promossa e organizzata dalla associazione Pronatura Gamalero 'La collina' e la Pro Loco di Gamalero con il patrocinio del Comune di Gamalero



Ingresso libero









PRO NATURA Gamalero “La collina”
c/o ex Asilo Badò – 15010 San Rocco di Gamalero (Al)
pronaturagamalero@libero.it   -  http://pronaturagamalero.wix.com/gamalero   

TERRE DI MEZZO TRA MILANO E IL MARE....

INVITO ALL'INIZIATIVA DEL PARCO DELLE
AREE PROTETTE DELL'APPENNINO PIEMONTESE




Venerdì 6 maggio 2016 ore 21.00 alla biblioteca comunale di Bosio (AL) l'Ente Aree Protette Appennino Piemontese invita alla presentazione del libro "MilanoMare - Itinerari alternativi da Milano al mare" di Lorenza Russo.

Scritto in prima persona, “Milanomare” (Metrangolo, 127 pagine, 13 euro) viene considerato dall’autrice una divagazione appenninica, il risultato di una serie di viaggi “solitari e felici” in un territorio a cavallo tra la pianura padana e il mar Ligure.

Dalla prefazione “Gli itinerari in questo libro possono essere effettuati in una sola giornata, oppure divisi in due o più tappe o concatenati tra loro”, “Poco per volta ho scoperto cosa c’è di mezzo, tra Milano e il mare. Ho scoperto che c’erano tre immensi parchi naturali e ho incrociato percorsi millenari. La mia mente e la mia anima ancora si nutrono di quei viaggi che avrei voluto infiniti…”
https://www.facebook.com/HoepliArteFotoGrafica/videos/974110302661006/
http://www.lorenzarusso.com/


_______________________________

Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Appennino Piemontese

Via Umberto I, 32/A - 15060 Bosio (AL) Italia

Tel/Fax +39 0143 684777




Partita IVA 01550320061

Coordinate Bancarie IT47U0200848310000103013498


domenica 24 aprile 2016

DA CHERNOBYL A SALUGGIA : MARTEDÌ 26 APRILE , PRESIDIO E DIBATTITO PUBBLICO


Riceviamo da Gian Piero Godio, responsabile regionale energia - Legambiente Vercelli e volentieri diamo diffusione dell'evento organizzato da Legambiente e Pronatura del Vercellese, in occasione del trentesimo anniversario della vicenda di Chernobyl.





A trent'anni dalla tragedia di Chernobyl,
e dalla chiusura del nucleare italiano:
prima potevamo non sapere, ora sappiamo,
ma ben poco è cambiato!


Dopo Chernobyl’, pareva ovvio che la società civile scegliesse un’altra via di sviluppo.
Lontana dall’atomica.
L’era atomica doveva essere chiusa.
Andavano cercate altre vie.
E invece continuiamo a vivere con la paura di Chernobyl’ ...
Pensavo di avere scritto del passato.
Invece era il futuro.

Svetlana Aleksievic
Premio Nobel per la letteratura (2015)


Il rischio radioattivo per il Vercellese
Il più grande problema del Vercellese è quello dei rifiuti radioattivi qui presenti da oltre trent’anni, a Saluggia e a Trino, anche in forma liquida, come risultato dell'attività della centrale "Enrico Fermi" di Trino e dell'attività di riprocessamento che era praticata presso l’impianto Eurex di Saluggia negli anni 70-80, e che ha fatto sì che il Vercellese abbia oggi sul proprio territorio oltre il 90% dei rifiuti radioattivi di tutta Italia.
Per i rifiuti liquidi attualmente stoccati a Saluggia è indispensabile la costruzione dell'impianto di solidificazione (Cemex), che solidificandoli li possa rendere trasportabili al deposito nazionale, o quantomeno in un sito meno assurdamente pericoloso.

