giovedì 23 ottobre 2014

L'IMPATTO DELL'UOMO SUI SISTEMI FLUVIALI



L'IMPATTO DELL'UOMO SUI SISTEMI FLUVIALI


 













"I fiumi sono l'ambiente naturale maggiormente modificato dall'attività dell'uomo nei secoli".
Con questa citazione il dottor Tiziano Bo (Professore presso il dipartimento di scienze e innovazione tecnologica dell'università di Alessandria) ha aperto la conferenza a tema, tenutasi sabato 18 ottobre in casa Certosini di Voltaggio, sede del circolo Legambiente Val Lemme, promotore della serata.
Le ragioni che hanno portato il circolo a contattare - lo scorso settembre - un esperto del settore traggono origine dai continui interventi in alveo, accaduti e annunciati, in molti corsi d'acqua della valle.
E' noto infatti che il Terzo Valico Giovi (TVG), il parco eolico del monte Poggio ed il potenziamento del metanodotto SNAM Novi - Pietralavezzara avranno un fortissimo impatto sul territorio e sul torrente Lemme e affluenti.
Da qui le domande dei cittadini in merito alle attività umane che influiscono sui corsi d'acqua, cui il Professor Bo ha dato risposte chiare ed esaustive.
Il fiume, una massa di acqua che scorre da monte verso valle è un complesso ecosistema che è stato ed è continuamente oggetto di innumerevoli alterazioni, siano esse morfologiche, biologiche, chimico/fisiche o idrologiche.
Dighe, escavazioni, continua movimentazione di materiale in alveo, prelievi idrici, inquinamento, immissioni di pesci alloctoni, sono solo alcune tra le pressioni che insistono sui fiumi.
“E allora?”, si potrebbe pensare... Allora non va affatto bene: un corso d’acqua poco oggetto di “attenzioni” umane ha una naturale capacità di depurare le sue acque grazie alla presenza di organismi decompositori che vivono al suo interno e che sono l’anello di una complessa catena alimentare.
Lavori in alveo è sinonimo di distruzione degli habitat in cui vivono tali organismi.
La scomparsa di anche solo uno degli anelli di questa catena porta a conseguenze ecologiche decisamente negative che si riflettono in una totale perdita di funzionalità del fiume stesso; tradotto in parole povere il fiume perde la sua organizzazione ecologica, non riesce più a depurare le sue acque e la qualità delle stesse peggiora sensibilmente, a danno di tutti.
Inoltre, checchè se ne dica in ogni bar dopo qualsiasi evento alluvionale, un fiume non regimato, con sponde naturali ed in grado di espandersi lentamente in caso di piena sulle aree circostanti farà sicuramente meno danni di un corso d’acqua imbrigliato ed incanalato in un alveo modellato ad hoc dalle ruspe molto più simile ad una pista da bob; è una questione di velocità delle acque.
E la vegetazione in alveo? Difficile pensare, come tuttavia di solito accade, che piantine di ridotte dimensioni costituiscano un ostacolo al deflusso delle acque; sulle sponde la vegetazione di ripa è fondamentale perchè con le radici ripara la sponda stessa dall’erosione e svolge la funzione di rastrelliera per il materiale vegetale che dovesse arrivare da monte. Difficile che ontani, salici e pioppi (selvatici) vengano asportati dalle piene poichè hanno radici molto sviluppate atte a resistere a tali fenomeni. Al contrario pioppi coltivati e piante alloctone, organismi non adatti, o meglio non adattati, a vivere in tali contesti, verranno più facilmente asportati e trasportati a valle.
Riguardo alle escavazioni negli alvei i danni non sono solo ecologici ma rischiano di compromettere la stabilità delle fondazioni di manufatti quali ponti e difese di sponda su tratti ben più lunghi (a valle ma anche a monte) di quelli interessati dai prelievi.
La difesa dal fiume è la difesa del fiume; il punto di partenza è la conoscenza di questi splendidi ecosistemi depurata da miti e credenze che portano in fallo molti cittadini.
La interessante lezione del Professor Bo ha suscitato sconcerto e vivo interesse, sollecitando un ulteriore incontro che tratti specificamente il tema e che il circolo Legambiente Val Lemme organizzerà a breve.

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