La beffa dei nuovi depositi nucleari
Mentre l'iter per l'individuazione del sito per il deposito nazionale è fermo (la Carta delle aree potenzialmente idonee, pronta da un anno, non è mai stata pubblicata), quello che invece è stato fatto negli ultimi anni e che va avanti è il progetto di costruire nei siti nucleari di Saluggia e di Trino nuovi, costosissimi depositi di scorie definiti "temporanei" (ma di fatto senza scadenza): se dovessero essere realizzati, siamo sicuri che dal Vercellese i rifiuti radioattivi non andrebbero via mai più  … e purtroppo tutti sanno quanto i siti di Saluggia e di Trino siano eccezionalmente pericolosi: uno per la sua collocazione a pochi metri dalla Dora Baltea e proprio a monte dei pozzi del più grande acquedotto del Piemonte, l’altro per essere sulla riva del Po.
Contro questi depositi, che per il Vercellese rappresenterebbero l’ultima beffa, Legambiente e Pro Natura, insieme a moltissimi Cittadini della zona,  hanno più volte affermato e anche dimostrato di essere pronti ad una durissima opposizione. Sono passati trent'anni dalla fine dell'era nucleare italiana: le scorie radioattive devono essere allontanate prima possibile dai siti di Saluggia e Trino, non "messe temporaneamente in sicurezza" (come si dice) in queste aree intrinsecamente insicure.


A presto!

Gian Piero Godio

RIVISTA DI ECOLOGIA POLITICA: AGGIORNAMENTO DEL SITO WEB

Riceviamo e con piacere diffondiamo la lettera di Giovanna Ricoveri e Giovanni Carrosio in merito alla rinnovata edizione web della rivista "Ecologia Politica" con contributi e analisi stimolanti e di ottimo livello.

Carissimi,

è stato aggiornato il sito www.ecologiapolitica.org della rivista CNS - Ecologia Politica, con gli articoli del numero 4-2016.

Tra i tanti temi, si segnalano: l’editoriale di Giovanna Ricoveri e Giorgio Nebbia sul referendum del 17 aprile; un articolo di Giovanni Carrosio sulla transizione energetica; un pezzo di Franco Arminio sulle aree interne.

Ecco qui il sommario completo:

Sommario n.4/2016

Editoriale. Il referendum NoTriv e il piano energetico nazionale – Giovanna Ricoveri e Giorgio Nebbia

ARTICOLI

1. La transizione energetica in Italia: tra strategie di conservazione e comunità emergenti – Giovanni Carrosio

2. Ecoworriors. Si sollevano per la Terra – Vandana Shiva

3. Idee per il Mediterraneo interiore – Franco Arminio

4. Salviamo le biblioteche ambientali – Giorgio Nebbia

MEMORIA

5. L’economia come se la gente contasse. I trent’anni “di Small is Beautiful” – Giuseppina Ciuffreda

6. Quel che la Guerra serve a nascondere – Giovanna Ricoveri

7. Produzione di merci a mezzo di natura – Giorgio Nebbia

RECENSIONE

Carlo Petrini, Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo, Giunti 2015 – Luciana Castellina

Per la redazione,

Giovanna Ricoveri e Giovanni Carrosio

sabato 23 aprile 2016

DOSSIER: L'AGRICOLTURA CHE NON CI PIACE....!

Pubblichiamo alcuni contributi che riguardano un certo modo di fare agricoltura, certamente collegato all'approccio di tipo industriale che è connaturato all'economia consumistica che ha caratterizzato e tuttora caratterizza il cosiddetto "progresso e sviluppo"

Risposta della Professoressa Patrizia Gentilini (ISDE ) al Professor  Garattini che ha partecipato alla trasmissione dì Dimartedì sulla La7 su alimentazione/cibi biologici  del 14 aprile








Ricordiamo l'interessante DOSSIER 2015 di Legambiente sui Pesticidi a Tavola


Dossier Stop Pesticidi 2015

                                                                                                                       


Il nuovo rapporto di Legambiente sui residui chimici nei prodotti alimentari. Uva da record in Puglia con 15 diverse sostanze chimiche rinvenute; sette residui sul basilico in Liguria, otto sulle fragole analizzate a Bolzano  
In Italia l’uso della chimica in agricoltura è sempre elevato (siamo i primi consumatori europei di fitofarmaci e molecole chimiche per l’agricoltura secondo l’ultimo rapporto Eurostat) ma va rilevato il costante aumento della superficie coltivata con metodo biologico (+23,1% dal 2010 al 2013) e la sempre maggiore diffusione di pratiche agricole alternative e sostenibili.
Nonostante ciò, il quadro che emerge dall’ultimo rapporto "Stop PEsticidi" è tutt’altro che rassicurante: il 42% dei campioni analizzati (su un totale di 7132) risulta contaminato da uno o più sostanze chimiche. Il multiresiduo (presenza concomitante di più residui chimici in uno stesso campione alimentare), è salito di cinque punti percentuale dal 2012 al 2014, passando dal 17,1% al 22,4%, con campioni da record: cinque residui nelle mele, otto nelle fragole, quindici nell’uva da tavola, cioè in alimenti dalle ben note proprietà nutrizionali che però finiscono sulle nostre tavole carichi di pesticidi. LEGGI TUTTO

Da Repubblica del 22 aprile 

Glifosato, primo test in Italia: tracce in pasta e biscotti

Il Salvagente rivela residui dell'erbicida - al centro di un dibattito scientifico sulla sua tossicità - in una cinquantina di alimenti a base di cereali. Ma fortunatamente nei limiti di legge. I produttori: "Nessun rischio neppure mangiando 200 kg di cibo al giorno"

  • ROMA - Dalla pasta ai biscotti, dai corn flakes alle farine fino all'acqua che arriva nelle nostre case: il glifosato, l’erbicida sviluppato dalla Monsanto (che lo distribuisce con il nome commerciale di Roundup) sembra essere dappertutto. A poco più di una settimana dal discusso voto del Parlamento Europeo che, il 13 aprile scorso, ha chiesto alla Commissione di rinnovare l’autorizzazione all'uso del diserbante per altri 7 anni in agricoltura (contro i 15 inizialmente previsti), il Test Salvagente ha illustrato i risultati delle prime analisi italiane effettuate, da laboratori accreditati, su una cinquantina di alimenti che mangiamo (e beviamo) tutti i giorni e che saranno pubblicate sul numero in edicola dal 23 aprile. Svelando quanto sia difficile per i consumatori italiani trovare prodotti senza tracce di questa sostanza.

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Pesticides : Bruxelles va proposer une réautorisation du Roundup pour dix ans

LE MONDE | • Mis à jour le | Par
                     

Pulvérisation de pesticides à Vimy, près de Lens, en juin 2014.
Pulvérisation de pesticides à Vimy, près de Lens, en juin 2014. DENIS CHARLET / AFP

La Commission européenne devrait proposer d’autoriser de nouveau le glyphosate pour dix ans. C’est en tout cas le sens d’un projet de règlement d’exécution, dont Le Monde a obtenu copie, et qui sera soumis au vote des Etats membres les 18 et 19 mai. A Bruxelles, on ne souhaite pas commenter cette version de travail, mais on précise que « les discussions se poursuivent avec les Etats membres pour parvenir à une proposition qui sera adoptée à une majorité qualifiée ». Les 7 et 8 mars, une proposition de réautorisation de quinze ans n’avait pas été votée en comité, faute d’une telle majorité.

La France en particulier s’y était opposée. Contacté par Le Monde, l’entourage de la ministre de l’environnement, Ségolène Royal, confirme que « Paris restera opposé à une remise en selle du glyphosate pour dix ans ».
L’homologation du glyphosate — le pesticide le plus utilisé au monde, le plus fréquemment retrouvé dans l’environnement et la molécule active du célèbre désherbant Roundup – arrive à son terme le 30 juin et la question de sa réautorisation est au centre d’une vive polémique. En mars 2015, le Centre international de recherche sur le cancer (CIRC) – l’agence de l’Organisation mondiale de la santé (OMS) chargée d’évaluer et d’inventorier les causes de cancer – a en effet classé la substance comme « cancérogène probable » pour les humains. Le processus européen de réévaluation de la molécule était alors en cours et s’est achevé en octobre de la même année, concluant au contraire que le potentiel cancérogène de la molécule était « improbable ».

Aucune restriction d’usage

L’affaire est au centre d’une attention médiatique et politique considérable. Le 13 avril et pour la première fois de son histoire, le Parlement européen s’est autosaisi d’une question aussi technique que l’homologation d’une molécule phytosanitaire. Il a voté en séance plénière une résolution demandant une réautorisation de la substance restreinte à sept ans et assortie de nombreuses restrictions (interdiction d’utilisation par les particuliers et les collectivités, restriction de certains usages agricoles, etc.).
Au contraire, le projet de règlement d’exécution consulté par Le Monde n’intègre aucune de ces restrictions. Il précise que certains coformulants – des substances qui renforcent l’efficacité du glyphosate – dits « POE-tallowamines » seront interdits, et qu’une liste de ces adjuvants dangereux devra être établie par l’Autorité européenne de sécurité des aliments (EFSA) en coopération avec les Etats membres et la Commission.

Perturbateurs endocriniens

« Le projet est une vaste plaisanterie sur tous les plans, tempête la députée européenne Michèle Rivasi (EELV). Ce projet persiste et signe, à ne pas seulement autoriser le glyphosate comme herbicide mais aussi à traiter les plantes avant la récolte pour accélérer le processus de maturation. » Cet usage, qui consiste à appliquer le produit sur les cultures qui seront consommées, est celui qui expose le plus la population. La résolution adoptée par les eurodéputés avait jugé « inacceptable, tant pour la protection de la santé humaine que de l’environnement, de recourir à un herbicide non sélectif à de telles fins ».
« La Commission demande aux entreprises qui vendent des produits à base de glyphosate d’apporter les données qui prouvent que cette substance n’est pas un perturbateur endocrinien : c’est un non-sens total, fustige Mme Rivasi. La Commission et les Etats membres sont prêts à réapprouver cette substance sans savoir si elle est un perturbateur endocrinien et en faisant confiance aux industriels pour leur apporter des éléments objectifs, mais seulement après la décision de renouvellement ! »
De leur côté, les industriels commercialisant des pesticides à base de glyphosate contestent le classement du produit par le CIRC comme « cancérogène probable » et assurent que cette substance est l’herbicide au meilleur profil toxicologique actuellement disponible.


  

EMERGENZA #PETROLIO A #GENOVA





DA IL MANIFESTO DEL 19 APRILE


  A Genova è emergenza nazionale”
 
Intervista. Il presidente ligure di Legambiente, Santo Grammatico: "Nella zona dove è esplosa la condotta, con i rivi in secca imbevuti di petrolio, ci vorranno anni per bonificare. Dove c'è l'acqua è più facile, grazie alle panne assorbenti. L'azienda si è scusata, ora deve rifondere tutti i danni. E passiamo presto alle fonti rinnovabili".


“Ero lì fino a un paio di ore fa, poi i miasmi sono diventati troppo forti, mi faceva male la gola e mi bruciavano gli occhi. Una situazione devastante”.
– Santo Grammatico, come presidente ligure di Legambiente lei ha subito dato l’allarme, segnalando che l’intero ecosistema della zona più vicina alla condotta della Iplom è stato spazzato via.
“L’esplosione della condotta è avvenuta nella parte alta del rio Penego, che confluisce nel rio Fegino e poi nel torrente Polcevera, che è uno dei corsi d’acqua più importanti di Genova. Nel piccolo alveo del rio Penego, che purtroppo è in secca ed è quindi stato inondato di petrolio, si vede bene la massa di terra riversata lì, terra che copriva la condotta. Aspettiamo le perizie tecniche per avere la sicurezza, ma con tutta probabilità è stata la condotta a saltare. Infatti in quel punto c’è un buco”.
– La mancanza d’acqua ha aggravato la situazione? Perché?
“Perché il petrolio è più leggero dell’acqua, e galleggia. Dove c’è acqua, per le squadre di soccorso è più facile sistemare le panne assorbenti. Addirittura si possono creare della mini dighe artificiali, far salire il livello e intervenire più facilmente in superficie, per bloccare buona parte dell’inquinamento. Invece nel rio Penego, e anche in un tratto del rio Fegino, di acqua non ce n’era. Così gli alvei si sono imbevuti di petrolio: le piante, l’erba, gli animali. Là ci sono gli operai delle ditte di bonifica al lavoro, per cercare di tamponare l’emergenza. E uno di questi operai mi ha confermato che il petrolio è penetrato nel sottosuolo: ‘Ne avremo per un anno – mi ha detto – come lo rimuovi da una parte, lo ritrovi dall’altra’. Davvero una brutta situazione, perché in fondo questa è una zona di campagna, con gli orti e i frutteti”.
– Anche il torrente Polcevera è messo male. Le ultime notizie dicono che il petrolio è arrivato fino al mare, lo conferma?
“Sì, nonostante le panne assorbenti una parte del liquido è stata già avvistata alla foce del Polcevera. Ma scendendo a valle, paradossalmente, la situazione è più controllabile, proprio perché l’acqua permette di intervenire con molta più efficacia per ‘succhiare’ con le panne il petrolio. E’ a monte che gli effetti di quanto accaduto si faranno sentire, per parecchio tempo”.
– Chi abita in quella zona di Genova è esasperato. Qualcuno si è sentito male per i miasmi, tanti hanno approfittato dell’arrivo delle telecamere per denunciare che non si può andare avanti così. Hanno detto che non è la prima volta che ci sono sversamenti di petrolio.
“Già nel 2012 c’era stato uno sversamento, ma non di queste proporzioni. Quella volta le conseguenze non erano state così disastrose come ora. Qui invece, e mi sembra che lo abbia detto anche il presidente regionale Toti, siamo di fronte a un’emergenza nazionale per la quantità di greggio finita nei rivi, e per la vastità della zona interessata. Ci vorranno anni prima che la natura riesca a ricucire una ferita del genere”.
– Si è già parlato di condutture troppo vecchie e corrose dal tempo, e di tempi di intervento troppo lenti rispetto alla velocità dell’inquinamento. Cosa può dirci in proposito?
“Non molto per quanto riguarda le condutture. Qui sarà la magistratura che dovrà fare chiarezza sullo stato dell’impianto, c’è già una inchiesta per disastro ambientale colposo. Quanto ai soccorsi, per fortuna lo scoppio della conduttura è avvenuto nel tardo pomeriggio di domenica, mentre c’era ancora luce. Quindi l’allarme è stato dato subito dai residenti, che hanno visto il fiume nero di petrolio lungo il rio Penego. I Vigili del fuoco sono arrivati tempestivamente, e anche il Comune si è mosso subito, al tramonto la Protezione civile era già operativa”.
– E l’azienda che ha fatto?
“Si è mossa anche lei, e si è già scusata per l’accaduto. Ora però ci aspettiamo anche che ripaghi i danni alla popolazione, fino all’ultimo centesimo. Questo disastro non deve essere rimediato con i soldi pubblici, deve essere la Iplom a pagare. E, se mi permetti, vorrei anche dire che, magari non domani ma entro dieci anni, dovremmo abbandonare questi impianti pericolosi e di sostanze fossili e inquinanti come il petrolio, e fare una transizione energetica verso le fonti rinnovabili”.

EMERGENZA #PETROLIO A #GENOVA





DA IL MANIFESTO DEL 19 APRILE


  A Genova è emergenza nazionale”
 
Intervista. Il presidente ligure di Legambiente, Santo Grammatico: "Nella zona dove è esplosa la condotta, con i rivi in secca imbevuti di petrolio, ci vorranno anni per bonificare. Dove c'è l'acqua è più facile, grazie alle panne assorbenti. L'azienda si è scusata, ora deve rifondere tutti i danni. E passiamo presto alle fonti rinnovabili".


“Ero lì fino a un paio di ore fa, poi i miasmi sono diventati troppo forti, mi faceva male la gola e mi bruciavano gli occhi. Una situazione devastante”.
– Santo Grammatico, come presidente ligure di Legambiente lei ha subito dato l’allarme, segnalando che l’intero ecosistema della zona più vicina alla condotta della Iplom è stato spazzato via.
“L’esplosione della condotta è avvenuta nella parte alta del rio Penego, che confluisce nel rio Fegino e poi nel torrente Polcevera, che è uno dei corsi d’acqua più importanti di Genova. Nel piccolo alveo del rio Penego, che purtroppo è in secca ed è quindi stato inondato di petrolio, si vede bene la massa di terra riversata lì, terra che copriva la condotta. Aspettiamo le perizie tecniche per avere la sicurezza, ma con tutta probabilità è stata la condotta a saltare. Infatti in quel punto c’è un buco”.
– La mancanza d’acqua ha aggravato la situazione? Perché?
“Perché il petrolio è più leggero dell’acqua, e galleggia. Dove c’è acqua, per le squadre di soccorso è più facile sistemare le panne assorbenti. Addirittura si possono creare della mini dighe artificiali, far salire il livello e intervenire più facilmente in superficie, per bloccare buona parte dell’inquinamento. Invece nel rio Penego, e anche in un tratto del rio Fegino, di acqua non ce n’era. Così gli alvei si sono imbevuti di petrolio: le piante, l’erba, gli animali. Là ci sono gli operai delle ditte di bonifica al lavoro, per cercare di tamponare l’emergenza. E uno di questi operai mi ha confermato che il petrolio è penetrato nel sottosuolo: ‘Ne avremo per un anno – mi ha detto – come lo rimuovi da una parte, lo ritrovi dall’altra’. Davvero una brutta situazione, perché in fondo questa è una zona di campagna, con gli orti e i frutteti”.
– Anche il torrente Polcevera è messo male. Le ultime notizie dicono che il petrolio è arrivato fino al mare, lo conferma?
“Sì, nonostante le panne assorbenti una parte del liquido è stata già avvistata alla foce del Polcevera. Ma scendendo a valle, paradossalmente, la situazione è più controllabile, proprio perché l’acqua permette di intervenire con molta più efficacia per ‘succhiare’ con le panne il petrolio. E’ a monte che gli effetti di quanto accaduto si faranno sentire, per parecchio tempo”.
– Chi abita in quella zona di Genova è esasperato. Qualcuno si è sentito male per i miasmi, tanti hanno approfittato dell’arrivo delle telecamere per denunciare che non si può andare avanti così. Hanno detto che non è la prima volta che ci sono sversamenti di petrolio.
“Già nel 2012 c’era stato uno sversamento, ma non di queste proporzioni. Quella volta le conseguenze non erano state così disastrose come ora. Qui invece, e mi sembra che lo abbia detto anche il presidente regionale Toti, siamo di fronte a un’emergenza nazionale per la quantità di greggio finita nei rivi, e per la vastità della zona interessata. Ci vorranno anni prima che la natura riesca a ricucire una ferita del genere”.
– Si è già parlato di condutture troppo vecchie e corrose dal tempo, e di tempi di intervento troppo lenti rispetto alla velocità dell’inquinamento. Cosa può dirci in proposito?
“Non molto per quanto riguarda le condutture. Qui sarà la magistratura che dovrà fare chiarezza sullo stato dell’impianto, c’è già una inchiesta per disastro ambientale colposo. Quanto ai soccorsi, per fortuna lo scoppio della conduttura è avvenuto nel tardo pomeriggio di domenica, mentre c’era ancora luce. Quindi l’allarme è stato dato subito dai residenti, che hanno visto il fiume nero di petrolio lungo il rio Penego. I Vigili del fuoco sono arrivati tempestivamente, e anche il Comune si è mosso subito, al tramonto la Protezione civile era già operativa”.
– E l’azienda che ha fatto?
“Si è mossa anche lei, e si è già scusata per l’accaduto. Ora però ci aspettiamo anche che ripaghi i danni alla popolazione, fino all’ultimo centesimo. Questo disastro non deve essere rimediato con i soldi pubblici, deve essere la Iplom a pagare. E, se mi permetti, vorrei anche dire che, magari non domani ma entro dieci anni, dovremmo abbandonare questi impianti pericolosi e di sostanze fossili e inquinanti come il petrolio, e fare una transizione energetica verso le fonti rinnovabili”.